Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non è una novità che i regimi stravolgano perfino la semantica per adattarla  alla loro narrazione della realtà. Così le guerre sono diventate missioni di pace, i bombardamenti azioni per l’esportazione di democrazia. Misure vengono dette impopolari, per persuadere che possiedono una carica innovatrice e anticonformista, mentre sono semplicemente dirette contro i popoli. Il piegarsi senza discussione e l’ubbidire vengono comunicati come ragionevolezza e senso di opportunità dettati dalla necessità, anche quella oggetto di revisione convertita in obbligatorietà di  rinunce di beni, conquiste, diritti.  Per non dire della chiamata alle armi per resistere alla “barbarie”, proclamata da chi si fa forte  della superiorità dei valori nati dalla rivoluzione francese e che caratterizzano la civiltà occidentale, gli stessi affetti da una non sorprendente passività  di fronte al massacro della guerra civile siriana e al caos irakeno e libico o che  hanno finanziato e finanziano in chiave anti Assad e anti sciita, le milizie dell’ISIS.

È che le parole sono importanti, è importante la loro origine e il loro affermarsi nel tempo, e più ancora l’interpretazione che ne vuol dare, per definire fenomeni, comportamenti, azioni, processi storici. Ad esempio,  nel Risorgimento italiano il pirmo palesarsi di  un movimento definito come “moderato”  si può far risalire al 1794 quando a Napoli – discioltasi la Società Patriottica – sorse il club “Lomo” (Libertà o morte) in contrapposizione al radicale “Romo” (Repubblica o morte). All’anima della moderazione, se si volesse intendere il riconoscersi in una inclinazione o in una attitudine improntata al conservatorismo più cauto in opposizione a massimalismo e radicalismo. Meglio non farlo sapere agli islamici che vengono quotidianamente apostrofati perché rendano palese la loro prudente appartenenza a aree non estreme, a un cauto e morigerato pragmatismo, che la scelta quella volta era tra Libertà o morte e Repubblica o morte.

Non voglio aggiungere nulla al già detto e ripetuto a proposito dell’insana e ingiusta richiesta pressante che viene da pulpiti non autorizzati a disconoscere, dissociarsi, e rivolta il più delle volte a chi da una “pertinenza” storica, religiosa, etnica, geografica ricava e riceve solo danni e reprimende, come se ogni giorno in quanto italiani fossimo chiamati a prendere le distanze dalla mafia, diventata fenomeno nazionale, in quanto cattolici dalla crociate, in quanto bianchi dallo schiavismo, in quanto europei dal rifiuto opposto alla richiesta di aiuto di milioni di profughi  e così via. Viene da dire, magari fosse così. potremmo cominciare a fare autocritica sia pur tardiva del nostro colonialismo per niente “familiare” e incruento, del nostro razzismo manifestatosi con il susseguirsi di due “leggi razziali”, della nostra indole a accettare ben al di là della tolleranza o della paura, dittature  di uomini della provvidenza, perlopiù non eletti, nominati o imposti da elezioni truccate. O della nostra   propensione a voltare e rivoltare gabbane, anche quelle rattoppate, non solo quelle gallonate di generali, politici, intellettuali, che tanto Franza o Spagna purché se magna, con alleanze o ostilità intermittenti a seconda di come comanda il padrone.

È che è proprio la parola moderato, interpretata da chi comanda e informa secondo metodi estremi, fanatici, aggressivi e repressivi, che dovremmo mettere al bando. Oppure, se proprio non vogliono dismetterla, obbligarli a adattarla anche a loro, come manifestazione almeno di buona educazione. Esigendo che cattolici moderati si dissocino da Giovanardi, che obiettori di coscienza moderati condannino i medici che non eseguono le leggi dello stato, che cardinali moderati puntino il dito accusatore contro preti pedofili che allo stesso modo si sottraggono ai tribunali degli uomini, preferendo quello di Dio quando sarà, che servitori dello Stato dissentano platealmente da chi nella sua ombra e sotto la sua protezione ruba, corrompe e collude.

Non vorrei che di questo passo dovessimo trattare  con i fascisti moderati,coi  razzisti moderati, con gli  xenofobi moderati, i mafiosi moderati,  perfino  i serial  killer moderati. Perché va detto con franchezza che i richiami rivolti agli immigrati perché collaborino, trascurano  che il terrorista che spara  nel mucchio della povera gente comune invece non distingue, non risparmia arabi, islamici, nordafricani, come non si esime dall’ammazzarli nella sua area di influenza,  dimenticano che le vittime di questa guerra non sono i parigini soltanto ma lo sono e sono stati e saranno sempre di più i profughi: quelli che hanno varcato i confini dell’Unione europea, ma soprattutto i dieci milioni che stazionano ai suoi bordi: in Turchia, Siria, Iran, Libano, Egitto, Libia e Tunisia; in parte in fuga dalla guerra in Siria, in parte cacciati dalle dittature e dal degrado ambientale che l’Occidente ha prodotto nei loro paesi di origine.

Fa parte della carità pelosa quella mano tesa verso gli “altri”, purché moderati, una mano abituata a prendere più che a dare, perché si guadagnino una volta di più l’indulgente generosità degli europei e la loro tolleranza a buon mercato, suona non come il segno manifesto di una conquistata consapevolezza della necessità di confermare i diritti di cittadinanza per chi arriva qui, chi lavora, paga le tasse e i contributi, ubbidisce alle leggi e parla italiano meglio di Borghezio, bensì come l’imperativo categorico di sottoporsi di buon grado a controlli, occhiuta sorveglianza, limitazione di circolazione e riduzione di diritti, già circoscritti, fino a sottintese remunerazioni per delazioni  più o meno credibili.

Il fatto è che è proprio la parola moderato che mi fa venire l’orticaria, perché rasenta l’indifferenza, sfiora la dimissione dalla  responsabilità di schierarsi e di scegliere, preferendo prudenza e conservatorismo, perché la riprovazione per il radicalismo ha spennato le ali del pensiero, ha chiuso l’utopia dentro la scatola del realismo, ha imposto una codarda “ragionevolezza”, quella del meglio nemico del bene e del noto, accettabile anche se è brutto perché conosciuto invece dell’ignoto magari bello, vivo, potente e libero.

Io vorrei che i cittadini dell’Occidente che rivendicato il primato della civiltà contro la  barbarie smettessero di essere pacifisti moderati, per militare davvero contro la partecipazione a guerre imperialistiche e padronali, che scegliessero di non essere xenofobi moderati, ma comprendessero che il respingimento, l’emarginazione,  minacciano di allargare il malessere di una  moltitudine di cittadini europei o di migranti già residenti in Europa che condividono con i disperati che arrivano qui cultura, nazione, comunità e spesso lingua, tribù e famiglia di origine, che il  cinismo  dei governi “civili” schiaccia verso una radicalizzazione che è suscettibile di concretizzarsi  in un’adesione estrema e fanatica all’Islam. Per  non essere moderati diventiamo disertori, disfattisti contro guerre che i nostri governi conducono dentro e fuori della nostre povere “patrie”.