E2MJ87AJ1544-kXFD-U10202151654278ehH-426x240@LaStampa_itAnna Lombroso per il Simplicissimus

Immaginate la cartina d’Italia e voi come dei generali in pensione, quelli che piantavano le bandierine sui teatri di guerra.

Avrete solo l’imbarazzo della scelta tra sconfitte e rese: riviera di Ponente travolta da acqua e frane e isolata dall’Italia, un treno in bilico sul mare, centinaia di sfollati, strade interrotte e la percezione dell’abbandono, del voltar le spalle di istituzioni e amministrazioni. Segue la Riviera di Ponente già provata da passate catastrofi “naturali” e anche là inondazioni, smottamenti. Ah ecco acqua alta a Venezia, che si ripete, in attesa di diventare ancora meno periodica grazie a scavi dissennati. Nel modenese, in Emilia, straripano i fiumi in territori già feriti dal terremoto. Che nevichi a Cortina sembra una buona notizia, ma in verità non dice nulla di buono a proposito del cambiamento climatico e degli eventi estremi che genera. Ah dimenticavo, naturalmente il vicentino non ha avuto tempo di dimenticare l’ultima alluvione che ne arriva un’altra. La dolce Lucchesia è in stato d’allarme e sono già cominciati gli sgomberi di interi paesi. A Roma si registra il rituale, sapiente disordine: alberi che cadono, stazioni metro allagate, traffico impazzito. Scendiamo un po’ e facciamo finta che il terremoto sia un fenomeno naturale come è e imprevedibile, tanto che la Campania (oggi registrate scosse di una elevata intensità) è oggetto di proposte di legge per condoni edilizi, particolarmente propizi in territori sismici. Avrete bisogno di un bel po’ di bandierine per la Calabria, non solo per il Sarno, per la sua geografia brutalizzata, esposta a qualsiasi evento anche non estremo, vulnerabile, ma anche per una scriteriata coazione a ripetere oltraggi: armi chimiche a Gioia Tauro, una immensa discarica bel collocata come un monumento eretto alla divinità del malaffare e dell’incompetenza, e speriamo che non piova e non si siano scosse telluriche. Il maltempo sta scendendo e dovrete attrezzarvi per puntale lo spillo su Messina o risalire un po’ perché stavate dimenticare la Sardegna, le ultime catastrofi che si sono accanire sull’isola e che mostrano ancora evidenti sacrifici.

Piove sul bagnato. E serve proprio un generale in pensione per tenere il conto delle battaglie perse dall’ambiente, dal paesaggio, dal suolo, dalle risorse, da tutti noi nella guerra mossa da profitto, speculazione, malaffare, corruzione, indifferenti al bene comune e all’interesse generale, ma anche intesa a incrementare rovina per permettere una proficua alienazione e svendita a basso prezzo del Paese a acquirenti amici.

È ormai perfino banale dire che lo stato disastroso in cui versa il Paese è frutto di un modello di sviluppo dissipato, intensivo, ispirato dalla demoniaca convinzione che le risorse a disposizione dell’uomo siano illimitate e infinite come la pazienza dell’universo. È ormai ovvio dire che bisognerebbe orientare nuovi modi della crescita verso la tutela e che in tal guisa gli investimenti per la protezione sarebbero inferiori ai costi della riparazione. È perfino risaputo che ambientare lo sviluppo tramite l’economia verde, potrebbe essere la strada per creare occupazione qualificata, facendo dello Stato il general manager di opere finalizzate alla riqualificazione e alla salvaguardia.

Ma ormai la sensazione è che tutto questo sia ovvio, banale, risaputo, perfino condiviso. Ma che sia tardi. Che non ci sono i quattrini nemmeno per tirar su un vagone, che i pochi che si avevano si sono spesi a raddrizzare una nave. Che una regione sottoposta a tutti i test di resistenza all’oltraggio, sia in condizione di essere svenduta ai Grandi come discarica temporanea o permanente. Che una volta prodottasi una catastrofe largamente generata da cattive politiche, è meglio lasciare che scenda l’oblio aiutato da media intermittenti, che se possono i cittadini interessati se la cavino da soli, che anzi la latitanza dello stato e di chi decide venga addirittura vista come una benedizione. Così che i piccoli, diffusi ricatti operati ai danni delle persone, del lavoro, dei diritti, delle certezze, delle garanzie, della conquiste, si assommino in un ricatto generale: arrangiatevi o andatevene se potete, arrangiatevi a costo di rinunce, anche alla legalità, anche alla dignità, oppure vi verrà tolta anche la sopravvivenza e il gommone dalla Protezione civile.

Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampante terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale, è stata più o meno questa la profezia di Roberto Orsi della London School of Economics, che prevede la scomparsa in 10 anni del nostro Paese dallo scenario, scomparsa politica, economica, sociale e culturale.

Sarà smentito, andando avanti così ci dissolveremo dolorosamente e implacabilmente molto più in fretta.