In un Paese che permette a un pugno di nominati di manomettere la Costituzione nottetempo, non meraviglia che sia stata approvata una legge ipocrita, inutile e per di più controproducente come quella che trasforma in reato il negazionismo. Dio sa quanto consideri miserabili quelli che negano la Shoa al solo scopo di poter praticare l’ideologia nazista senza alcuno scrupolo di coscienza, affidando a chiacchiere pseudo storiche la possibilità di poter essere razzisti, negandone le conseguenze. E dio sa come questa legge che colpisce la libertà di opinione darà a questi stessi miserabili l’occasione di sentirsi eroi della libertà di pensiero.
Dopo due lunghi decenni di revisionismo strisciante, di lasciapassare forniti al più ottuso “recupero” del fascismo, persino di aperte sovvenzioni ad organizzazioni che si propongono la ricostituzione del Pnf sotto altra forma, un Parlamento oligarchico e opaco, non trova altra strada per detergersi dalle scorie che ha prodotto che negare la libertà ammantandosi dietro i panni della buona causa. Del resto in questo segue gli esempi di altri Paesi che fanno del negazionismo un reato, ma che non ci pensano un attimo a sostenere camerati con la croce uncinata, magari appena appena ritoccata, quando la cosa fa comodo. E questo vale persino per il governo di Israele.
Che significato ha tutto questo? Un indizio agghiacciante ce lo fornisce il cambiamento apportato alla legge Reale adottando un aggravante di tre anni “se la propaganda, la pubblica istigazione e il pubblico incitamento a commettere atti di discriminazione razziale si fondano in tutto o in parte sulla negazione della Shoah, dei crimini contro l’umanità e dei crimini di guerra, come definiti dallo statuto della Corte penale internazionale”. Il che equivale a dire che il razzismo può passare se applicato all’oggi, ma non al passato: Calderoli può paragonare una ministra con la pelle scura a un orango e trovare la comprensione degli onorevoli colleghi per la sua altrettanto onorevole opinione, ma potrebbe essere sanzionato se esprimesse idee negazioniste che immaginiamo non debbano essere aliene al personaggio, anzi consustanziali ad esso.
Le cose divengono più chiare e possono essere collocate nella slabbrata cartella dell’ideologia americano – occidentale: tante sono le ingiustizie, le menzogne, le crudeltà, le manipolazioni praticate negli ultimi settant’anni dall’ “Impero” e tante sono quelle a cui si prevede di ricorrere, tante le deviazioni rispetto ai principi ufficiali che c’è bisogno di un sistema di giustificazione che le concili con i valori astrattamente asseriti e in nome dei quali pretendere una superiorità. Così niente di meglio che ipostatizzare la colpa riferendola al passato: a seconda dei casi battendosi il petto, piangendo le vittime, reiterando la memoria, vantando il ruolo di liberatori, si crea per così dire un contenitore, un urna nella quale finisce anche tutto il presente e in qualche modo lo purifica. Così si pretende (giustamente, è ovvio) che la Turchia si faccia carico dello sterminio di più di un milione di Armeni, come aggiunta rafforzativa alla Shoa in quanto elemento della buona coscienza occidentale, ma sembra completamente dimenticato il fatto che nel tentativo di fermare le linee di rifornimento vietnamite gli americani massacrarono a forza di napalm un milione di incolpevoli cambogiani, aprendo così la strada a Pol Pot e al successivo genocidio di altri due milioni di persone.
Man mano che diventa sempre più chiaro il ruolo occidentale nella creazione di conflitti, terrorismi, esportazioni democrazia, manipolazioni di regimi ad uso dell’impero, tanto più è diventato necessario rafforzare e mettere in rilievo l’altare sul quale si tenta di giustificare il presente. Così il genocidio degli ebrei che era stato colpevolmente trascurato negli anni di apprendistato del neoliberismo e in quelli successivi al crollo dell’Urss, tanto da favorire appunto la nascita del revisionismo, è tornato alla ribalta quando gli Usa ormai potenza monopolare e priva dell’alibi di un nemico, si sono trovati in qualche modo esposti, coram populis, alle conseguenze dell’uso più che cinico dei propri strumenti militari ed economici. Dalla trappola messa in piedi per Saddam, alla crisi asiatica provocata dai diktat dell’Fmi, passando per l’ Afganistan e per i ricatti sudamericani, per finire con i finanziamenti concessi dal congresso Usa alla fazione anti Assad che oggi prende il nome di Isis, con la riduzione di democrazia chiesta a gran voce e ufficialmente dai potenti centri finanziari americani, con la devastazione ambientale, si ha bisogno di un surplus di legittimazione.
