Non passa giorno che qualche voce intelligente o ottusa non si levi contro il cosiddetto complottismo, che con lo sviluppo della rete è passato dai discorsi da bar o dalle conventicole degli adepti, a vero e proprio filone informativo. Ultimamente ci è messo anche Umberto Eco a restituire con un po’ di ritardo, come è testimoniato dal suo nome, il rullo dei tamburi che proviene dalla “buona informazione” ufficiale. Cosa sorprendente per chi abbia avuto la ventura con qualche accenno di “s” di seguire i suoi corsi nei quali decretava che i mezzi di comunicazione di massa, ovvero giornali e televisioni non potevano fare cultura in nessun caso, mentre adesso gli stessi veicoli di informazione sono diventati misura di verità e dunque anche di formazione.
Comunque sia la polemica contro le “balle”non è rivolta verso questa o quella tesi inconsistente, ma genericamente contro l’atteggiamento “paranoico” e spia di “disadattamento sociale ” di chi sostiene tesi alternative senza alcuna prova o sulla base di semplici indizi o ancora più spesso in base ad atteggiamenti fideistici, ma senza minimamente verificare la consistenza delle tesi accreditate dal potere, né di operare distinzioni tra chi per esempio sostiene di essere un portavoce degli alieni o di aver scoperto che i templari governano il mondo o di chi non crede che sia stato solo Oswald a sparare a Kennedy, circostanza che fra l’altro diede vita per la prima volta all’espressione teoria del complotto. Insomma cacciando nel calderone indifferentemente sia il pensiero critico ed eticamente consistente che si oppone ai depistaggi sia le mille forme di pensiero magico che nascono dall’angoscia e dalla volontà mal esercitata di riempire i vuoti di senso della narrazione ufficiale. Chi crede in una tesi fantasiosa o comunque priva di riscontri è portato a credere anche ad altre tesi alternative: questa l’ argomentazioni di origine anglosassone che sostanzia la definizione del complottismo come frutto di frustrazione e di alterazione di personalità.
L’intento finale è chiaro: non si tratta tanto di misurare il rigore dell’informazione alternativa caso per caso quanto di svalutarla in blocco, sia perché comunque eretica, sia perché solo le centrali main stream in mano al potere, anzi esse stesse parte di esso, come giornali, televisioni o major sono semmai autorizzate a farlo nei limiti in cui è loro consentito. Dopotutto bisogna in qualche modo spezzare la sensazione di essere prigionieri muti della comunicazione. Certo è strano, perché questo approccio fondamentalmente americano collide con la stravagante cultura popolare e non di quel Paese secondo la quale dietro ogni leggenda c’è un fondo di verità: abituati ad esplorare il mondo con strumenti da barbecue, viene dimenticata la natura simbolica delle storie e il fatto che non è necessario che dietro Biancaneve ci sia un personaggio reale o – tanto per citare qualche clamoroso infortunio -non è necessario ricorrere all’identità genetica per spiegare il fatto che due gemelli mono ovulari usino la stessa frase.
Tuttavia qualche volta è lecito chiedersi se di fronte a un fumo che non trova giustificazione da qualche parte non ci sia anche un qualche arrosto, magari diverso da quello che ci si aspetta. Mi eserciterò dunque, per pura azione esemplificativa su una innocua leggenda, vecchia ormai quasi di quarant’anni, all’origine di mille storie e intarsi narrativi: la favola secondo cui nessuno sarebbe andato sulla luna e ciò che abbiamo visto e che vediamo (il filmato di Armstrong è andato perso, manco fossimo nelle teche Rai) non è altro che il prodotto di un set cinematografico diretto da Stanley Kubrick, è ritornata ancora una volta d’attualità prima con una fascinosa quanto fantasiosa interpretazione di “Shining” come una confessione del celebre regista e proprio nelle settimane scorse con ironie sulla scomparsa del celebre filmato giunte dalla Russia per controbilanciare la vicenda dell’assegnazione del mondiale di calcio.
