Anna Lombroso per il Simplicissimus

Non consola che delle virtù della “nazione mite” sia rimasta solo una specie di indifferente tolleranza. Non consola che della libertà di espressione sia rimasta solo una condiscendenza indolente. Impegnate a esercitare comprensione e a riservare benevolenza per manifestazioni, principi, messaggi che contrastano con i capisaldi della  democrazia,  con gli elementari precetti della civiltà, con gli assi portanti dell’umanità, perfino con la legalità.

Per anni tutti gli schieramenti politici hanno rivendicato la paternità tramite costola della Lega, riprodotta da matrice antifascista o frutto della destra a un tempo sciovinista e secessionista, attribuendo dignità al razzismo “bonario” espressione di una provincia dimenticata,  che aveva scoperto il sindacalismo territoriale, sicché dare del “negher” o del “terun” sembrava un’affettuosa famigliarità, come quelle di certi mariti che menano le mogli per dimostrare di tenerle in considerazione. Per via di una sorte di apprezzamento invidioso per il radicamento, di una gelosa considerazione per la capacità di stabilire contatti duraturi e saldi  con le comunità locali,  la sinistra l’ha blandita e ne ha addirittura  imitato comportamenti, quelli dei sindaci sceriffi ad esempio, replicando esclusione ed intolleranza, nell’auspicio che servissero a coagulare consenso e fidelizzazione.

Per anni se ne è legittimata l’indole xenofoba, come componente fisiologica di una estrazione popolare, se ne è sottovalutata  l’ideologia razzista come fenomeno folkloristico e propagandistico inoffensivo. Per anni si è sorriso di rituali  e liturgie all’acqua sporca, delle “divise” innocue dei Volontari Verdi, degli elmi con le corna dei partecipanti ai solenni sponsali col  sacro fiume, che sfidavano leptospirosi e ridicolo.

E intanto i loro ministri aprivano lager di regime, i loro dirigenti conducevano pogrom, i loro parlamentari promuovevano leggi razziali, tutti partecipavano dei benefici della derisione del referendum sul finanziamento dei partiti, corrompevano e si facevano corrompere, sdoganavano i baluba manga banane scegliendosi paradisi fiscali africani.

Ha ragione il Simplicissimus (qui https://ilsimplicissimus2.com/2015/03/01/si-salvini-chi-puo/) di inorridire del Mai con Salvini che circolava in giornali, in siti, nei blog della cosiddetta area di sinistra. Ma è proprio vero che si tratta sempre del solito problema di cattiva coscienza, della percezione tardiva di aver perso l’occasione di esprimersi e rivendicare i temi che avrebbero dovuto essere patrimonio della sinistra, della rivalità nei confronti di una forza che si mostra più organizzata e organica all’elettorato del riformismo, quel ceto medio scaraventato nell’inferno delle nuove miserie, risentito e rabbioso. E che, non sarebbe poi la prima volta, rappresenta un concorrente temibile, come nel 2008, quando una parte degli elettori di sinistra passò alla Lega, nella convinzione di non aver commesso un tradimento vendendosi l’anima alla destra, se politologi autorevoli ne apprezzavano la Weltanshauung “differenzialista”, la vocazione alla tutela di valori tradizionali, la critica alla globalizzazione, se d’Alema ne ammetteva la matrice antifascista e Bersani confessava “so che la Lega non è razzista”.

Intanto Renzi con Salvini ci va eccome, avendolo scelto con entusiasmo come nemico, candidato a accreditare un falso dualismo che riconosca a un Matteo l’identità di destra e all’altro l’appartenenza moderna e rinnovatrice alla tradizione della sinistra riformista. E proprio  questa agnizione, questa identificazione diventano approvazione e legittimazione,  secondo quella regola che dovremmo tutti cominciare a rifiutare anche nella vita quotidiana, nelle relazioni. Se ormai c’è da temere che il ceto politico sia fatto di “tutti uguali”, con pari privilegi, pari licenze, pari incompetenza, cominciamo noi a non essere tutti uguali, se dobbiamo patire delle disuguaglianze   economiche e sociali, cominciamo a godere delle differenze. Non è vero che tra gli elettori della Lega ci sia brava gente, probi cittadini, responsabili e integerrimo, se permettono che un leader discutibile estragga dalle loro  profondità vergognose infamia, bassezza, abominio. Se l’unico modo conosciuto per esprimere collera e umiliazione è muoverle come armi contro chi è inerme, chi è indifeso, chi è ridotto a vita nuda senza diritti, senza casa, senza terra, senza speranza. Non è vero che chi vota Forza Italia possa essere al tempo stesso incorrotto, virtuoso e irreprensibile e ammiratore ed emulo di chi ha dato il via allo smantellamento del sistema democratico. E non è vero che si possa essere del Pd e di sinistra, che i mugugni riscattino dall’assoggettamento a chi accartoccia la costituzione, promuove leggi contro il lavoro, perpetua iniquità, che si possa essere a un tempo con Renzi e mai con Salvini.

Si, è ora di metterli all’indice, è ora di denunciarli per apologia di reato, è ora di esprimere riprovazione per ministre che oltraggiano insieme a una legge dello Stato il diritto più doloroso che le donne abbiano conquistato, per altre che si mobilitano, con la complicità di 44 parlamentari, per le scuole private, per quelli che favoriscono per legge il sacco del paese e la sua svendita, per quelli che l’ordine pubblico è un senso unico, da percorrere contro chi è contro, contro chi protesta, contro chi critica, contro chi esige rispetto e lealtà e invece a favore di nostalgie criminali, in modo da riproporne modi, icone, misfatti.