In questi giorni si leggono montagne di analisi, si avvertono i pesi contrapposti di speranze e di rabbia, ma in realtà si vede che è un brancolare nel buio, un vagare lungo i confini di un territorio sconosciuto, fuori dallo scenario di crescita perenne, di scommesse infinite, di bolle scoppiate e in formazione, di consumismo miserabile che sono state per oltre trent’anni lo scenario di latta del pensiero unico. L’epicentro è la vicenda greca sulla quale prevalgono alcune tesi e previsioni sia pure giostrate in maniera diversa, ma che mi proverò a riassumere, scartando ovviamente la frittura mista di idiozie e di volgare propaganda che circolano in rete e in televisione, oltreché sui giornali tanto cari a Umberto Eco, come misura della verità:
- Atene sarà costretta ad uscire dall’euro e dopo qualche anno di caos e ristrettezze, liberata dalla moneta tedesca e dai diktat della troika tornerà a vivere e a crescere nonostante la “guerra” che le verrà fatta dagli oligarchi di Bruxelles.
- La Grecia sarà lasciata marcire fino al limite del default nella speranza che il blocco di ogni ristoro da parte della Bce e di qualsiasi apertura sulla trattativa faccia saltare Tsipras e instauri un nuovo esecutivo di servi.
- Il governo greco messo all’angolo dall’egoismo e dalla cecità dell’Europa si rivolgerà alla Banca di sviluppo dei Brics che proprio oggi comincia la sua vita operativa per poter sopravvivere nell’immediato ed entrare nel medio termine in una nuova e diversa dimensione del cosiddetto ordine mondiale.
- L’Fmi proprio in ragione delle questioni geopolitiche implicite nella vicenda imporrà all’Europa di cancellare una parte del debito, cosa che servirà pochissimo alla Grecia perché conserverà comunque lo strumento di tortura e di declino ossia l’euro, ma darà a Tsipras e al suo governo l’impressione di una vittoria.
In realtà nessuno è in grado di prevedere cosa potrà succedere perché le variabili che queste ipotesi comportano sono infinite e il futuro è come si dice in mente dei. Nessuno dei protagonisti ha le idee chiare su ciò che davvero vuole, né Tsipras che ancora giace nella contraddizione dell’euro senza austerità, né gli oligarchi europei incerti se punire Atene per aver osato il referendum o evitare un vulnus drammatico per l’Unione con la Grexit che farebbe esplodere una pentola pressione ormai sul fornello dal 2008: significativa la sorprendente vittoria in Austria di una consultazione per proporre l’uscita dalla moneta unica, che è stata completamente censurata dai media. Nè Washington che da una parte teme l’emigrazione di Atene verso il blocco euroasiatico, ma d’altronde non vuole costringere Merkel e Hollande a cedere ben sapendo che questo potrebbe indurre la destabilizzazione dei suoi maggiori alleati europei e dare indirettamente credito e forza al referendum di domenica.
In effetti il vero scandalo nel mondo a governo finanziario, la vera novità indomabile è proprio la consultazione popolare e la sua schiacciante vittoria nonostante il gigantesco meccanismo mediatico messo in piedi per far passare il sì o quanto meno rendere la vittoria del no risicata. E lasciatemi aggiungere anche contro le segrete speranze del governo greco, che da numeri più modesti avrebbe tratto spunto per ulteriori e plateali cedimenti. Si è trattato di una vittoria esclusivamente popolare che ha spiazzato tutti, che ha sparigliato le carte e che per la prima volta da decenni è piombato come un oggetto estraneo su trattative, accordi, trattati sempre discussi a porte chiuse tra potenti decisi a contrastare la democrazia, dentro una specie di vero e proprio golpe. Un metodo oligarchico che naturalmente si è risolto in una catastrofe: se si fossero chiamati gli scemi del villaggio a pensare l’Unione, le sue regole e i suoi tempi, probabilmente non si sarebbero commessi tanti e clamorosi errori.