La storia del complotto lunare è molto interessante non solo e non tanto perché non ci sono prove e quelle azzardate in un primo momento sono state per lo più completamente smontate, ma per la sua intrinseca assurdità: un inganno del genere, a parte tutte le difficoltà tecniche, avrebbe richiesto la complicità di talmente tante persone ad ogni livello che solo dei mentecatti avrebbero potuto pensare di farla franca, sia che dentro il complotto vi fosse il governo Usa per questioni di gara allo spazio, sia che si trattasse della sola Nasa per timore di perdere il budget. Paradossalmente perciò l’unico argomento minimamente sensato in favore di questa teoria è che essa sia nata nonostante la sua palese impossibilità. Ed è nata piuttosto precocemente, ancor prima dell’impresa del ’69, ma sistematizzata nel ’76, dal libro di un ex dipendente non tecnico di un’azienda di propulsori a razzo, tale Bill Kaysing che fra le altre cose tirò dentro direttamente Kubrick come artigiano dell’inganno, ingaggiato in qualità di esperto di effetti speciali dopo ” 2001 odissea nello spazio”.
Per cercare delle piste di comprensione bisogna risalire a quei tempi, evitando la bolla sulla quale si regge oggi la leggenda. Gli Usa sono pressoché alla pari nelle tecnologie di punta, quelle spaziali con l’Urss che sembra conservare tuttavia un certo vantaggio sui vettori; la guerra del Vietnam, nonostante la colossale assimetria di potenza, nonostante le immense stragi causate dai bombardamenti americani sia sul Nord comunista che in Laos e Cambogia va male; in Europa e negli Usa stessi nascono movimenti di contestazione radicale nei confronti del potere che potrebbero fare il gioco dell’Unione sovietica e comunque scardinare il senso di appartenenza al mondo capitalistico e alle sue promesse. Insomma è piuttosto ovvio che la presidenza Nixon che con la trasparenza aveva un rancore personale, cercasse a tutti i costi un modo per riaffermare la superiorità americana, prima di perdere il prestigio nel terzo mondo e anche presso le borghesie occidentali. Dunque l’impresa lunare anche se con qualche ingenuità vista col senno di poi, poteva apparire vitale a Washington che aveva bisogno del suo carico simbolico, ma che d’altro canto era anche un’impresa rischiosa con altissime probabilità di insuccesso e oltretutto già mediaticamente spesa da anni.
E’ impossibile che si sia cercato, magari maldestramente, un qualche modo per alleggerire un possibile fallimento? Magari un modo per simulare lo sbarco anche con il modulo Lem fuori uso o gli astronauti stessi non in grado di operare sulla superficie del satellite e/o di tornare tornare sulla terra? O magari più banalmente per ovviare a malfunzionamenti di macchine fotografiche e di ripresa che avrebbero reso l’impresa più opaca? O paranoicamente per non regalare ai sovietici particolari di tecnologie usando immagini farlocche? Tutte cose che avrebbero richiesto la complicità di ambienti molto più ristretti. Perché poi Stanley Kubrick tirato mani e piedi dentro la fantasiosa leggenda, così debordata da tradursi anche in un film come Capricorne One, non ha mai sentito il bisogno di smentire, sia pure per sport? Tanto più in ragione di una sua particolare vicinanza alla Nasa di cui ha sfruttato le ottiche per i suoi film o meglio le ottiche superluminose prodotte per l’agenzia spaziale americana come il celeberrimo Zeiss Planar 0,7, concepito e fabbricato dall’azienda tedesca per permettere non meglio precisate riprese in condizione di luce critica nei voli spaziali di preparazione all’allunaggio umano.
Può darsi che la leggenda del non sbarco sulla luna derivi da chiacchiere, contatti e mezzi piani di questo genere che, uscite dalle cerchie ristrette hanno finito per prendere vita propria e proporsi in forma definita come complotto lunare. Ma in ogni caso se manca l’elemento di fattibilità pratica, almeno nell’ampiezza del disegno delineato dai complottisti lunari, se mancano le prove, non manca affatto di consistenza logica.
