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Renzi’s Anatomy

renzi-mare-2Anna Lombroso per il Simplicissimus

Certo a vederlo in braghette, con quello sguardo vacuo, la boccuccia sempre semiaperta come i ragazzini di una volta che soffrivano di adenoidi, ma al tempo stesso quell’arietta furba alla Gasparri, di chi è stato persuaso dalla lotteria della vita di salvarsi sempre e di uscire indenne da ogni stronzata,  compresa l’acquata di propaganda a scopo benefico, il Renzi pare proprio un cretino.

Sappiamo che lo è meno di quel che sembra, che le misure messe in atto dal suo governo, come quelle annunciate o avviate dai governi precedenti, non sono frutto di insipienza,  incompetenza, inadeguatezza, impreparazione, ignoranza. O non sono solo questo. Ma che rispondono a una linea precisa, dettata nei luoghi dove da anni si è rotto il patto, fragile e aleatorio, tra capitalismo e democrazia, quel “contAnna ratto” che aveva addomesticato il conflitto tra sfruttamento e diritti, tra sopraffazione e dignità, sia pure solo in alcune aree ancora privilegiate del mondo, dove la disuguaglianza era mitigata dall’accesso a consumi, certamente, ma anche a servizi e conquiste.

E forse ha anche imparato a dar retta a gente pratica, almeno per quel che riguarda la comunicazione: a parte qualche scivolone da amico della De Filippi, da comparsa di Grease, per lui irresistibile, ha scelto il richiamo al coraggio, alla forza che il popolo italiano saprebbe esprimere nei momenti difficili, con qualche “appelletto” alla “nazioncina” che gli si sta sgretolando tra le mani. E che dalle lacrime e sangue di Churchill vorrebbe trasportarci nel New Deal di Roosevelt, appellandosi al James Stewart che c’è in noi, che rialza la testa, rimbocca le maniche più di Bersani,  si riscatta con il lavoro, la creatività, la tenacia, attingendo a quella provvista di principi e fondamenti domestici che ci avevano quasi salvato perfino da Berlusconi.

Peccato che non sia rimasto più nulla grazie al susseguirsi di inetti più o meno loquaci, di impotenti più o meno tracotanti. Finito il risparmio delle famiglie, ingoiato dai debiti, dalla disoccupazione, dalle tasse. Finita la possibilità di concorrere con prodotti di altri Paesi. Finita la speranza di competere grazie al patrimonio che pareva inestinguibile dell’arte, della cultura,del paesaggio. Finita perfino l’amara illusione che i sacrifici potessero redimerci dal relativo benessere del passato e salvarci pagando il prezzo tossico dell’austerità,  credendo alla fola della necessità inderogabile  del risanamento delle finanze pubbliche, quando qualsiasi amministratore di condominio, qualsiasi massaia di Voghera o qualsiasi “casalinga dello Schlewig-Holstein”, era in grado di sapere che gli  sforzi avrebbero dovuto essere focalizzati sulle politiche economiche per rilanciare la domanda e l’occupazione. Finita anche la solidarietà, ben collocata da secoli sui patti stretti tra generazioni, sostituiti da quello del Nazareno tra un vecchio e un giovanotto speculari e mossi dagli stessi istinti e dalle stesse ambizioni velenose. Finito lo stato sociale per non parlare di quello di diritto, che verrà seppellito da un contesto di misure volte alla derisione della legge uguale per tutti in favore dei più uguali.

Si forse sono anche cretini, governo e tutti quei medici che ci somministrano dosi da cavallo di una medicina che prima era inefficace oggi letale, quella del primato del privato  in grado di gestire qualsiasi attività con superiore efficienza (come hanno accertato i casi Ilva, Alitalia, Telecom), quella dei licenziamenti facili che promuovono occupazione, quella che elogia e vezzeggia i manager dell’auto quando la produzione di autovetture sul territorio nazionale è diminuita del 65 per cento, quella che ha condannato sei milioni di italiani a vivere sotto la soglia della povertà assoluta.

Non servono gli spin doctor per invertire una tendenza alla dannazione di un paese: Roosevelt creò lavoro per 4 milioni di disoccupati, investendo lo stato attraverso tre agenzie, promosse una legge alla quale si dovrebbe guardare, quella  legge Glass-Steagall che alzò un invalicabile  muro divisorio, da una parte le banche dedicate al credito per famiglie e imprese, dall’altra gli istituti che giocavano in borsa con i soldi degli investitori privati, costretti a assumersi il rischio di poter perdere tutti i propri soldi, senza alcun salvataggio dello Stato.

Non sappiamo se sono cretini, se lo è il capitalismo in questa fase storica nella quale sembra spirare a una spirale suicida, nella quale, inseguendo la cancellazione di sovranità statali e monetarie, lo smantellamento delle democrazie, si fa passare la crisi per un temporaneo incidente, un fenomeno naturale, di quelli che comportano vittime, è vero, ma inevitabili, come in certe guerre coloniali di ieri e di oggi, cadute sul fronte della crescita, del progresso, dello sviluppo.

Sarebbe consigliabile comunque non andargli appresso, siano cretini o aspiranti suicidi che la doccia gelata l’hanno preparata per noi. E farà molto freddo.
 

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