Junker con la Lagarde “Prendiamo una decisione, poi la mettiamo sul tavolo e aspettiamo un po’ per vedere che succede. Se non provoca proteste né rivolte, perché la maggior parte della gente non capisce niente di cosa è stato deciso, andiamo avanti passo dopo passo fino al punto di non ritorno”. Questa frase di Jean Paul Juncker, al 90% prossimo presidente della Commissione Ue, riassume molto bene il senso e la direzione della governance europea negli ultimi 15 anni, ma anche la tattica del potere finanziario, visto che il personaggio oltre che presidente dell’Eurogruppo è stato anche governatore della Banca mondiale e dell’ Fmi.

Forse il fatto che Junker sia il candidato del Ppe e a questo punto anche dei sedicenti socialisti alla maggiore carica dell’Unione, ha qualcosa a che vedere con i veri eventi storici di questo voto europeo, vale a dire la vittoria della Le Pen in Francia e di Farage in Gran Bretagna, ovvero il rifiuto dell’Europa alla fine provocato dall’Europa stessa e dai suoi suggeritori.  Al contrario rivela come in Italia l’unico evento storico nel nostro Paese sia un ritorno al passato per meglio gestire la strategia così chiaramente espressa da Juncker. Anzi proprio la tesi dell’evento storico, propagandata da tutti i media, è in se stessa lo scavo per la deposizione della prima pietra miliare.

Si parte col negare che vi sia stata una significativa diminuzione dell’affluenza alle urne, mentre essa è stata netta: 7 punti circa rispetto al 2009, anno nel quale tuttavia  non vi fu coincidenza con altri appuntamenti elettorali regionali e locali come questa volta, il che certamente pesa almeno per un 5% sulla partecipazione al voto, stando alle estrapolazioni. Dopo aver fatto passare questa tesi si paragona la “storica” vittoria di Renzi  ai risultati di Veltroni e di Berlinguer o addirittura (ma con molta più aderenza politica) con Fanfani. Mai la sinistra ha avuto questo successo. Naturalmente si tratta di  un giochino numerico e politico: intanto il Pd di sinstra conserva solo un’etichetta come dimostra anche l’accorrere di centristi e forzaitalioti sotto le bandiere del guappo. Ma poi si parla di eventi elettorali di ben altra grandezza: Veltroni con il suo 34% nel 2008 prese un milione di voti in più pur subendo una travolgente sconfitta, mentre il Pci nel 76, mise in carniere 1. 300.000 voti in più rispetto ad oggi.

La conseguenza è che Renzi ha catalizzato su di sè il 22% dell’elettorato, mentre Berlinguer fu votato dal 31% dello stesso. Da una parte abbiamo dunque una ricollocazione al centro del Pd, corrispondente a quella della Dc, senza tuttavia le sue componenti di azione sociale, dall’altro abbiamo il vero evento storico che si ripete con impressionante regolarità: ogni volta che il Paese è ad un punto di svolta, torna indietro impaurito, si tiene i suoi vizi e le sue storture accontenadosi del mugugno. Accadde alla fine degli anni ’70 quando dopo il caso Moro si poteva uscire dalla logica della centralità democristiana e dopo una breve stagione ci si ritrovò con Craxi che rinnovava e aggiornava i fasti della balena bianca. Successe dopo mani pulite, quando invece di cambiare passo gli italiani scelsero Berlusconi, ossia uno dei protagonisti ed eredi della palude, succede oggi quando si fa plebiscito attorno al vero delfino dell’ex Cavaliere pur nel mezzo di una impressionante salva di scandali che dimostrano di qualche tempra sia la governance del Paese.

La neofobia, la paura di esplorare territori nuovi, sfruttata senza ritegno dai media e da sondaggisti che in realtà sono soggetti politici, ci regala così l’ultimo assurdo: quello di essere il Paese più impoverito dalla dottrina dell’austerità e tuttavia il più vicino al Paese che se ne fa interprete e tiranno per i propri interessi, ossia la Germania che peraltro ha già messo cappello su Renzi con l’intenzione di usarne lo stiletto contro Francia e Gran Bretagna.  Certo anche gli avversari fanno di tutto per agevolare il grottesco: una sinistra radicale compromessa e impaurita dalla propria ombra, densa, passatemi il neologismo, di postgiudizi, un movimento come il cinque stelle che rifiuta di crescere e rimane legata alle logiche della sua nascita con guru che vanno in giro con berrettini che avrebbero messo in allarme Freud, più tutta la gioiosa compagnia di grassatori e gente senz’arte né parte che giace dalle parti di Forza Italia e dintorni. Purtroppo con i coiti interrotti non si fa crescere proprio nulla: né i figli, né le idee, né i diritti e nemmeno l’economia. L’unico rimedio è quello di rifornirsi di preservativi politici, sotto forma di uomini soli al comando, che per un certo numero di anni garantiscono l’immobilismo.