Hollande e RenziE’ angoscioso trovarsi ad avere ragione, quando questa ragione è la radice dell’infelicità sociale che ci cade addosso. E purtroppo l’idea, quasi quotidianamente espressa su questo blog, ossia che le ricette austeritarie derivanti dalle regole dell’euro, siano utilizzate dai circoli finanziari per sbarazzarsi della democrazia, che le eventuali modeste concessioni in fatto di flessibilità abbiano il fine di sostenere forze e partiti complici del gioco al massacro, prende corpo nella risposta che il governo francese ha dato a Bruxelles per giustificare lo sforamento dei parametri. Oltre ad alcune osservazioni tecniche marginali, il clou del discorso è molto più inquietante e brutale: il governo, si dice, dispone di una maggioranza risicata, la popolazione non è pronta ad affrontare ulteriori sacrifici: andare avanti  senza nemmeno una piccola tregua potrebbe innescare una crisi di rigetto verso l’Ue e in sostanza una vittoria delle forze euro scettiche.

Non c’è alcun richiamo né a una visione economica meno asfititca, né tantomeno alle ragioni dell’uguaglianza, della distribuzione del reddito,  del welfare e del progresso sociale, come se i valori fondativi del socialismo francese fossero ormai finiti al mercatino delle pulci: chi parla è solo un gruppo di potere che campa di rendita, che ancora prende voti su ciò che è stato e non su ciò che davvero rappresenta, che avvisa i suoi “superiori” del fatto che sarebbe opportuno rallentare il massacro per poterlo compiere più efficacemente.

La stessa cosa nelle modalità specifiche di ciascun Paese accade dovunque in Europa le elite liberiste sono state imposte o hanno avuto facile gioco grazie all’imponenza mediatica della loro narrazione. E la stessa cosa accade in Italia dove una classe dirigente nel suo complesso contratta con Bruxelles non la salvezza del Paese, ma la propria e la cui credibilità consiste nel proporsi come custodi della lotta di classe al contrario, cercando di evitare che la maschera dietro la quale si nasconde, cada troppo precipitosamente rischiando di mettere in crisi il gioco. Hollande e Renzi campano entrambi sul medesimo squallido ricatto, avvisando il potere reale che la loro posizione potrebbe essere messa in crisi se non si dà loro la possibilità di proporsi come coraggiosi mediatori e non soltanto come esecutori. L’unica differenza consiste nella diversa traiettoria del presidente in motorino e del premier in bicicletta: il socialismo francese ha incubato al suo interno la propria mutazione genetica, mentre il centrosinistra nostrano, forte del paravento dell’antiberlusconismo,  si è fatto scalare dall’esterno da un padroncino come sosia dell’ex cavaliere, pagato in moneta sonante dall’ambiente finanziario. Sul piano pratico è la differenza tra un Paese come la Francia che ha ancora un qualche peso, dove esiste ancora una qualche capacità di reazione, che dopo tutto è anche una potenza nucleare e  e l’Italietta del tutto marginale ormai rassegnata alle proprie ipocrisie che di notevole ha solo il proprio debito.

L’altro giorno ho parlato del sabato delle scissioni, riferendomi più che a possibili atti concreti, alla caduta di paraventi, alibi e ipocrisie, causata dallo scontro a distanza fra il clan apertamente reazionario della Leopolda e la grande manifestazione popolare più che sindacale di Roma, ma dubito fortemente che una qualche opposizione di sinistra possa nascere dalle rovine dell’esistente. Non basta che Cuperlo e Fassina si accorgano solo ora che è l’euro il vero strumento della conservazione e del declino dello stato sociale: lo hanno incensato e adorato, oltre a votare ogni nefandezza economico -legislativa atta a salvarne le premesse, i meccanismi e gli esiti. E’ troppo tardi: non sono più credibili, nemmeno con loro stessi e nella tardiva scoperta si legge più l’incertezza dei propri destini personali che un’illuminazione finale. Del resto la sinistra stessa nel suo insieme si è prestata fin troppo all’internazionalismo capitalista e finanziario, lasciandosi scippare i propri temi dalle destre, per poter pensare di emergere dalle tenebre se non dopo un lungo bagno di ri ideazione. Esiste una rottura sociale, ma senza protagonisti in grado di renderla politica, esiste finalmente e chiaramente un nemico, ma senza un esercito perché il vecchio si è ritirato al punto di doversi arrendere e confondere con gli avversari. Bisogna chiamare una nuova leva.