Anna Lombroso per il Simplicissimus

Medico cura te stesso, sarebbe da dire a proposito del Caso di Ignazio M. , come avrebbe scritto il dottor Freud davanti a un quadro clinico così complesso: quello di un uomo influente che passa con spericolata rapidità dalla carriera di “luminare” specializzato in arditi trapianti a quella, ancora più ardua, di alta autorità sanitaria in una città malata di corruzione, disordine, traffico, improvvisazione urbanistica, speculazione, rifiuti, degrado di quartieri periferici, e altro ancora.

Quella di un soggetto che a volte manifesta i segni della disinibizione, come quando getta baci come la Osiris ai suoi detrattori o si pavoneggia con mossette e risatine indirizzate a chi gli urla insulti. Ma che poi con eguale veemenza si dichiara vittima di complotti foschi, in preda alla più virulenta mania di persecuzione. O che alterna l’indole a stare asserragliato nei suoi uffici – si dice senza rispondere alle pressanti telefonate degli esponenti del suo partito, come a quelle dei suoi assessori –  forse per esprimere la volontà di sottrarsi a pressioni e intimidazioni, forse per una certa inclinazione a un cupo solipsismo, con quella a un forsennato e dinamico presenzialismo, sicché quello che per certi versi pare Amleto non è sfiorato dal dubbio: mi si nota di più se ci sono o se non ci vado? No, lui va, va comunque e ovunque a spese nostre o su cortese, generoso e inspiegabile invito, va anche non richiesto, imbucandosi come un “portoghese” al varietà e mettendosi in posa vicino alle più svariate autorità come Paolini, raggiungendo e arpionando presidenti in partenza per bloccarli sulla scaletta dell’Air Force One,   dopo essere stato precedentemente e prudentemente rimosso e ufficialmente evitato non sappiamo per quali ingombranti leggerezze, o peccati veniali, forse esagerati dalla stampa, che graverebbero sul suo passato negli States.

Eh, la stampa è un bel cruccio per Ignazio M.. Che subisce da sempre una doccia scozzese di servi encomi e discredito, di riconoscimenti per la sua “innocenza” di capitato per caso, e di derisione. Come in questi giorni quando addirittura il Papa ha dovuto ammettere che il sindaco che sta preparando il Giubileo si era infilato non invitato e non desiderato nel parterre delle auguste presenze nella sua “pastorale americana”. Lui non lo aveva convocato, nemmeno gli organizzatori ci avevano pensato. Probabilmente, suggerisce il pontefice con una certa malizia, “lui si professa cattolico”, quindi avrà voluto partecipare. E in quella “professione” i più sospettosi di noi, quelli più avvezzi a leggere tra le righe di prediche, encicliche e omelie potrebbero intravvedere una certa insinuante incredulità, qualche titubanza e qualche dubbio sulla sua militanza di fede.

Ma noi invece con ancora più incredulità ci atteniamo alle sdegnate risposte dell’accusato. Per una felice coincidenza sarebbe stato invitato a Philadelphia proprio a ridosso della visita papale, nella indubbia veste di consulente speciale in materia di organizzazione di eventi epocali e a conferma di ciò il viaggio di Francesco è andato liscio come l’olio, mentre a Roma, in sua sfortunata quanto frequente assenza, è crollato il soffitto della metropolitana nella stazione più frequentata da turisti e shopping victim. Il viaggio poi e la permanenza gli sarebbero stati offerti dal sindaco della città americana. Ma a ben pensarci a volte noi stessi, abitanti di Roma, siamo tentati di fare una colletta per mandarlo in vacanza e governarci da soli, che non solo non si vedrebbe la differenza, ma sicuramente i risultati sarebbero migliori.

Oggi il Simplicissimus qui: https://ilsimplicissimus2.com/2015/09/29/la-maschera-marino/, ha azzardato una serie di ipotesi tutte plausibili sull’inamovibilità di Marino in Campidoglio, sia per la sua pretesa estraneità a Mafia Capitale, che suona più come un io non c’ero, non sapevo, se c’ero ero in letargo, che a un incrollabile, veemente e pervicace amore per la legalità, sia per la  possibilità quanto mai opportuna per il Pd di poter contare su un sindaco – marionetta, apparentemente riottoso, in realtà tenacemente assiso sulla sua poltrona e pronto, per non farsela sfilare da sotto, a circondarsi della più inopportuna e improbabile luogotenenza del premier.

Ne aggiungo un’altra che non mi pare poi troppo fantasiosa: Marino resta là, fa da parafulmine, distrae con le sue intemperanze, suscita ilarità e sconcerto perfino oltre Tevere, fa malanni e li attribuisce al passato e al futuro, agli altri e al suo amichetto immaginario, lascia che gli affaristi proseguano indisturbati la sua opera, si stupisce di incidenti e inefficienze, inveisce e ride, ride molto. E poi, quando si potrà sostituire, si potrà dire che purtroppo Ignazio M. era matto, anche lui affetto da una di quelle patologie che vengono col potere e a volte fanno salire al potere.