Naturalmente non è che mi sia convertito al complotto, è solo che voglio sottolineare come troppo spesso con la parola complottismo venga contrapposto all’informazione ufficiale per screditare semplicemente il dissenso politico e sociale. Ora se nel caso della Luna esistono i segni dello sbarco e un insieme di circostanze accertate, spesso tra la voce del potere inteso in senso lato e quelle alternative non esiste affatto una grande distanza in fatto di verosimiglianza di prove tanto più che spesso queste ultime sono fornite dal potere stesso, senza alcuna possibilità di verifica. Proviamo a pensare – tanto per fare qualche esempio fra mille – alle bugie sull’Irak, all’aereo malese abbattuto sull’Ucraina, al congresso Usa che approva nel gennaio del 2014 un provvedimento di finanziamento per il Califfo e i suoi seguaci: si direbbe che i complottisti veri siano le elite.
Ma per finire questo post cercherò di essere il più complottista possibile: a volte penso che chi detiene a vari livelli il potere, non usa la tattica di arginare le tesi alternative, al contrario cerca di stimolarle il più possibile perché man mano si allontanino dalla verosimiglianza e formino un repertorio contraddittorio facilmente squalificabile in blocco. Un po’ come certi microbiologi che alla fine degli anni ’80 suggerirono di combattere l’Aids favorendo la variabilità dell’hiv in modo da depotenziare il virus stesso con la nascita e la proliferazione di ceppi non patologici e la marginalizzazione di quelli dannosi. Di certo fa un gran comodo alla finanza globalizzata che l’influenza di think tank e centri di potere come Bilderberg, Fmi, Trilateral e via dicendo venga vista da molte persone come un complotto ora degli Illuminati di Baviera, ora degli ebrei, ora degli alieni rettiliani perché l’evidenza di una egemonia culturale espressa da questi nodi di potere reale viene sommersa da paccottiglie di insensatezze. Che spesso però sono un modo semplicistico e ingenuo di interpretare i vuoti di informazione e le contraddizioni del racconto pubblico o di dare spazio, in questo tentativo, ai propri pregiudizi. Per non parlare dell’11 settembre dove esiste un intero florilegio di teorie (è stata la Cia, l’attentato è stato permesso dai servizi segreti, è stato il Mossad, sono stati i neocon del Progetto per un nuovo secolo americano di cui facevano parte alcuni uomini chiave dell’ amministrazione Bush) che alla fine danno la sensazione di navigare nel vuoto assoluto. Purtroppo ciò che rimane sono le conseguenze dell’attentato: le guerre in Afganistan, in Irak e le forti restrizioni alla libertà del patriot act. So che è affascinante disquisire su chi sia stato, ma in realtà ha anche poca importanza visto che la distruzione delle Twin tower è frutto in ogni caso di rapporti e situazioni reali con la loro alea di possibilità, piuttosto che di intenzionalità singole.
Anzi in fondo è anche più interessante la tesi ufficiale della strage pensata e organizzata da al Quaeda e Bin Laden perché si tratta di un’organizzazione e di un personaggio creati a suo tempo dagli Usa in funzione antirussa (come è accertato dalle documentazioni ufficiali): suscitare, stimolare, finanziare estremismi religiosi e non per servirsene a proprio vantaggio, alla fine si può risolvere in caos come la situazione attuale della Siria e dell’Irak testimoniano al di là di ogni dubbio. Sono arcana imperii che alla fine si pagano e la vicenda dell’11 settembre non è che l’inizio. Insomma per paradossale che sia, la tesi ufficiale è molto più loquace sulle dinamiche dell’impero che non quella dell’attentato costruito al suo interno che tra l’altro sposta su un complotto di vertici e servizi segreti, responsabilità proprie di un’intero mezzo secolo di politiche e modus operandi che alla fine si è risolto ad erodere la democrazia sfruttando ed enfatizzando la paura.
Bene, metto la parola fine perché ho il sospetto di poter continuare all’infinito o comunque fino alla luna. E senza nemmeno Kubrick.
Secondo le tesi complottiste la crisi del 2008 sarebbe stata provocata ad arte dall’elite transnazionale per poi imporre politiche economiche di austerità, precarizzazione del lavoro e smantellamento dello stato sociale.
E’ possibile, però mi sembra più logico pensare che i centri finanziari non siano in grado di programmare tutto e di prevedere le infinite variabili che caratterizzano l’economia mondiale, tenendo presente che l’influenza delle elites occidentali si limita all’Europa e al Nord America.
