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Chiappe chiare, coscienze scure

Mussolini visita il Circeo
Mussolini visita il Circeo

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non so se vi è mai capitato di percorrere la litoranea che costeggia Sabaudia e San Felice per tornare incautamente verso Roma in un torrido giorno intorno a Ferragosto. Beh, non è una strada, si tratta di un interminabile parcheggio, a pagamento, per migliaia di auto dei forzati dell’abbronzatura. File di scatole di lamiera incandescente che, c’è da immaginare, al tramonto percorrono a passo d’uomo la stretta striscia di terra per riportare mamme stanche, ragazzini capricciosi, mariti distratti al cellulare, adolescenti impazienti di cominciare la parte migliore della giornata nelle casette tutte uguali delle decine di comprensori dai nomi lirici e ridenti, Magnolie, Golfo Sereno, Terra Felice,o esotici, Playa do Sol, comunque tutti uguali, come sobborghi di cittadine americane, quelle investite dalle bolle immobiliari.  La follia proprietaria della seconda casa, quando è sempre più difficile averne una, la prima, quando  su ambedue pesano tasse e balzelli, suona ancora più estemporanea e inappropriata qui, in un territorio straordinario per bellezza e storia, tanto che rientra in uno dei primi parchi nazionali, istituito nel 1934. Le varie amministrazioni locali e centrali devono aver seguito alla lettera lo scopo dei vincoli previsti e che non si proponevano fini puramente naturalistici e di protezione. Lo statuto del Parco ne motiva la realizzazione “allo scopo di conservare, tutelare e valorizzare il patrimonio naturalistico e per la   promozione   e   lo  sviluppo  del  turismo  e  delle  attività compatibili”. Una formula che doveva conciliare gli interventi  di bonifica delle paludi pontine e del taglio della foresta di Terracina, tesi a creare estese aree agricole gestite attraverso un sistema di poderi e l’edificazione di nuove città, con l’intento di salvaguardare una delle aree naturali più preziose    del  Paese, E infatti con una perfetta sintesi, fu  Mussolini stesso ad autorizzare il Parco, associando lla tutela della foresta la realizzazione di Sabaudia, centro, nelle sue intenzioni, destinato allo sviluppo turistico. Pare ci siano forme di apologia del fascismo altrettanto poco punite quanto quella definita dalla legge:  la cementificazione del territorio è proseguita con instancabile operosità, registrando anche infiltrazioni delle organizzazioni criminali, e non solo in senso estetico, tanto che a un certo punto fu “estromesso” dal perimetro del Parco un tratto del Lido di Latina, proprio a causa del proliferare di interventi abusivi. Ma è probabile non siano invece abusive le centinaia di costruzioni che hanno occupato l’area, è probabile siano tutti regolarmente autorizzati, legittimamente edificati, ma inopportunamente promossi e compiuti ai danni del territorio, delle sue risorse, della bellezza e della qualità del luogo.  Ed anche di un turismo sostenibile, quello tanto decantato e mai davvero incoraggiato, che dovrebbe mettere in condizione tutti e non solo speculatori, proprietari, visitatori milionari, di godere di quella meravigliosa e armoniosa combinazione di natura, storia, archeologia, paesaggio che rappresenta appunto un bene comune inalienabile e ineguagliabile.

Perché è vero che abbiamo subito e subiamo governi inetti e a un tempo completamente assoggettati ai comandi delle rendite proprietarie o finanziarie, che adesso poi siamo sotto il tallone del peggiore, composto   da maggiordomi, per giunta maleducati e ignoranti, che detestano la bellezza, la memoria, l’arte e soprattutto odiano noi  quando ne rivendichiamo la proprietà collettiva. E che a causa di ciò, per favorire amici, protettori, famigli e benefattori elettorali licenziano leggi fatte apposta per smantellare l’edificio della sorveglianza, dei controlli, della vigilanza e della tutela. Ma è anche vero che negli anni clientelismo, familismo, corruzione sono diventati fenomeno endemico che ha conciliato desiderata non sempre legittimi, non sempre leciti, tutti perlopiù irregolari di singoli con una permeabilità alla corruzione economica o ai fini del voto di scambio di amministratori, funzionari, rappresentanti, in barba a leggi e regolamenti urbanistici, a requisiti di sicurezza, a criteri estetici di rispetto filologico degli interventi edilizi o infrastrutturali. Perché il consumo di suolo non è fatto solo di grandi e inutili opere, destinate ad essere dannose finanziariamente e ambientalmente, non è fatto solo della cementificazione selvaggia e improvvida dei grandi quartieri dormitorio, dei falansteri spesso mai finiti e spesso vuoti, ma anche della costellazione di insediamenti cresciuti come funghetti, senza seguire nessun disegno urbanistico, nessuna armoniosa strategia di sviluppo in grado di integrare abitazioni, servizi, rete viaria, con le attività produttive e con la protezione dei terreni agricoli, consumati nella quantità e nell’estensione, esposti a inquinamento, dissipazione, degrado.

Presto per speculatori grandi e piccini, per sfruttatori de luxe o junior, questo sarà il vero Paese di Bengodi. Liberi tutti, tutti variamente autorizzati a fare quello che gli pare, una volta messi al bando fastidiosi controllori, occhiuti ispettori, molesti vigilanti, insomma quella categoria ingombrante e disfattista di sovrintendenti, funzionari incaricati di indagare sulla congruità delle opere, se non, purtroppo, sulla loro utilità.

La delega alle quote rose da parte del governo consiste nell’affidare a bei musetti i lavori sporchi, nell’incaricare le sue madonnine infilzate di sbrigare le faccende più oscene, dalle riforme elettorali al sacco del territorio. Così è toccato alla Madia coronare il disegno turpe dello Sblocca Italia trasformando il legge un’operazione che Tommaso Montanari ha efficacemente riassunto in questa formula: “con quel ddl, se il governo vuol fare un’autostrada in un bosco secolare o in un centro storico, lo chiede a qualcuno che è diretto dai prefetti: cioè sostanzialmente a se stesso”, facendo confluire   un potere tecnico (quello delle soprintendenze, una sorta di magistratura del territorio e del patrimonio) “che finora rispondeva solo alla legge, alla scienza e alla coscienza”   nel potere esecutivo, rappresentato dall’autorità prefettizia.

È proprio vero quel che non fece Berlusconi, tagliando a metà i fondi, già insufficienti,   destinati al nostro   patrimonio, impoverendo la rete dei quadri tecnici, in media già anziani, negando   i rimborsi spese (modestissimi) per le missioni su scavi e cantieri, lo fa Renzi  con quel silenzio/assenso (mutuato anche dal Ministro competente che ha taciuto pudicamente sul provvedimento) sui grandi lavori, edifici, lottizzazioni, e accorpando   le Soprintendenze alle Prefetture, sottoponendole  ai prefetti, e ricostituendo quelle  Sottoprefetture , un tempo incaricate di esprimere sul territorio l’autorità indiscussa dei Savoia, proprio come piace al reuccio.

Savoia, Borboni, Barberini, dopo Attila ne abbiamo visti passare di barbari. E non si trattava solo di invasori e predoni venuti da fuori, ma anche di vassalli e valvassori che se ne approfittavano, di intendenti che ci speculavano, di signorotti e esattori  che ci tartassavano. È proprio vero, siamo rientrati a pieno titolo nel feudalesimo , scaraventati di nuovo nei fori cadenti e nei solchi bagnati di servo sudor, che presto i boschi non ci saranno più e le fucine sono delocalizzate.

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