A questo punto credo che sia troppo tardi per pensare che gli stessi personaggi, le stesse forze, gli stessi ambienti, la stessa mentalità che hanno portato a tutto questo possano trovare una via d’uscita dalle forze centrifughe che stanno disgregando l’Unione. L’Europa ha un’unica possibilità di sopravvivere, quella di tornare alla democrazia e affidare ai cittadini la decisione su trattati e istituzioni ormai improponibili, frutto di un’ideologia entrata nella sua fase di declino e perciò stesso portata a sostenersi grazie al puro potere. Solo questo potrà costringere le oligarchie a fare un passo indietro, a proporre soluzioni concordate per uno smantellamento della moneta unica, a varare una vera Costituzione, a riformare gli istituti di partecipazione o al limite stabilire che uno spazio comune di lavoro, di libera circolazione di merci e persone e di regole generali condivise, possa essere la premessa per una ricostruzione lenta e partecipata della Ue. Insomma un ripartire dalle fondamenta per arrivare al tetto e non una costruzione elitaria del tetto per far sì che le fondamenta si adattassero in qualche modo. Se non sarà così allora meglio il liberi tutti.
Intanto il cerchio si stringe, le banche greche rimangono chiuse fino a lunedì prossimo, quasi tutti ormai parlano apertamente di ristrutturazione del debito come soluzione obbligata usando un termine tecnico che vuol dire tutto e niente ma che di solito viene implementato come haircut, (kourema in greco) ovvero prelievo forzoso a danno dei conti bancari dei cittadini. Da notare che l’haircut non risolve la situazione debitoria di un paese in crisi, al massimo lenisce le piaghe causate dal precedente prestito e consente di ottenerne uno nuovo, quindi è una soluzione dolorosa e di nessuna efficacia. Intanto il potere d’acquisto dei cittadini sarà stato ulteriormente compromesso con le ovvie conseguenze di degrado e avanzamento verso una più diffusa povertà. Si noti poi che se di haircut si deve morire tanto varrebbe per un paese in debito effettuare un haircut all’inizio della situazione debitoria e senza alcun coinvolgimento degli usurai della Troika. Inoltre lo stato potrebbe operare un haircut sotto forma di PRESTITO forzoso e non di PRELIEVO forzoso, dando comunque al cittadino la garanzia (o la speranza) che quando la crisi sarà superata quel denaro gli sarà restituito! Ma ovviamente le soluzioni razionali non sono quelle che interessano ai personaggi a libro paga come Tsipras, Varoufakis e tutti gli altri che si sono succeduti nei vari paesi costretti a chiedere prestiti usurari quando non vi era alcun bisogno di farlo.
Egr. Semplicissimus,
Vorrei un suo commento su un’ipotesi:
La Merkel e il suo entourage hanno sicuramente recepito l’evidente fallimento delle politiche di austerità da loro imposte al sud dell’Europa ed in particolare alla Grecia. Perché continuare su questa linea? È evidente che la Germania non ha più bisogno dell’euro e probabilmente non vuole essere lei ad abbandonalo per prima per non figurare come la causa dello sfascio, di conseguenza ritengo possibile che la Germania stia utilizzando la Grecia per cercare di sgretolare la UE, le cui economie continuerebbe in ogni caso a controllare, per tentare poi di svincolarsi dalla sudditanza politica degli USA e successivamente anche dalla NATO. Questo gli consentirebbe di guardare ad est senza i vincoli di mercato imposti dagli USA. Il mercato europeo come quello USA è saturo al contrario i BRICS rappresentano un mercato quasi vergine.
Alberto Borgarelli
“..né Tsipras che ancora giace nella contraddizione dell’euro senza austerità”
Il nemico è in ascolto.
Completamente d’accordo con Mr. Simplicissimus sull’impossibilità di pronosticare alcunché ma non perché il futuro sia nella mente di Dio quanto perché non abbiamo in mano il copione degli eventi così come sono stati programmati.