Diciamo che questi signori si trovano in una posizione privilegiata che gli permette di approfittare di ogni occasione si presenti loro e di volgerla a proprio vantaggio.
Nel 2008 la loro avidità di guadagno e la latitanza della politica, che non ha imposto limiti alla speculazione, ha creato la bolla; quando è iniziato il crollo, il loro network di relazioni economiche e politiche privilegiate gli ha permesso di utilizzare il denaro dei contribuenti per superare il momento critico.
Quello che è apparso impressionante in questi ultimi anni è stata la vulnerabilità della politica al potere della finanza, mentre tra gli anni della Grande Depressione e gli anni ’80 i politici avevano saputo imporre regole e limiti ai centri finanziari.
Le consiglio di leggere il sito Luogocomune e magari di visionare i documentari gratuiti di Massimo Mazzucco.Vedrà che queste “stravaganti teorie” non sono poi tanto stravaganti se non nel senso che la cultura dominante vuole farcelo credere.
Sempre a proposito di complottismo è necessario ricordare la ricerca compiuta nel 2011 dallo Swiss Institute of Technology di Zurigo sulle relazioni tra le aziende transnazionali più importanti, che ha portato al risultato di 147 aziende, quasi tutte banche, che controllano il 60% dell’economia mondiale.
Questa scoperta poteva dar ragione ai “complottisti”, ma come spiegano gli studiosi che hanno condotto l’indagine: “I nuovi arrivati, in qualunque rete: naturale, umana ed economica, si connettono con membri già altamente connessi e il fenomeno è assolutamente spontaneo e naturale.
I vertici delle aziende transnazionali acquistano le proprie azioni a vicenda per motivi commerciali, non per dominare il mondo.
La super entità-finanziaria non può essere il prodotto finale di una cospirazione.
La vera questione è sapere se e come questa super-entità possa rispondere al bisogno di stabilità”.
La prima cosa che vorrei dire è che la teoria del complotto è comunque un’ipotesi e che le ipotesi non basta emetterle ma bisogna anche, come sa chi fa scienza, cercare di dimostrarle o, in alternativa cercare di sconfermarle, ossia dimostrare che sono false. Se poi l’ipotesi viene dimostrata, si è avuto successo. Se invece non si riesce a dimostrarla ma non si riesce neppure a sconfermarla, allora vuol dire che l’ipotesi è ancora in piedi, regge e non merita di essere trattata in modo spregiativo. La cosa vale ancora di più quando esistono indizi che pur non costituendo ancora una prova vanno però tutti nella stessa direzione.
Con questo semplicissimo criterio distinguiamo facilmente le teorie del complotto dalle ipotesi non ancora dimostrate e che quindi serbano intatto il loro potenziale esplicativo. Potenziale esplicativo che non costituisce beninteso una prova di verità ma che colloca anche la teoria più estrema in pole position rispetto ad altre teorie parimenti indimostrate che hanno però una capacità esplicativa minore o di gran lunga minore. Ricordo per esempio che la teoria einsteiniana della relatività non è dimostrata in toto ma è sempre in auge perché rappresenta pur sempre la teoria che spiega meglio i fenomeni che mano mano la scienza va scoprendo. Un domani potrà essere buttata nel cestino ma lo sarà solo quando verrà formulata una teoria con potere esplicativo ancora maggiore.
Passando al discorso lunare, è di tutta evidenza che la maggior parte degli esseri umani vissuti in quel frangente di tempo, me compreso, non aveva assolutamente capito che cos’era la conquista spaziale. Non era la luna, erano i satelliti. Quelli che oggi consentono Google Maps, i droni, i navigatori, le antenne paraboliche e soprattutto la violazione dell’intimità territoriale delle nazioni (neologismo mio, probabilmente) ossia il fatto assurdo, in un mondo che doveva teoricamente essere pieno di nazioni sovrane gelose dei propri segreti militari e logistici, che permette ad una o più grandi potenze di osservare minuziosamente i territori altrui come se fossero le proprie tasche. Fatto, tra l’altro, che all’epoca non sollevò alcuna protesta di politici o ambasciatori nei confronti degli Stati Uniti o dell’Unione Sovietica. Questo per dire che le nazioni che oggi molti di noi considerano morte e sepolte erano inesistenti già da allora.
