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Vincitori e vinti

560622_494060017279718_2134337033_nA dire la verità avrei ben poco da aggiungere a ciò che ho scritto ieri (qui) sulla Grecia, dando per scontato che per l’estate ci sarà comunque una sorta di accordo ponte, ancora in qualche modo gestibile da Tsipras, dopo il quale davvero non ci sarà alternativa tra lo strangolamento del Paese da parte dell’Europa dei ricchi oppure un coraggioso rifiuto da parte di Atene di tutta la paccottiglia politico economica sulla quale siedono ottuse e tracotanti le istituzioni Ue. Cosa naturalmente che non riguarda solo il piccolo grande Paese dell’egeo, ma anche le dinamiche politiche in tutto il continente che prenderanno strade diverse a seconda degli esiti di questo scontro. Impari fino a un certo punto perché se è vero che la Grecia rappresenta solo il 2% del pil europeo (cosa che rende ancora più vergognosa il deguello voluto per imporre politiche reazionarie)  è anche vero che un suo no avrebbe un effetto domino e porterebbe al progressivo rifiuto delle dottrine antisociali che si sono imposte in tutti i Paesi.

Per questo in televisione e sui giornali viene squadernata una straordinaria impalcatura di menzogne a tutti i livelli per confondere l’opinione pubblica e lubrificarla per gli atti contro natura sociale che si preparano. Tuttavia, al contrario di molti, ho poche speranze che Atene riesca davvero a immaginare e quindi a organizzare un’uscita dalla moneta unica e dalle pastoie eurofile perché sostanzialmente la posizione greca, anzi di una metà abbondante di Syriza è in qualche modo non contraria, ma speculare a quella di Bruxelles. Se è vero che la Ue si è in pratica rifiutata di aiutare la Grecia, pensando di poter far vincere il dogma dell’ irreversibilità dell’euro attraverso la salvifica austerità, il documento di Salonicco, su cui si è poi basata la campagna elettorale dell’ensemble riunito da Tsipras, si basa sulla tesi assurda di poter tenere l’euro rifiutando l’austerità. Si tratta di due paradossi che  si fondano su un errore di fondo, ma soprattutto su un equivoco più o meno consapevole a seconda dei casi: l’esistenza di una moneta unica, quella che da sola, per forza di trascinamento avrebbe dovuto completare la costruzione europea in senso federale. Sarebbe stata la strada sbagliata in ogni caso, ma in realtà la non esistenza di una banca di ultima istanza, di regole di trasferimento fra Paesi oltreché le regole rigide di Maastricht che di fatto costituisce un trattato fra stati ognuno dei quali privato di sovranità monetaria, rivelano che non esiste alcuna moneta unica, ma bensì un sistema di cambi fissi celato sotto le spoglie di una circolazione comune e dominato dal sistema bancario e finanziario.  E’ abbastanza evidente che l’austerità e la sua espressione politica non sono che il correlato di questa situazione. Che non lo capiscano o meglio faccia finta di non capirlo l’elite europea è un conto, che non ne abbiano chiara consapevolezza chi si oppone alle rapine di dignità prima ancora che di salario, è sorprendente.

Così temo che in una qualunque soluzione di compromesso che non contempli la rottura radicale con questo paradigma ci saranno solo due perdenti: i cittadini, greci e non, che subiranno ulteriori impoverimenti e rapine di welfare e diritti e l’Europa stessa che diventerà una pedina marginale dell’impero.

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