images (6)La cosa più singolare di tutta la vicenda non è tanto l’annullamento delle elezioni regionali in Piemonte, quanto il fatto che nemmeno dopo 30 secondi dall’uscita della notizia è giunta la candidatura di Sergio Chiamparino a governatore, mentre di Mercedes Bresso, vittima dei raggiri leghisti e forzaitalioti nonché presentatrice del ricorso e dunque soggetto naturale di una ricandidatura, si sono perse le tracce.

Sì, storia singolare per le circostanze, paradossale per il fatto che l’auto candidato Chiamparino – oggi presidente della potente Compagnia di San Paolo che in pratica governa la quasi omonima banca – è a sua volta indagato per abuso d’ufficio, mentre sul suo passato di sindaco di Torino ballano sui tavoli 3 miliardi e mezzo di deficit, mica noccioline, frettolosa nel riparare gli affari dalle incertezze delle elezioni dietro un nome “sicuro”. Allo stesso tempo però è anche una storia illuminante dell’attuale momento politico se è vero che Chiamparino è uno degli uomini più in vista di Renzi, che a Torino le tessere del Pd sono raddoppiate in vista dei gazebo, che l’ex sindaco più amato d’Italia nonostante il suo eloquio soporifero, è stato ed è uno dei portatori d’acqua di Marchionne.

Il fatto è che Torino nei venti anni del berlusconismo è stata il laboratorio di un’altra versione di trasformazione politica resa possibile dalla onnipresenza della Fiat: un tentativo di alleanza tra la borghesia degli affari e della produzione, banche e intellighentia universitaria con la città comunista e operaia guidata dal Pci, post muro di Berlino.  I risultati finali di una dialettica finita in pappa e ciccia sono ora drammaticamente visibili sotto la Mole come direbbe il buon cronista di provincia, ma sono stati al tempo stesso le linee guida nazionali di una politica che dal Pci ha portato dal Pds, ai Ds, al Pd e infine al renzismo che è l’erede finale di questo declino e di un patto dove una parte ha tutto da guadagnare e un’altra tutto da perdere. Indovinate quale. Secondo uno studio del professor Belligni 120 persone e quattro famiglie di potere coordinate nel clan Castellano – Chiamparino hanno fatto il bello e il cattivo tempo a Torino, costruendo di fatto un’oligarchia attorno alla corte degli Agnelli, ma abbastanza solida da poter fare anche a meno del sovrano campando di Olimpiadi e di affarucci.  E la stessa cosa, moltiplicando un po’ i numeri, si potrebbe dire della realtà nazionale.

Così se il berlusconismo ha ridotto l’Italia a brandelli, la fuoriuscita da queste logiche non va incontro a un rinnovamento e a una rinascita, ma si sta arenando proprio sul modello Torino il laboratorio che ha dato le ali al veltronismo del Lingotto e oggi al chiamparino soda di Renzi. Uno stile diverso, un berlusconismo destrutturato e “ricettato” in maniera peculiare. Ma purtroppo sempre la stessa minestra.