Ucraina, ripresi gli scontri a KievMentre i media occidentali continuano a far girare il disco rotto di un Ucraina liberata, con la cacciata del presidente regolarmente eletto da parte dei gruppi paramilitari dell’ultra destra, il ministero degli interni di Mosca ha fatto sapere che è cominciata la distribuzione di passaporti russi agli agenti della polizia ucraina anti sommossa Berkut, molti dei quali per non essere braccati dai democratici golpisti al potere, sono fuggiti. Secondo alcune fonti esterne sarebbero già 10 mila tra poliziotti e militari ad aver abbandonato il Paese, mentre il comandante delle forze navali ucraine, Denis Berezovsky ha giurato fedeltà al popolo di Crimea.

Ma se questo è comprensibile in un contesto come quello ucraino, è meno comprensibile come oltre 143 mila persone abbiano chiesto asilo in Russia e non si tratta della Crimea, ma dell’Ucraina occidentale. Secondo Mosca sarebbero già 675 mila le richieste di asilo negli ultimi due mesi. Anche tenendo conto di una possibile esagerazione nei numeri  non c’è dubbio che Usa ed Europa si siano andate ad infognare in una situazione insostenibile dal punto di vista del diritto internazionale che hanno anche il coraggio ipocrita di invocare dopo averne preparato e appoggiato la violazione.

Ma d’altronde l’Ucraina che è sempre stata nel mirino della Nato, come piattaforma per circondare la Russia e costruire una base per il dominio dell’Asia centrale, ha subito un triste destino: a quasi un quarto di secolo dal dissolvimento dell’Unione Sovietica è rimasta all’epoca di Eltsin, quella in cui i boiardi di stato si sono impadroniti di tutte le attività economiche trasformandosi in oligarchi e scendendo in politica o direttamente o attraverso controfigure per difendere la roba ed arricchirsi. Paradossalmente proprio l’interesse occidentale e la rivoluzione arancione che è costata agli Usa buona parte dei 5 miliardi ufficialmente spesi, ha consentito il protrarsi di questa situazione visto che le amministrazioni Usa, in particolare quelle democratiche, hanno puntato proprio sugli oligarchi e sull’arretratezza del Paese per tentare di sottrarlo all’influenza russa. La Timoshenko, alla guida della Compagnia Generale di Energia, era una di questi, tanto che nel 2005 Forbes la annoverava come la terza donna più potente del mondo anche grazie all’enorme fortuna accumulata. Ed è stato uno più “benestante” di lei, Rinat Leonidovich Akhmetov, 39°uomo più ricco del mondo a puntare su Viktor Janukovic, il presidente deposto e a far scoprire le trame corruttive della ossigenata magnate che in realtà è scurissima di pelo.

Così adesso la soluzione del problema ucraino passa anche se non soprattutto per le mani di quella cinquantina di magnati che hanno un patrimonio complessivo di 120 miliardi di dollari, il doppio del bilancio dello stato. Tra di loro oltre ad Akhmetov, ci sono tanto per fare alcuni nomi Viktor Pinchulk, Igor Kolomojskij, Gennadij Bogoljubov. Il problema è che la grande maggioranza di questi personaggi è insediata nella parte orientale e russofona del Paese e in particolare nel bacino carbonifero del Donbass, così ricco di minerali che Stalin affermò che senza di esso non ci sarebbe stato nemmeno il socialismo. dunque l’ipotesi più ovvia è quella di una secessione della parte orientale del Paese oltre che della Crimea. E’ tutta gente che fa affari soprattutto con la Russia.

Come sia potuto accadere che Usa ed Europa abbiano tentato il colpo di mano senza tenere conto di una situazione che del resto essi stessi avevano contribuito a consolidare, rimane un mistero o forse è tutto dovuto a un’idea sempre più esile della democrazia tanto da poter essere impacchettata come prodotto di esportazione, ambiguo e aperto, adesso lo sappiamo, anche alle soluzioni di forza dell’estrema destra. Forse gli oligarchi non ci sono solo in Ucraina.