Anna Lombroso per il Simplicissimus

Doveva aprire i lavori della “Giornata della Trasparenza”, ma è finito in manette il vicepresidente della Lombardia Mario Mantovani, ex senatore, ex sottosegretario alle Infrastrutture con Berlusconi, ex assessore alla Salute ed ex sindaco di Arconate,   arrestato questa mattina all’alba con le accuse di corruzione, concussione, turbativa d’asta e abuso d’ufficio.

Chissà che dispiacere per il Partito Unico, avrebbe potuto essere il candidato tipo perfetto per il nuovo Senato, approvato da un’aula che pensa di risorgere dalle ceneri ancora più autoritaria, più oscena, più corruttibile, con  179 sì, 16 no e 7 astenuti, grazie ad uno  stravolgimento della Costituzione che ammassa alla rinfusa i potere nelle mani del governo, che annienta quel che restava della partecipazione riducendo il voto a un atto notarile di consenso a imposizioni ricattatorie, mettendo il silenziatore definitivo all’opposizione.

I modi, le procedure, le restrizioni, le intimidazioni tramite legge dello stato hanno lo stesso tratto rozzo, incolto ed incivile dei suoi promotori e di quella maggioranza raffazzonata di accattoni della poltrona, delle miserabili rendite e della ambita impunità che procura, e  che ha permesso lo scempio della Carta e dei suoi principi.   Ma è solo l’ultimo paradosso  di un   parlamento eletto con una legge giudicata incostituzionale che si è auto legittimato a formulare e approvare  «una sostanziosa riscrittura» della Costituzione.

 

Povero Mantovani, non potrà partecipare – ma poi non è detto, ci prepariamo a un futuro contrassegnato dalla “bocca buona” oltre che vorace – al concorso per i 95 posti a disposizione  delle dalle Regioni in applicazione di una legge elettorale che dovrà essere varata dal Parlamento entro sei mesi dall’entrata in vigore della “nuova Costituzione”  , cui si aggiungerà il contributo significativo di 5 senatori di nomina presidenziale, che però non saranno più a vita, salvo gli ex capi dello Stato, ma resteranno in carica sette anni. Peccato per lui, perché se è vero che per i nuovi senatori non ci sarà indennità – novità accolta con un certo malumore dai 95, abituati alle spese pazze, mentre invece resta la magnifica condizione di impuniti, grazie a una immunità che li esenterà da perquisizioni, intercettazioni e arresto senza l’autorizzazione dell’aula.

E probabilmente sarà quest’ultimo beneficio che renderà appetibile il nuovo organismo, più che un Senato,  una prestigiosa sine cura: non dovranno nemmeno votare la fiducia al governo,  ridotti – ma in fondo cosa si pretende da senatori della domenica?  – al ruolo di impiegati che appongono il timbro sulle leggi che gli passano davanti,  le riforme della Costituzione, le leggi costituzionali, le leggi sui referendum popolari, le leggi elettorali degli enti locali, le ratifiche dei trattati internazionali.

Se è stato esautorato Palazzo Madama , che dire di una Corte Costituzionale che da oggi avrà solo un mese di tempo per giudicare preventivamente la legittimità delle leggi che regolano l’elezione della Camera e del Senato?  Manca solo che con un ultima mossa da saltimbanco il governo imponga il silenzio assenso, previsto per soprintendenze, organismi ed enti di sorveglianza.

Possiamo aspettarcelo, come ulteriore contributo a quella semplificazione agitata come una bandiera nel formidabile sciocchezzaio funesto dell’ideologia del regime, che, tradotta, significa aggiramento delle regole, accentramento delle competenze nella figura di svariati sceriffi, commissari, prefetti, presidi  e soprattutto premier, perché tutto deve concorrere a spostare  l’asse istituzionale a favore dell’esecutivo, come hanno scritto con icastica e implacabile severità i pochi saggi che ancora illuminano fiocamente il buio che stiamo attraversando.   Lo dimostra la cancellazione definitiva delle Province, finora protette dalla Costituzione, senza che si sia dato forma al meccanismo necessario di trasmissione di deleghe e poteri. Nello stesso tempo,   sarà lo Stato – o meglio l’esecutivo – a delimitare la sua competenza esclusiva, comprese le materie  su cui finora le Regioni potevano legiferare.  Ma in compenso un potere viene invece esaltato a spese nostre:  i Comuni, le Città metropolitane e le Regioni avranno la possibilità di imporre tributi autonomi.

C’è poco da dire: oggi sulle nostre teste dei bari dichiarati hanno giocato una partita per far vincere un sistema istituzionale (includente ovviamente la legge elettorale) che spiana di fatto la strada ad un vero e proprio regime. Ma il governo che vuole concentrare su di sé, nella speranza della sua immortalità dispotica, tutti i poteri, sopravvive grazie a una maggioranza di seggi truffaldina, alla quale corrisponde soltanto una modesta minoranza relativa dell’elettorato, un vantaggio che si vuol rendere permanente, grazie a una legge elettorale  disonesta   diventata legittima grazie all’abuso mortale della Costituzione.

Ci resta un’unica strada, che presto non potremo più percorrere, in virtù della violenza perpetrata oggi, quella di un referendum che ricordi per sempre al piccolo cesare la potenza della democrazia, la forza di “una testa un voto”, la tenacia della nostra collera, se ci resta un po’ di dignità.