Un referendum inventato ed eseguito in una settimana (quando avrebbe avuto molto più senso farlo all’inizio della gestione Tsipras cinque mesi fa) è un evento da copione, non un evento che nasce con una sua dinamica spontanea. Di questi eventi da copione ce ne sono ormai tantissimi: l’orgoglioso Berlusconi che si ritira senza dire ba per lasciare il posto a Monti, Bersani, leader di un partito vittorioso alle elezioni, che lascia senza un motivo plausibile regalando così il posto a Renzi o, in Grecia, Samaras che senza alcuna ragione si dimette dopo il referendum. Gli uomini politici sono ormai degli attori che entrano ed escono dalla scena a comando.
Si noti anche, negli ultimissimi sviluppi, l’ironia di un referendum “epocale” decretato a motivo di un ultimatum che la Troika avrebbe dato a Tsipras (e di cui è stato impossibile dimostrare l’effettiva esistenza!) che, adesso, dopo la vittoria del no, lascia il posto, questa volta, ad un vero ultimatum che impone a Tsipras di trovare un accordo con i creditori entro domenica 19 luglio pena l’uscita della Grecia dalla moneta unica. Ossia il risultato dell’ultimatum, vero o falso, gloriosamente rintuzzato è un altro ultimatum peggiore del primo!
Tutto un teatro, tutto un circo ma sicuramente non casuale. Varoufakis, eroe dei due mondi (ha anche il passaporto australiano) si è già defilato lasciando a Tsipras la patata bollente di imporre da solo al popolo greco una soluzione che, stante la prosecuzione della chiusura delle banche che doveva terminare lunedì scorso, potrebbe ben essere la riduzione del debito greco tramite un bel prelievo forzoso stile Cipro 2012 (sia pure messo a segno forse con altre modalità).
Un haircut fatto dalla destra farebbe scendere la gente nelle piazze ma un haircut fatto dalla sinistra ha l’effetto di disinnescare ogni protesta. Per molti, infatti, portar via i soldi a chi li ha (non importa se non si tratta di ricchi ma di classe media e dei risparmi di una vita), è ancora sinonimo di giustizia sociale.
Perchè parlare di nazional populismo. Negare bisogni e diritti dei popoli significa non essere europeisti, ma escludere da ogni decisione, gli attori necessari per il funzionamento di una buona democrazia. Mi piacerebbe sentire pronunciare parole come capitale sociale, invece che capitale e basta, oppure socializzazione dell’economia invece che di economia finanziaria e bancaria. Forse si ritornerebbe ad un’ etica sociale, ma credo che questo non sia contemplato nell’unione europea. Sarebbe bastato che la signora Merkel si appellasse a Kant invece che ad usurai e rappresentanti del signoraggio bancario. E’ la cultura che rende grandi i popoli. La Grecia grazie a Tsipras sta dando una lezione di stile all’europa dei contabili e curatori fallimentari
Questa Europa che doveva reggersi sulla collaborazione dei Paesi aderenti ha dimostrato il suo vero volto: dittatoriale, guidato da una sola nazione, la grande Germania. L’europa dunque è nata per riproporre quell’impero tedesco, guidato a suo tempo da Hitler che voleva il dominio del mondo. Se in questa europa ci fosse democrazia ed i capi degli stati avessero una voce in capitolo, la Merkel dovrebbe lasciare ed andar via per dichiarato fallimento della sua politica, come il caso Grecia sta dimostrando. Ma i dittatori agiscono da soli, coadiuvati nelle loro decisioni da qualche luogotenente che approva e china il capo. In questo caso stiamo parlando della Francia e dei vertici che in caso di emergenza si svolgono nelle segrete stanze e si decide per tutti. La Merkel continua a delirare ma non fa un passo indietro. In tal caso a scassare questa europa sarà lei, che priva di una visione politica non sa nemmeno trattare ,per trovare la giusta soluzione. Inutile siamo nelle mani di gente tarata che ha i paraocchi e non sa vedere più lontano del proprio naso.