Mentre quindi noi comuni mortali, perennemente innocenti e sempre felici di correre dietro alle ultime parole d’ordine lanciate dai media, pensavamo alla conquista della luna in termini poetico-fantasiosi di conquista per l’umanità o di possibili rischi di guerre spaziali c’era chi già aveva tracciato la roadmap che avrebbe portato alle cose che ci sono oggi. Dunque, andare sulla luna aveva soprattutto il senso di distrarre l’opinione pubblica mondiale dal vero fine delle missioni spaziali che era la creazione del più gigantesco sistema di controllo remoto del territorio terrestre mai realizzato nella storia. A questo punto, la domanda è d’obbligo: ma se è così, che bisogno c’era di andare veramente sulla luna? Appunto, non aveva alcun senso. E non aveva senso perché si sapeva già che lì c’erano solo pietre e che la conquista della luna non poteva essere produttiva di alcun risultato utile né dal punto di vista economico né da quello strategico-militare. In più, ci sono due cose che vale la pena di rimarcare: la prima è che contrariamente a quello che ci si attendeva la luna, una volta “conquistata”, fu velocemente dimenticata, cosa che, se la conquista fosse stata autenticamente voluta, non sarebbe successo. Possiamo immaginarci una scoperta dell’America a cui non avesse fatto seguito una moltitudine di viaggi?
La seconda è che la Russia, anche qui contrariamente alle attese, non cercò neppure di fare un tentativo di sbarco lunare, cosa che sarebbe stata importante almeno per ristabilire il proprio prestigio intaccato dal clamoroso successo americano. Perché? Ipotesi: perché sapeva benissimo che, in realtà, lo sbarco lunare non era mai stato effettuato ed era un falso. E allora perché non inscenò un analogo psicodramma? Risposta: perché non aveva il controllo dei media mondiali e dunque l’effetto non sarebbe stato altrettanto grande o, seconda spiegazione, perché tutte queste vicende beneficiavano solo Stati Uniti e Russia e si può ben pensare che convenisse alle due superpotenze concordare ogni passo della conquista spaziale piuttosto che pestarsi i piedi reciprocamente. In questa seconda ipotesi la Russia, anziché sbugiardare la conquista della luna, preferì tener bordone al suo rivale di sempre. Agli Stati Uniti non sarebbe mancata l’occasione di ricambiare il favore.
Per questi motivi, e pur non avendo alcuna prova, ritengo maggiormente esplicativa la tesi del falso. Se la conquista della luna fosse stata un evento reale, la Russia avrebbe dovuto fare altrettanto. E la Cina di oggi si sarebbe posta il problema di sbarcare sul pianeta selenico almeno dieci-quindicini anni fa. Se lo facesse oggi, per averne un effetto positivo in termini di prestigio, dovrebbe come minimo impegnarsi a costruire la prima Chinatown extraterrestre.
A volte a gettare benzina sul fuoco del complottismo sono gli stessi esponenti dell’elite finanziaria, come David Rockfeller che nelle sue memorie dichiara: “Io e la mia famiglia siamo accusati di voler sviluppare una struttura socio-economica e politica il cui fine è controllare il mondo.
Se questa è l’accusa mi dichiaro reo confesso”.
Sempre lo stesso miliardario in un convegno del Bilderberg a Baden nel 1991 afferma: “Sono certo che il mondo odierno sia pronto per un progresso unanime verso la creazione di un solo grande governo mondiale.
Si tratterà di un’entità sovranazionale controllata da un’elite intellettuale e imprenditoriale accuratamente scelta, la cui gestazione sarà in mano alle banche.
Credo che questo mio progetto sia di gran lunga preferibile all’autodeterminazione nazionale esercitata in questi secoli”.
C’è altro da aggiungere?
Queste citazioni provano solo che la cultura è un insieme non di conoscenze ma di disattenzioni. Siamo al punto che quando il reo è confesso ci voltiamo dall’altra parte per non vedere.
..dove l’unica cosa certa è “la morte di uno stato precedente”, tutto il resto non può che “essere” poema-didascalico.. per conclamabili sopravvivenze.