partini_milano-2Più che una festa è una commemorazione: il lavoro che veniva celebrato con cortei e bandiere sventolanti in lontane primavere non esiste più. La valle operosa di Goethe dove l’uomo scopre il suo destino, il suo senso e la sua dignità contro le favole di angeli e demoni, è ormai sterpaglia da dannati. I diritti che venivano asseriti nei cortei di un tempo carta straccia nelle mani di chi lavora e carta moneta per chi comanda o buona mancia per i caporali politici e sindacali che sorvegliano il sistema.

Tutto il mondo conosciuto da chi è nato nei quindici anni successivi al dopoguerra è in stato di morte apparente, orfano di rappresentazione e spesso ipocritamente pianto dai suoi killer. La società nuova, la grande società che si immaginava nel tempo del compromesso keynesiano è solo un ricordo da citare nei salotti. Ciò che ci ritroviamo è una società regredita agli ancien regime dove esiste la nobiltà dell’ 1% che drena tutte le risorse e che del lavoro non ha più bisogno visto che la ricchezza l’accumula attraverso la ricchezza, un 10% che fa parte del personale di servizio necessario a mantenere il sistema, mentre  il resto si divide tra chi ha comunque un lavoro e gode di qualche sicurezza residuale ogni giorno più esigua e chi invece ha perso ogni tutela ed è in balia di salari temporanei e pensioni da fame, progressivamente privato anche dei servizi che l’epoca precedente aveva garantito. Non esiste più una borghesia produttiva, è defunto il proletariato potenzialmente rivoluzionario o progressista, sono scomparse le speranze e rimane invece solo un vasto terzo stato confuso e magmatico, rivolto più a vegliare le scarse vestigia del passato e che non riesce a coagularsi in propria difesa se non su problemi e fatti circoscritti.

E non c’è che da scoraggiarsi di fronte ai circenses concertistici con i quali si festeggia ormai da troppo il 1°maggio o ai i lindi catechismi della sinistra residuale o alle favolette impudiche sull’Europa solidale: non sono che condoglianze sincere o artefatte per la scomparsa della dignità del lavoro, purché la cara estinta sia tumulata al più presto. Tutto questo avviene nel momento in cui esplode la contraddizione tra capitalismo e società industriale o di mercato, maturati l’uno grazie all’altro, ma che stanno rapidamente raggiungendo lo stato di ossimoro, finora nascosto dalla globalizzazione e dalla messa in campo degli immensi eserciti di riserva del lavoro asiatico a basso costo. Un ritorno all’iniquità che può essere sostenuto ancora solo attraverso la mutazione politica e sociale verso il medioevo, qualcosa che stiamo vivendo e a cui non si riesce ad opporre nulla forse perché tutte le vie d’uscita sono scritte sui fogli di un’epoca precedente. Quella dei primi di maggio con le bandiere nel vento e un progetto di futuro. Quello che è stato rubato a poco a poco senza che i legittimi proprietari se ne accorgessero.