Mi ha addolorato la scomparsa di Jacques Le Goff, uno dei pochi intellettuali francesi ad aver conservato il nitore dell’intelligenza d’oltralpe, così spesso annegata nella seconda metà del Novecento da orecchianti della cultura tedesca e funamboli della lingua intenti a decostruire Cartesio e ad inventare la categoria del post qualcosa, indizio che il germe del pensiero unico cominciava a far marcire la mela del futuro. Molti probabilmente conoscono i suoi intensi, immaginosi, ma rigorosi libri di storia del Medioevo che hanno cambiato radicalmente l’immagine che si aveva dei “secoli bui”: Mercanti e banchieri nel Medioevo, Il meraviglioso e il quotidiano nell’occidente medievale, L’immaginario medievale per citarne solo tre titoli di uno dei maestri della Nouvelle Histoire.
E tuttavia la cosa che mi ha colpito di più è La nascita del Purgatorio, uscita nei primissimi anni 80, in cui lo storico medievalista racconta la raffinata operazione teologica con cui la chiesa cattolica inventò di sana pianta una nuova dimensione tra inferno e paradiso. Dimensione di patimento e di speranza che apriva una terza via alla nascente borghesia cittadina cui andava data una qualche via di scampo dal manicheismo della dannazione o della beatitudine: il mercante o il grande artigiano era spesso ricco, ma non nobile, colto ma non chierico, non necessariamente prevaricatore e immorale, ma seguace della “particolare” etica degli affari. Col Purgatorio le occasioni di salvezza di dilatano e qualunque peccato può essere sanato con una permanenza nel nuovo spazio ultraterreno, qualunque peccatore allontanato da un destino di perenne castigo. Invenzione geniale che dà oltrettutto alla Chiesa l’occasione di gestire in qualche modo l’aldilà attraverso preghiere, elemosine, messe di suffragio per abbreviare la permanenza del caro estinto tra le fiamme non eterne. E ben presto solo i santi andavano in paradiso e gli eretici all’inferno, mentre un’intera società si auto assolveva o pagava per le indulgenze di cui la Chiesa stessa era la curatrice: la novità teologica divenne quelle centrale in un aldilà non più completamente altro, ma anzi dosato e coordinato da terra. La velocità con cui l’idea di Purgatorio si affermò è testimoniato da Dante che ne fa uno dei gironi della sua Commedia, pochi decenni dopo la fortunata invenzione.
Ciò che mi ha colpito, non subito, ma negli anni, è che per un caso o forse grazie allo spirito del tempo il saggio di Le Goff uscì proprio quando si stava preparando il Purgatorio sociale da parte dei teologi di un capitalismo sempre più ringalluzzito dal declino del grande rivale sovietico. Sempre di più i chierici dell’intellighenzia riducevano le speranze in una società migliore e le loro necessarie utopie a concetto limite, cominciando a recitare preghiere sul capezzale delle cosiddette ideologie, così come i reciproci inferni venivano privati delle fiamme più ustionanti e si affermava una dimensione di sofferenza generale necessaria a presunti e rari paradisi individuali. La solidarietà sociale viene derubricata da terra promessa a pregiudizio antieconomico e la sofferenza dentro i meccanismi del lavoro viene elevata a tribolazione obbligatoria e indispensabile. L’inferno non esiste più , diviene una condizione purgatoriale di base che va accettata in nome di un possibile futuro cammino a riveder le stelle, purché si alzino preci al pantheon capitalista del denaro e del profitto. Il purgatorio diventa nella narrazione della sinistra un riformismo ambiguo, privato della sua tensione verso il futuro, ma volto a limare e ad aggiustare nel territorio della nuova teologia liberista, mentre diventa revanscismo di classe in quella della destra non più conservatrice, poiché occorre distruggere l’abbozzo della società solidale che si era andata formando e dunque letteralmente reazionaria.
Mentre prima paradiso e inferno nelle ideologie in conflitto venivano interiorizzate dai soggetti produttivi, nel purgatorio di recente invenzione il soggetto diviene globale e coinvolge tutta la personalità nell’essere vincente o perdente, vale a dire illuso o disilluso. Un soggetto interamente definito dalle sue relazioni contrattuali e da speranze o colpe puramente individuali nel quale la condizione purgatoriale diviene quella normale.
E l’analogia funziona poiché la narrazione di questa condizione è completamente mitologica, un atto di fede con il suo credo nella crescita infinita- assieme a tutti i suoi correlati – che non è altro che una estensione del presente Purtroppo però in questo caso il purgatorio esiste davvero.
Roberto. molto vero e ben osservato.
Credo che questo post sia uno dei capolavori assoluti di Mr. Simplicissimus (assieme a molti altri che lo rendono secondo me un classico della letteratura politica e della letteratura tout court, perfino candidabile a un premio Nobel – se i premi Nobel fossero una cosa seria). Non mi complimento con lui, lo ringrazio di esistere.
Venendo al post trovo interessante notare che dietro un’invenzione mitologica di successo (o davanti ad essa, nel caso che l’idea economica sia venuta dopo) c’è sempre un interesse economico. E che quello che conta non è il fatto che l’idea di partenza sia assurda ma che sia condivisibile dalle masse, che abbia in sé una carica di desiderabilità immensa che la rende virale e capace di imporsi in tempi rapidissimi, e che, infine, sia in grado di bypassare la ragione in virtù dell’autorevolezza di chi la propone (l’ipse dixit di cui parlavo in un altro commento).
Quanto alla motivazione economica dietro all’idea (poco importa se fosse o no presente nella mente di chi la concepì originariamente) è l’elemento fondamentale che le consentirà di non morire ma anzi di estendersi nello spazio e nel tempo trasformando piano piano il popolo stesso in involontario piazzista di quell’idea, come succede a chi veste un capo firmato e che diventa, suo malgrado, un promotore non remunerato di quel brand.
Anch’io sono addolorato dalla scomparsa di LeGoff di cui sto centellinando proprio in questi giorni “The Medieval Imagination.” Ma qui mi permetto di fare una benevola critica. Per Bacco, questi articoli sono non solo ben scritti, ma molto illuminanti. Ci sono sprazzi di luce verbale di cui avevamo dimenticato l’esistenza nel conformismo (purgatoriale, appunto) della stampa di regime.
Ebbene, non sarebbe male sapere il nome dell’autore, se non altro per congratulare non lo pseudonimo ma il vero “nominem”. Vale! http://www.yourdailyshakespeare.com