Proprio mentre Renzi indossava l’elmo del prode Anselmo, tornando sconfitto da Berlino, un’altro Paese di questa Europa felix, in una sola notte ha aumentato il proprio debito pubblico del 6%, portandolo dal 74 all’ 80 per cento del Pil e sforando di molto anche il limite del 3% di deficit di bilancio, senza che nessuno abbia puntato il dito o detto nulla. Nemmeno Olli Rehn che è sempre lì ad ammonire
Certo i motivi di questo passo non sono quelli così futili di mantenere un po’ di welfare, un po’ di tutele e magari fare investimenti sul futuro, sulla scuola, le infrastrutture, la ricerca o di fare argine all’iniquità, ma qualcosa di molto più importante, per cui tutto è giustificato: salvare una banca. Azionisti e soprattutto obbligazionisti così non ci hanno messo un quattrino mentre tutti i cittadini austriaci hanno dovuto forzatamente partecipare al salvataggio della Hypo Alpe Adria Bank, un istituto di credito recidivo, presente anche nel nord est italiano, che è già stato salvato nel 2009 e semi nazionalizzato, ma che ha trovato modo di fare ancora montagne di debiti per un totale fra perdite e crediti inesigibili di quasi 18 miliardi. Tutto merito della folle espansione della banca nei balcani e delle operazioni sballate che ha costretto lo stato a sborsare già 4,8 miliardi e 3,6 quest’anno.
Si scorporeranno i crediti inesigibili affidandoli a una bad bank, come è diventato di moda, ma alla fine sono sempre i cittadini che dovranno pagare e per giunta, in questo caso, per una banca che era legata al Land della Carinzia e “lavorava” con Jorg Haider, per parecchi anni leader incontrastato della regione che secondo alcuni osservatori sarebbe stato tra i fautori e suggeritori dell’espansione dissennata dell’istituto. Comunque sia ancora una volta è evidente che se si tratta di aiutare i cittadini, l’Europa fa la voce grossa sui bilanci, controlla persino le pulci mentre quando si tratta di salvare una banca tutto è dovuto. Con un vistoso retroscena di cattiva coscienza perché in questo caso, vista la vicinanza con le elezioni europee, la vicenda ha avuto solo qualche titolino solo sui giornali finanziari. Meglio non farlo sapere troppo in giro.
Illuminante il commento del Signor Roberto Casiraghi. Non posso che condividere l’analisi aggiungendo un dettaglio che io credo importante: l’impero americano sta tentando di colonizzare l’Italia usando come strumento/alleato la Germania. Faccio questa precisazione perché sono convinto che, come spesso fanno i grandi finanzieri americani, usano come strategia quella di creare un capro espiatorio, in questo caso la Germania, quando in realtà sono loro che tirano le fila. Ciò è fatto al preciso scopo di tenere lontana l’attenzione pubblica dal reale obiettivo contro cui si dovrebbe combattere e poter agire indisturbati o quasi. E’ stato cosi con la Crimea/Ucraina, con la Siria, con l’Egitto e in tutti i casi in cui hanno tentato di sottomettere un popolo. E’ sempre la stessa storia: creano il conflitto supportando gruppi da loro pagati e poi quando le cose degenerano vanno loro a salvare lo stato e portare la democrazia, la LORO DEMOCRAZIA. Con l’Europa, l’unica differenza che hanno usato rispetto agli esempi succitati, è stata quella di ingaggiare una nazione, la Germania, invece di un gruppo da loro assoldato. Il risultato purtroppo sarà sempre lo stesso: PORTERANNO LA LORO DEMOCRAZIA ANCHE DA NOI IN EUROPA, IN ITALIA. Spero che il popolo italiano acquisti per tempo consapevolezza di ciò e, finche è in tempo. reagisca scacciando con tutti i mezzi possibili il nemico. Altro che partecipare alla gabbia delle elezioni europee.
La cosa che già sapevamo ma che è sembre bello (si fa per dire!) vedere riconfermata è la regola principale dell’Unione Europea: l’arbitrio più assoluto. Come si fa solo a pensare di stare all’interno di una struttura che si tiene in piedi solo grazie a trattati a cui nessuno fa le pulci affinché non rivelino il dissesto logico interno, trattati che si potrebbero buttare dalla finestra dall’oggi al domani solo che… qualcuno non vuole e ci punta la pistola in fronte. Questo è il problema vero dell’UE, il gangster che ci minaccia dall’altra parte dell’oceano e non molla la presa, non la molla da almeno 69 anni.
