MOSE_Project_Venice_from_the_airLa nuova tempesta che apre le acque sporche del Mose dimostra con chiarezza esemplare l’esistenza di un sistema integrato di corruzione, di fronte al quale neanche le più spudorate facce di tolla che nel caso dell’Expò hanno provato ad escludere un ruolo della politica, riescono a negare l’evidenza, nonostante si legga benissimo negli sguardi la frustrazione per non potersi servire delle solite ed evasive argomentazioni. Guardando quelle facce però si arriva ad esplorare un aspetto nuovo della questione: ovvero l’irrilevanza della politica una volta che abbia dato avvio a questi meccanismi corruttivi.

Quando un sindaco, un presidente di regione, un assessore, un partito, maggioranze locali o nazionali diano origine alla grassazione da grande opera o da emergenza ( su cui si può ovviamente lucrare di più rispetto all’ordinaria amministrazione) diventano protagonisti e vittime di un’ “ortodossia corruttiva” che non permette nessuna sostanziale differenziazione e porta alla scomparsa o, come si diceva, alla irrilevanza delle diversità di visione e programma: tutto è assorbito risucchiato dal “sistema di raccolta e distribuzione di favori, mazzette, carriere. E naturalmente più la politica scompare, più diventa importante, imperativo, necessario buttarsi negli affari, mandando in cenere ogni residuo carburante ideale. Nessuno è escluso, nemmeno gli innocenti perché le elezioni si vincono con i soldi e con gli appoggi, le candidature non vanno ai rompicoglioni o ai dubbiosi: dunque chi siede su uno scranno dove ci si occupa della cosa pubblica, sa bene da quale fonte derivi il suo ruolo. E anche se non partecipa, tace.

Questo meccanismo è interessante anche per interpretare,  mutatis mutandis, i risultati delle elezioni europee e la crescita impetuosa di movimenti euroscettici o eurofobici che in altri anni sarebbero rimasti sostanzialmente marginali: deriva dal fatto che l’europeismo di maniera non può evitare di aderire anche all’ortodossia della Ue bancario liberista, così che i molti partiti tradizionali finiscono per appiattirsi sul medesimo messaggio e persino sulle stesse blande e ipocrite modalità critiche. Sono divenuti un insieme indifferenziato e poco credibile perché in aperto e insanabile contrasto con la realtà. Certo, dentro questo mondo “normalizzato” in fondo dal peso e dalle pressioni degli affari, dentro questa “grande opera” europea dove si recita la subalternità della politica, capita anche che vinca il conformismo da paura, specie se accompagnato dall’alibi del cliché nuovista, ma in generale prevale la rabbia di non essere davvero rappresentati. E senza che quella rete di piccoli interessi che nelle elezioni locali talvolta salvano anche i grassatori più evidenti.