Molti si stupiscono dell’improvviso e inaspettato cambiamento della signora Merkel che dopo aver creato in Grecia una sorta di Siria istituzionale adesso apre incondizionatamente ai profughi siriani, in fuga da una guerra cinicamente avviata dagli Usa, ma ampiamente sostenuta sia pure non con le armi dalla Germania. Potrebbe sembrare incoerente e paradossale, ma non lo è affatto perché la Germania, al contrario di molti altri Paesi europei ormai impoveriti e subordinati, non fa altro che perseguire i propri interessi.
Molti, specie a sinistra, spiegano la grottesca mutazione del centro destra tedesco dalle strizzate d’occhio nei confronti delle manifestazioni xenofobe all’accoglienza senza remore, con argomenti assolutamente realistici, ma come al solito non persuasivi . Certo i profughi aiutano la soluzione dei problemi suscitati dalla denatalità in Germania, superata in questo solo da Giappone e Italia, mentre senza dubbio l’ondata di migrazione contribuirà ad abbassare i salari e aumentare il ricatto sul lavoro. Tutto vero, però vero da molti anni e di certo la Germania non avrebbe avuto difficoltà a procurarsi braccia e menti in giro per il mondo anche senza le tragedie mediorientali, né ha trovato particolari difficoltà nella politica di deflazione salariale, di erosione del welfare, di creazione di precariato con i mini jobs che non ha conosciuto soste negli ultimi 15 anni.
Dunque perché Berlino metteva muri fino a un mese fa e ora invece accoglie benefica con la Merkel che addirittura si dedica alla lisciatura di adolescenti siriani come fosse il Papa? Per alcuni motivi intrecciati che sono arrivati al pettine e che costituiscono una straordinaria opportunità da non perdere. In primo luogo Berlino si propone di recuperare immagine dopo il massacro della Grecia, non tanto perché le interessi essere simpatica, ma perché così elimina parte dei veleni che potrebbero mettere in pericolo europa ed euro vale a dire i presupposti della propria fortuna e del proprio piccolo impero, una specie di un quarto reich, se si fa attenzione ai significati della parola (vedi nota).
In secondo luogo l’afflusso di profughi e dunque di manodopera mediamente istruita come quella siriana può accelerare il ritorno delle produzioni delocalizzate soprattutto nell’est del continente, che divengono sempre meno convenienti per l’alzarsi dei salari, per la qualità non eccelsa del lavoro, ma soprattutto per la fine dei benefici fiscali o delle vere e proprie regalie di stato per favorire l’industrializzazione e trovare scampo alla disoccupazione. Questo “ritorno” o minaccia di ritorno è destinato da una parte a sollecitare i governi a una nuova stagione di generosità fiscale e severità salariale, dall’altro a rimettere in gioco i rapporti fra Germania e quella Ue ad est dell’Oder che si sente schiacciata dalla Russia e per questo è sempre tentata di essere una colonia americana.
Il terzo motivo a mio giudizio è strategicamente il più importante e significativo: accogliendo i profughi come fuggissero dal regime di Assad e non dal terrorismo creato contro Assad, la Germania da una parte si dimostra fedele a Washington e alla sua creazione di caos, dando implicitamente una ennesima patente di legittimità all’illegittimo tentativo di abbattere Assad in vista di interessi geopolitici ed energetici; dall’altra però acquisisce l’immagine del poliziotto buono che fa di tutto per lenire le ferite di chi si trova stretto nei meccanismi infernali dell’impero. Insomma comincia a giocare un ruolo globale autonomo e peculiare sia pure all’interno del Washington consensus. Per di più diventa nell’immaginario planetario il centro del continente di cui gli altri Paesi non sono che appendici, ovvero realizza sul piano psicologico ciò che ha già conseguito su quello economico e oligarchico nella governance del continente, aggiudicandosi perfino la guida in un’azione umanitaria che gli altri o rifiutano apertamente o fanno finta obtorto collo di seguire avendo a che fare con opinioni pubbliche rese ostili sia dal continuo e strumentale allarme terrorismo, sia dalla rapina di sovranità a cui sono stati sottoposti dalle oligarchie finanziarie mascherate da Europa. Vedi la Francia che in questa vicenda epocale è stata radicalmente marginalizzata.