Purtroppo l’autostima a cui un europeo, come ogni altro abitante del pianeta, avrebbe moralmente diritto è un bene che noi europei possiamo solo sognare, avere no. Si parla spesso della Resistenza come elemento fondante della nazione ma la domanda va aggiornata: di quale nazione stiamo parlando? Di una nazione inesistente? Di una nazione zombizzata? Di una nazione espropriata? Di una nazione intrappolata nella non-nazione europea? E, soprattutto, di una nazione dove nessuno ma proprio nessuno sembra aver voglia di resistere?
Non avendo vissuto il periodo del fascismo e avendo zero ragioni per essere nostalgico non capisco sinceramente in che cosa consista la differenza ormai. Il fascismo provocava le stragi sui treni per obbedire a qualche potenza straniera? Il fascismo comprava armi non funzionanti dai propri nemici? Il fascismo anziché salvare i naufraghi li lasciava morire annegati come facciamo noi quando si tratta di immigrati? Sarebbe interessante fare delle statistiche e vedere quanto l’Italia di oggi abbia “recuperato” nei confronti del fascismo in termini di male assoluto. Negli anni ’60 ero orgoglioso di vivere in un paese antifascista, ora mi sembra invece che l’antifascismo sia diventato solo uno dei tanti avatar del fascismo. Oppure, forse, si tratta solo di un’equivalenza tra fascismo e regime, tra fascismo e potere, con la necessità di ammettere che il potere è sempre fascista per sua natura quali che siano i colori delle bandiere che vengono volta a volta innalzate. In fondo, quando mi capitò di comprare dalle bancarelle dei librai di antiquariato delle pubblicazioni del periodo (tra cui i primi numeri della rivista “Sapere” diretta da Guglielmo Marconi) non mi trovai difronte a mostruosità, piuttosto a una certa impressione di serietà nel senso che chi scriveva non faceva mai il pagliaccio, non faceva il facilone, non usava le armi della confusione e del “dico tutto e il contrario di tutto” che sono tipiche di società come la nostra dove si fa finta di essere indipendenti mentre invece si deve rispondere a un padrone straniero oltreoceanico e questo obbliga a contorsionismi continui e, invariabilmente, a fare della perdita della propria faccia e credibilità l’aspetto saliente della propria attività politica.
Un’ultima osservazione sul discorso del “salvare” le banche dove il rischio dell’equivoco è sempre in agguato. Non ho certo il gusto di salvare le banche ma resta il fatto che se una banca non viene salvata con il denaro pubblico, la conseguenza è che la parte di pubblico che detiene le azioni, le obbligazioni ma anche e soprattutto quella che si limita ad avere degli onesti risparmi depositati sui conti correnti della banca che teoricamente dovrebbe fallire (e, a causa del fenomeno della tossicità, stiamo parlando di TUTTI gli istituti di credito del mondo) è condannata a perdere, sovente, tutto quello che ha. Questo è inaccettabile ed è contro ai doveri di solidarietà (in parole povere, meglio che tutti si accollino un pezzo di debito piuttosto che si rovinino completamente decine di milioni di famiglie).
In più, ed è forse questo l’aspetto che più mi sconcerta, si dimentica troppo facilmente che la ragione del fallimento delle banche non sta tanto in speculazioni selvagge ma nel fatto che qualcuno, dall’alto del suo potere transoceanico, ci ha imposto dei titoli che non valevano nulla con l’inganno, perché come altro potremmo chiamare il fatto che le titolatissime ed espertissime agenzie di rating abbiano potuto garantire che la spazzatura più nauseabonda fosse roba di altissima qualità? E, di conseguenza, non è proprio questo qualcuno che dovrebbe essere chiamato a rifondere i danni? Altro che mettersi a perseguitare le banche svizzere con scuse, che dal punto di vista legale, hanno del grottesco! Nel caso degli Stati Uniti, evidentemente, chi rompe non paga e, anzi, fa pagare gli altri. Quando la finiremo di accettare questa logica aberrante che implica un terrore nei media, nei politici ma anche nell’uomo della strada di uscire dall’ombra protettiva della superpotenza quasi che riacquistare anche un solo minuscolo pezzetto di libertà e di autonomia possa comportare chissà quali rischi esistenziali? E torno all’inizio del discorso: che differenza c’è allora fra fascismo, dove regnava la paura di dire la verità, e questa democrazia dove, ugualmente e tristemente, regna la paura di dire la verità?