Finalmente sono arrivate le dimissioni di Marino, sindaco assente e a quanto pare cenante e viaggiante a sbafo. Anzi no, finalmente mafia capitale è riuscita a cacciarlo. Entrambe le frasi hanno la loro validità, entrambe la loro menzogna: ciò che sfugge fra queste due antinomie è che l’operazione Marino è nata a suo tempo proprio all’interno del blocco di potere della città. Scegliere un sindaco del tutto incapace di amministrare e del resto poco interessato a questa attività, uno che tendenzialmente si fa i fatti suoi, era in un certo senso l’ideale per poter condurre tutti gli affari in santa pace.
Invece l’inazione del sindaco e i relativi malumori dei cittadini sono detonati prima a causa della magistratura e poi sotto la pressione del giubileo anticipato: a questo punto l’eccentrico e isolato inquilino del Campidoglio si è trasformato in una mina vagante per il milieu politico timoroso che per salvare se stesso Marino facesse il pazzo, in un feticcio di presunta onestà per gli scampoli di pervicaci illusioni, in un problema per l’amministrazione cittadina che infatti ha dovuto commissariarlo. In realtà l’uomo ha continuato a fare ciò che faceva prima: vale a dire nulla, condendolo con interventi e polemiche al limite dell’autolesionismo. Un nulla che deriva da un totale ed elitario distacco dalla vita reale dei cittadini e anche dai doveri amministrativi, cose che al di là di ogni ragionevole dubbio non sono certo armi efficaci per combattere la corruzione, ma semmai per prenderne le distanze senza toccarla.
La verità è che Marino aveva lasciato intatti i personaggi chiave del patto tra politica e criminalità e il suo non sapere coincideva semmai col non voler sapere perché – poche chiacchiere – la sua candidatura è passata anche con l’imprimatur delle stesse. Per non parlare delle ultime mosse: quella di chiamare un torinese senza alcuna competenza a risolvere i problemi della viabilità e del trasporto di Roma, o meglio a gestire 50 milioni di finanziamento, non sembra davvero uscita dal cesto dei buoni propositi. Chiunque avesse davvero a cuore la buona e corretta amministrazione, non poteva pensare che un sindaco attaccato con il nastro adesivo alla poltrona e ormai totalmente alieno alla città, abbandonata a se stessa, potesse davvero scardinare gli assets di potere.
Quindi i lamenti per Ignazio che salgono dalla sedicente sinistra salottiera, che vive del medesimo distacco e autoreferenzialità marinesca sono pura ipocrisia. E non perché sia falsa la tesi secondo cui il suo licenziamento venga dai “poteri forti” che vogliono banchettare sulla città e sul giubileo nonostante le indagini su mafia Capitale, ma perché Marino ha in qualche modo galleggiato su queste logiche e in ogni caso non aveva più la credibilità necessaria né per opporvisi e nemmeno per coprirle. La verità vera è che in un Paese dove non c’è più una concreta opposizione di sinistra, dove al contrario esiste una grande e generosa disponibilità a giubilare i diritti, cancellare le regole e distruggere la Costituzione, fare di Marino un eroe è una simulazione, un trompe l’oeil.
leggete:
http://www.lintellettualedissidente.it/rassegna-stampa/il-rito
E’ fuori discussione che il Marino, “alieno” di turno, sia anch’egli il
prodotto di una classe dirigente che.. per logiche ereditarie, andrebbe defenestrata nella sua intera totalià. Non sono d’accordo sui fans cazzisti
dell’ultim’ora che produrrebbero eroi o mostri da sbattere in copertina. Quello è “delega-bile”, alternativo; da somministrare un tanto ai pro e un tanto ai contro. Viene generato e deciso solo d’apparati di interessi.. via via a strutture specializzate in fuffa mediatica, con spiccate aspirazioni medianiche. Sempre pronti, alla bisogna, a peggior forma di opposizione
possibile purchè alcune “ragioni” del sinistro, non confluiscano mai col destro… e viceversa (mentre il centralismo democratico, come istanza assoluta di un popolo, è defettibile con effetto immediato allo stato puro, un “peccato originale”)!
sono d’accordo, con una riserva, l’indole italiana alle tifoserie, che esimono da impegno concreto, da responsabilità individuali e collettive, da etichetta morale.. sono certamente mossi e agitati da lobby anche ideologiche e molto persuasive, ma da una parte e dall’altra c’è anche una sostituzione della faziosità, della prevaricazione alla critica, alla razionalità e all’obiettività, esercizio quest’ultimo non solo rimosso ma condannato come manifestazione di quell’indifferenza che viene criminalizzata solo pubblicando sullo stato del proprio social network la frase abusatissima di Gramsci
“Viene generato e deciso solo d’apparati di interessi.. via via a strutture specializzate in fuffa mediatica, con spiccate aspirazioni medianiche. Sempre pronti, alla bisogna, a peggior forma di opposizione possibile purchè alcune “ragioni” del sinistro, non confluiscano mai col destro… e viceversa (mentre il centralismo democratico, come istanza assoluta di un popolo, è defettibile con effetto immediato allo stato puro, un “peccato originale”)!”
..non era una critica specifica volta all’articolo, quanto una riflessione diversa sulle dinamiche di analisi agganciate al comportamento finale delle varie fazioni; quel qualcosa che viene sempre prima del verificarsi di certe azioni a catena cosiddette “popolari”, a prescindere dagli schieramenti. E’ vero, come hai scritto tu, mi pare proprio sull’ articolo successivo a questo, che c’è forte bisogno di risultare più cittadini, e certamente più obiettivi… quando proprio non si può essere partecipativi sul terreno organizzativo soprattutto se si ha la consapevolezza certificata di incompatibilità
meritorie.
Mi ha fatto piacere Anna.
Ciao