Avvengono cose straordinarie in un Paese che esorcizza la morte e perciò stesso ne fa una livella morale e una negazione della vita vissuta dai cari estinti. Così la scomparsa di Straquadanio fa scoprire orizzonti inesplorati e insospettabili del personaggio «politico appassionato e uomo dalla rara intelligenza e sensibilità», come dice Brunetta. Credo che rallegrarsi della sua morte sia davvero da poveri di spirito e tuttavia non si può nemmeno dimenticare d’un botto come egli sia quello di “chi guadagna 500 euro al mese è un sfigato” o quello che voleva le leggi ad personam, invocava il trattamento Boffo contro Fini, non voleva il voto di preferenza (in buona compagnia a quanto sembra), diceva che L’Aquila “stava morendo indipendentemente dal terremoto e il terremoto ne ha certificato la morte civile“, quello che considerava con favore la prostituzione come strumento per la carriera politica.
Tutto insomma pur dimostrare una sgangherata fedeltà a patron Berlusconi da cui si separò solo quando ritenne a torto che sarebbe affondato affidandosi incautamente a Monti. E in questo, come nel resto, Straquadanio meriterebbe a pieno titolo di comparire in un affresco della politica italiana di cui riassume pienamente la tendenza all’opportunismo, alla cialtroneria, al servilismo come approdo della mancanza di veri e concreti ideali, in quella confusione retrograda tra carriere e fini, in cui le prime diventano i secondi. Poi certo aveva una notevole vis polemica e una tendenza anti banale che a un livello assai più rozzo condivideva con Ferrara e che ne avevano fatto un personaggio dalle oscure origini di attivista radicale e di portaborse per la lista antiprobizionista di Tiziana Maiolo.
Anche lui un regalo dell’ambiente pannelliano da cui derivano i personaggi più diversi da Ainis alla Roccella a Della Vedova, Taradash, Panebianco, Teodori, Ignazi, Rutelli, Calderisi, Quagliarello, Pera, Giachetti, dall’ Ur Scafari a Vattimo, Fernanda Pivano, Tinto Brass, Chiaberghe. Quasi tutti, salvo qualche eccezione, finiti nel calderone berlusconiano: una dimostrazione di come certi riferimenti alle libertà personali erano intese in assenza se non in contrapposizione alle libertà sociali o di come i radicali abbiano rappresentato, in un certo periodo, l’opportunità di “essere contro” senza pagare alcun dazio né materiale, né ideologico.
Quindi la storia di Stracquadanio è dentro questo solco dove opportunismo, ambizioni, abilità manovriere, mancanza di idee chiare e distinte, esiguità delle speranze, si fondono nelle carriere della politica. Così che l’epitaffio è semplice: fu uno dei molti per non essere molto.
Davvero, Capezzone merita un posto d’onore nella lista.
Condivido pienamente. Anche lì dove fai l’elenco della variopinta (o monocroma?) compagine politica scaturita dai magnanimi lombi di Pannella. Un solo appunto: nella lista non compare il nome di Capezzone, un’omissione davvero immeritata.