La legge approvata l’altro giorno nelle colonie italiane non è che l’eco di tutto questo: si dice che in nome della libertà di espressione si possono prendere per il culo le altre religioni, si appoggiano tiranni e governi fantoccio che inneggiano ai boia della seconda guerra mondiale, ma non si può scalfire il simulacro di legittimità a cui ipocritamente ci si appoggia. Naturalmente il divieto non serve assolutamente a nulla, anzi non fa che rafforzare l’autostima dei negazionisti che ora potranno parlare dell’Olocausto come di una verità di Stato e tramutare in certezza le bugie che si raccontano, ma non è questo che importa a chi ha pensato e votato una legge del genere: importa che il rifiuto della guerra, del razzismo, dell’esclusione e della violenza, sia confinato al passato e che la cattiva coscienza dell’oggi sia lavata dalla buone intenzioni e dai pentimenti di ieri. E che alla fine vinca il fascismo di fatto. Non c’è solo la banalità del male, ma anche quella del bene.
Il sionismo e il nazismo sono immagini speculari della stessa ideologia di fondo, rispettivamente, gli eletti di Dio e la razza eletta. Il Febbraio scorso su Haaretz, il quotidiano israeliano, era riportato un articolo in cui quasi si inneggiava alle “camicie brune” israeliane, spostatesi a Kiev per rovesciare il governo eletto.
A mio avviso, la piu’ credibile testimonianza sugli ebrei nei campi di concentramento, si trova nel “Se questo è un uomo” di Primo Levi – il quale, da ebreo, ne ha dato una chiara e illuminante testimonianza.
Probabilmente speculando sulla leggendaria credulità delle masse, i legislatori del pensiero proibito, non si accorgono che, mettendo in galera i ricercatori dell’Olocausto, (vedi Francia, Canada, etc.) provocano un effetto contrario alle intenzioni. Perchè se la realtà storica è cosi’ lampante, chi se ne frega di quello che i ricercatori possano trovare o concludere?
E affinché’ “la verità nulla menzogna frodi” perchè non parlare dell’Olocausto dei Palestinesi?
Mutatis mutandis, Robespierre era si’ incorruttibile, ma non era il mostro ghigliottinaro, cosi’ stigmatizzato dalla storia. Spero non vogliano mettere in galera anche chi, sulla base di documentazione poco conosciuta, è un negazionista del mito diabolico di Robespierre
yourdailyshakespeare.com
Il problema di fondo rispetto a quest’ultimo intervento legislativo è che ora ci sarà una corsa a sancire per legge non solo di cosa si può parlare e di cosa no ma anche di “come” se ne deve parlare. Ed è quest’ultimo aspetto che deve preoccupare maggiormente in quanto la magistratura sarà chiamata a pronunciarsi su quanto un’opinione espressa possa considerarsi o meno rientrante nella fattispecie regolata dalla legge e dunque sanzionabile. La logica “economica” della giustizia tende sempre intrinsecamente a dilatare le fattispecie originali in modo da procurare più lavoro possibile ad avvocati ed organi giurisdizionali (più lavoro= più importanza= più potere). Oltre a ciò, ovviamente, aspettiamoci la carica dei 101 di tutti coloro che hanno buoni motivi di ritenere di avere uguale diritto ad impedire che si neghi per leggi il male sofferto. Per esempio, il discorso foibe, recentemente trattato su questo blog con la doverosa libertà di espressione che lo contraddistingue, potrebbe un domani risultare non più trattabile con uguale libertà qualora si applicasse alle foibe lo stesso trattamento tabuizzante di cui ora si può avvalere la Shoà.
Si tratta anche di capire bene la genesi della Shoà. Gli americani operavano attivamente in Europa attraverso i servizi segreti anche prima dell’inizio della seconda guerra mondiale visto che il loro interventismo europeo nasce con la prima guerra mondiale. Dovevano dunque sapere benissimo che cosa stavano facendo o progettando di fare i tedeschi con gli ebrei. Anzi, secondo me lo sapevano così bene e in tempo reale che si affrettarono a favorire l’emigrazione della parte di popolo ebraico che interessava a loro (ricercatori, scienziati eccetera) mentre per tutti gli altri, che avrebbero potuto essere avvertiti e salvati, non ci fu altrettanta generosità. Bisognerebbe discutere anche di questo sperando che il parlamento italiano non intervenga manu militari impedendo di indagare sulle responsabilità di chi sapeva che la Shoà si stava preparando e non fece nulla per impedirla.
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