Ferruccio De BortoliLa migliore futilità italiana si applica da ieri a comprendere il significato recondito dell’attacco portato a Renzi da Ferruccio De Bortoli, il più bel ciuffo del gregge mediatico  padronale, da cui si fila il cachemire narrativo del capitalismo di relazione italiano. Ma non c’è alcun mistero, basta scorrere il pezzo, superare la renitenza al bon ton cortigiano, far tacere la logica che aborre dover leggere  “Renzi non mi convince non tanto per le idee e il coraggio: apprezzabili specie in materia di lavoro” e poche righe dopo  “la muscolarità tradisce a volte la debolezza delle idee, la superficialità degli slogan”. Dal che si dedurrebbe che De Bortoli  apprezzi il coraggio della mancanza di idee e l’abbondanza degli slogan.

Deduzione del resto sulla quale scommetterei qualunque cosa. Ma insomma il contesto e le cose dette, le critiche ai ministri inesistenti così come il sospetto che il premier, dotato di  “una straordinaria oratoria”, potrebbe avere anche uno straordinario vuoto mentale, a me paiono molto chiare e in linea con gli inaspettati sussulti negativi che da fine agosto ad oggi hanno costellato i grandi elettori di Renzi interni ed esteri: gli stanno dicendo o ti sbrighi a massacrare definitivamente il mercato del lavoro e ad ubbidire a tutti i diktat o ti mandiamo a casa. Le fantasie che si sono scatenate tra gli opinionisti tutti casa e regime, tutti sempre attratti dall’inessenziale, dal loro mondo rituale e auto referenziale sono innumerevoli: che si sia trattato di un espediente per trainare la nuova veste editoriale del giornale o di un modo per togliersi dei sassolini dalla scarpa o magari per costruire una propria candidatura politica, magari nelle file degli ex centristi, dopo il già deciso avvicendamento al giornale, oppure per lanciare Mario Draghi alla presidenza della repubblica che richiederebbe qualcosa di più che non lo stantio patto di sapore massonico tra l’allievo e il maestro Berlusconi. Una cosa che detta in questi termini potrebbe far pensare a possibili notizie, ancora nei cassetti, sui legami tra le aziende di famiglia di Renzi, Denis Verdini e l’ambiente dei cappucci toscani.

Forse qualcosa di questi elementi c’è nell’inconsueto pezzo di De Bortoli, una qualche gioia maligna nel dire delle verità, nel contesto degli artifici e degli infingimenti, ma sempre e comunque nel senso del ricatto principale: come ti abbiamo fatto dal nulla, ti distruggiamo. Un messaggio esso stesso di sapore massonico che può essere gestito in maniera diciamo così flessibile contro, ma anche in favore di Renzi medesimo: il prode Matteo è costretto a fare massacri perché altrimenti ci governerà direttamente la Troika. E in questo senso a me sembra chiaro che in l’avviso non vada solo al guappo di Rignano, ma anche a quel poco Pd che “rompe i coglioni” non si sa se per scena elettorale o per fattiva convinzione.

Certo dal punto di vista del cittadino comune sfugge il senso che può avere fare tutto ciò che vuole la troika per impedirle di prendere direttamente le redini del Paese, che del resto ha già abbondantemente in suo potere avendo di fatto assunto tutti gli strumenti di politica finanziaria. Ma per la classe dirigente che ci ha portato a questo punto un senso ce l’ha: la situazione ormai drammatica del Paese, poco visibile nella luce stroboscopica dei media che un momento la illuminano e un altro la nascondono e dunque la possibilità di un governo dall’esterno, mentre è foriera di massacri alla greca, potrebbe infilarsi come un terzo incomodo nei traffici tra clan di potere e politica. Ecco perché si preferisce una soluzione domestica che esponga i cittadini a tutti i rigori e le ingiustizie del declino, ma tenga al riparo da indebite ingerenze  il deviante “modello italiano”.

E di certo non ci può essere megafono più autorevole del Corriere per lanciare questo messaggio.