bacioneAnna Lombroso per il Simplicissimus

Sciur paron co le bele braghe bianche … Quando leggo di giuslavoristi scettici sul job act del caporale Renzi, che aspira a diventare un sciur paron, mi consolo della fortuna di aver conosciuto Gino Giugni, che non sarebbe stato scettico, no, sarebbe stato incazzato e avrebbe denunciato senza cautele e distinguo una serie di misure che hanno come unico intento la stabilizzazione del precariato e la cancellazione, con le sue garanzie, con le sue conquiste, con i suoi diritti, del “lavoro”.

A chi gli diceva che lo Statuto dei lavoratori era “insufficiente”, rispondeva con le stesse parole di Marx a proposito della “legge delle dieci ore”: non è solo un grande successo ma rappresenta la vittoria di un principio. Allora per la prima volta l’economia politica della borghesia soccombeva interamente all’economia politica della classe operaia. E dopo e da noi, con lo Statuto, si otteneva il riconoscimento legislativo dei diritti, con una formidabile forza simbolica nello stabilire la conferma del legame tra lotta politica e raggiungimento di livelli di garanzia, l’acquisizione e il consolidamento di una conquista preliminare a obiettivi ulteriori.

Mai come ora quei diritti, quelle conquiste sono insidiate: dalla crisi dalla sovranità nazionale, dall’egemonia del mercato come nuova legge di natura, dalla evaporazione dei grandi soggetti storici ai quali era stato affidato il loro destino, dalla riduzione perfino dei bisogni secondo processi di censura che ci vengono imposti come sacrificio necessario, come ragionevole rinuncia.

Abbiamo vissuto grandi utopie e viviamo tremende distopie. Ci eravamo compiaciuti che le profezie elencate da Francis Bacon nella Nuova Atlantide: “prolungamento della vita, ritardo dell’invecchiamento, cura di malattie inguaribili, mitigazione del dolore, accrescimento delle facoltà intellettuali, trarre nuovi alimenti per combattere la fame, trapiantare da un corpo all’altro”.

Abbiamo temuto la mutazione in homo economicus, condizionato solo dalle leggi del profitto, e accolto come una conquista quella dell’uomo macchina, quando modificare il proprio corpo con la tecnologia diventa un diritto, ampliando la nozione di normalità, ma anche dilatando l’identità personale, con la dimensione del web, della rete, dell’informazione.

Ma se il progresso è come Giano bifronte, l’altra faccia è spaventosa. A quell’elenco di conquiste ormai fanno da contrasto tremendo e distruttivo l’accumulazione e lo sfruttamento di uomini e ambiente, l’avidità insaziabile di pochi ai danni di molti, l’invadenza di poteri forti nelle vite, grazie proprio allo sviluppo di tecnologie, la loro forza di ricatto e la riduzione delle possibilità di riscatto, se il lavoro in una crescita connotata dalla circolazione di prodotti finanziari immateriali, è decaduto a fatica, se l’unico diritto rimasto è conservarsela, se diminuisce chi produce, il suo reddito, la facoltà di acquisto, mentre aumentano le ore, la precarietà, l’arbitrarietà.

La Nestlè si è candidata per far rappresentare dalla Perugina l’azienda pilota dove si sperimenta il Job Atc , proponendo la “flessibilizzazione” dei contratti trasformando i contratti full time in part time. Ora dei 1100 addetti Perugina, 300 sono stagionali: vengono chiamati al lavoro solo per la cosiddetta “curva alta”, da fine estate a Pasqua. Degli altri 800, tutti a tempo indeterminato, circa 260 sono già part time, secondo una formula che ha fatto scuola nell’industria alimentare italiana. Le 30 ore settimanali sono sempre quelle della curva alta arrivando spesso anche fino a 40 o 48 ore a settimana. Tutte le ore aggiuntive a quelle base, vengono poi “smaltite” nei periodi di “curva bassa” (da aprile a fine luglio), magari restando a casa, percependo il mensile, ma senza il riconoscimento di straordinari. E un certo numero, soprattutto nella catena di produzione dei Baci, ha già pagato il prezzo della crisi con cassa integrazione e contratti di solidarietà. Eppure l’azienda ha esternalizzato interi settori, a cominciare dalla capsule della Nespresso, la cui produzione è stata interamente trasferita in Germania.

Comincia dalla Perugina la dolce morte per legge e per riforma, del lavoro e delle sicurezze. E i giuslavoristi perplessi potrebbero cominciare da lì, magari favorendo un ricorso contro il Job Act, che lo porti davanti alla Corte, prima che venga cancellata.

Il governo Renzi vede come la peste bubbonica la spesa pubblica, predilige lo stato leggero, anzi minimo, idolatra il mercato, la flessibilità e a ogni intervento-patacca fa corrispondere un taglio: volete 80 euro al mese a partire da maggio e io do’ una sforbiciata corrispondente di servizi pubblici. E così, volete conservarvi la fatica e il salario minimo e io levo via certezze, garanzie, diritti. Il deficit in fondo serve a quello, la crisi è stata nutrita amorevolmente per quello.

Volete sopravvivere? In cambio via un po’ di ossigeno, un po’ di democrazia, un po’ di libertà.