E noi? Bè abbiamo Renzi e Salvini, cioè meno che il nulla
Nota Solitamente Reich si traduce con Impero, ma in realtà le connotazioni della parola tedesca sono molto più ampie rispetto a quella italiana che si riferisce solo al potere territoriale o a una particolare forma di governo, significando anche abbondanza, ricchezza, benessere. E in effetti il Secondo Reich di Bismark (il primo era stato il sacro romano impero al cui titolo ormai puramente formale l’imperatore d’Austria aveva rinunciato nel 1806), costruito con la riunificazione pacifica della miriade di stati tedeschi, aveva in primo luogo questo significato generale di nuovo benessere oltre che di nuova potenza, qualcosa di molto più vicino alla parola inglese commonwealth che a impero. Infatti per riferirsi a questo periodo in termini politici si usa il termine specifico di Kaiserreich. Il Terzo Reich è in realtà una definizione del tutto informale, usata quasi solo al di fuori della Germania e comunque riferito a un possibile futuro. Piuttosto ai nazisti piaceva di più Tausendjähriges Reich , l’impero millenario con riferimenti escatologici e razziali. Ad ogni modo il nome ufficiale del Paese anche sotto il regime nazista rimase quello di Deutsches Reich (nel significato di comunità tedesca) e solo do lasciato infatti intatto dalla Repubblica di Weimar e solo dopo l’anschluss dell’Austria divenne Grossdeutsches Reich. Tutto questo per dire che effettivamente ha un senso parlare di quarto reich, facendo però riferimento ai diversi significati e sensi della parola, senza le forzature che normalmente si leggono e tutte strettamente legate al periodo nazista.
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Il nobel alla Merkel glielo danno gli elettori germanici alle prossime elezioni visto il casino che si sta portando in casa .
L’attuale “promozione” dell’immigrazione da parte delle supreme autorità europee mostra come i nostri leader obbediscano come un sol uomo alle direttive che piovono dall’alto a correnti alterne. Prima la direttiva era “siate razzisti”, ora è “ricordatevi che siete cristiani”. Né l’una cosa né l’altra cambieranno la sostanza delle cose: l’immigrazione viene incoraggiata ufficiosamente da decenni e ha cambiato per sempre la faccia delle nostre città (e campagne) perché è una linea di fondo della politica mondialista, quella politica globale di cui non conosciamo i mandanti ma conosciamo uno per uno gli esecutori: i cosiddetti “nostri” leader.
Che l’Europa stia diventando il melting pot (crogiolo) che un tempo costituiva la definizione non ufficiale e autolaudatoria degli Stati Uniti sembra poco controvertibile. Ci stanno facendo ripercorrere in modo diverso gli stessi passi che condussero ad un amalgama della popolazione americana. Sappiamo infatti che l’America fu “colonizzata” nei secoli da flussi migratori provenienti da vari paesi europei (Inghilterra, Olanda, Francia, Irlanda, Italia ecc.) ognuno dei quali aveva creato una propria realtà linguistica e culturale modellata su quella di origine. Come mai alla fine ci si ritrova con un paese che ha azzerato ogni differenza di lingue e culture per dar vita all’American way of life? Certo, l’idea che un’analoga operazione di soppressione linguistico-culturale possa essere attuata con paesi che vantano a volte un’esistenza millenaria in questo momento ci può parere assurda. Ma in realtà la linea di tendenza è proprio questa come dimostra la repressione linguistica in atto che favorisce in modo definitivo l’emergere dell’inglese come unica lingua capace di veicolare contenuti commerciali e tecnico-scientifici in Europa. Lo si vede bene in India dove l’aver fatto confluire a forza delle nazioni che non avevano nulla in comune ha determinato il fallimento del tentativo di imporre l’hindi come lingua comune e ha costituito il trampolino di lancio per l’inglese, divenuto rapidamente unica lingua dell’insegnamento universitario e spesso perfino secondario. L’Europa sta percorrendo a passi veloci questa “mattanza” linguistica. E una volta che italiano, francese, tedesco, spagnolo, greco eccetera saranno stati confinati all’ambito familiare acquisiranno anche nei fatti lo statuto di dialetto, ossia di una lingua depauperata della sua ufficialità, degradata a strumento di comunicazione parziale ad uso prevalentemente familiare e colloquiale ma incapace di esprimere la totalità dell’esperienza umana. Ossia una lingua destinata presto o tardi a sparire dalla circolazione.
L’ha ribloggato su apoforetie ha commentato:
Come trasformare un colpo basso in una opportunità…
Intepretazione per interpretazione, il fenomeno si puo’ anche descrivere come un passo verso la versione finale dell’Europa (molto deprimente) come immaginata ed auspicata dal suo fondatore Kalergi (quello che, tra l’altro, ha estratto l’inno europeo dalla nona di Beethoven), http://wp.me/p2e0kb-1Qs
Penso le daranno davvero il Nobel per la pace… e allora potrò ridere a crepapelle.
Quarc