renzi-berlusconi-poletti-308733Ci ho pensato quasi due giorni, ma non riesco ancora a capire come si faccia a non considerare l’assoluzione definitiva di Berlusconi dalla torbida vicenda Ruby come una sentenza politica. Il macigno che si è voluto mettere sopra questa storia è invece politico nel senso pieno e proprio della parola, quasi un caso di scuola, nel senso che – come purtroppo accade di sovente – un’ intero meccanismo giurisdizionale dotato di leggi spesso pessime e sempre ad infinito  spettro di interpretazione fornite in termini generali oppure ad hoc dal convento politico, meccanismi arcaici, bizantinismi di ogni tipo, templi biblici, sfascio materiale, finisce per garantire una sostanziale impunità ai potenti o pene puramente figurative per gli appartenenti alle classi dirigenti. Diciamo che nel suo complesso la legislazione ormai esprime l’impotenza e la sudditanza del singolo cittadino contro la tirannia dei soggetti forti siano essi tycoon, aziende, grand commis, lo stato stesso.

Non si tratta di volontà singole, ma dell’insieme organicamente considerato. Ed è facile vedere che alla fine della fiera, qualunque sentenza fosse stata espressa dalla Cassazione sarebbe stata comunque una sentenza politica, vale a dire fondata su un’interpretazione altrettanto valida dei fatti: la concussione che sarebbe stata scontata prima del 2012 è saltata grazie alla legge Severino, la quale  ha sconquassato artatamente la fisionomia di questo reato mentre la prostituzione minorile è stata cancellata perché non ci sono prove che l’ex cavaliere sapesse che Ruby era minorenne. Anche così però sarebbe stato coerente ammettere il ricorso contro la sentenza di appello: non è difficile immaginare che la costrizione nella telefonata di Silvio alla questura di Milano non avesse bisogno di esercitarsi in minacce e/o blandizie esplicite, ma derivasse dalla figura stessa dell’interlocutore, era consustanziale ad essa in un ambiente dove carriere, trasferimenti, incarichi dipendono per li rami gerarchici dal governo. E quanto a Ruby se non c’é la prova certa che Berlusconi sapesse della minore età, non c’è nemmeno la prova che non sapesse qualcosa che tutto il suo entourage conosceva. E’ vero che siamo in un Paese dove è stata votata ad ampia maggioranza la verità che la lolita marocchina fosse la nipote di Mubarak, ma insomma tutto il contesto dice altro, a partire dalla telefonata stessa alla questura di Milano, del tutto superflua, anzi assurda in caso di maggiore età. Quanto meno la vicenda meritava un secondo processo perché di questo si trattava e non di una condanna definitiva.

Certo adesso i politici potranno dare ordini opachi ai funzionari di ogni ordine e grado con animo più sereno, mentre i puttanieri incalliti e alla ricerca di carne fresca potranno negare con tracotanza la conoscenza dell’età: non la sapeva nemmeno il presidente del consiglio, come faccio a saperlo io?  E non si potrebbe dar loro tutti i torti: perché non si può chiedere all’uomo della strada di essere più scrupoloso dei vertici governativi. Questo effetto apparentemente collaterale, simile ad un esperimento mentale, è invece l’aspetto più significativo riguardo alle sentenze al altissimo tasso di interpretazione: basta vedere se il segno va verso una maggiore o una minore eticità collettiva e quanto marcano la differenza tra un comune cittadino e un potente.

Del resto l’assoluzione dissolve il reato, ma conserva il contesto in cui gli eventi si sono sviluppati, vale a dire il clima orgiastico, circonfuso di bugie compromettenti e il “sistema prostitutivo” che ormai circondava il premier.  Lo hanno persino confermato gli avvocati difensori. Ora il fatto che nella più grave crisi economica che il Paese abbia attraversato da  ottant’anni a questa parte, con l’Italia sotto assedio per strapparle sovranità, agibilità di bilancio ed esercizio democratico, avere un premier che si dedica quasi esclusivamente ai suoi privati piaceri e tiene bordello, agevolando così la cesura istituzionale da parte di banchieri e troike in cerca di premier più presentabile, farebbe orrore in una satrapia centroasiatica. Ma si sa che noi  siamo in queste condizioni, che siamo in uno stato di diritto del più forte.