Se si fosse messa in piedi una commissione di saggi per studiare il modo peggiore di gestire la vicenda Priebke, non sarebbe stata capace di suggerire mosse più stupide e assurde di quelle che si sono verificate. Anzi a dire la verità in un Paese decente la questione della sepoltura avrebbe dovuto essere affrontata già molto prima della morte del boia delle Fosse Ardeatine che non era un avvenimento di là da venire vista l’età. E naturalmente la cosa migliore sarebbe stata una rapida cremazione e poi la dispersione delle ceneri o il trasporto in un cimitero di guerra tedesco in Italia. Se la Germania non vuole le spoglie tuttavia il governo tedesco ha un organismo, il Volksbund Deutsche che si occupa di curare questi cimiteri e certamente si sarebbe potuta trovare una soluzione a Cassino, a Costermano, a Pomezia o al Futapass.
Ad ogni modo visto che niente era stato pensato prima ci siamo trovati di fronte a un prefetto incapace, che ha evitato disastri solo quando era Manganelli a guidarlo, il quale ha voluto forzare la mano e imporre una soluzione grottesca, ordinando i funerali nonostante l’opposizione del sindaco e della popolazione di Albano, andando persino a scovare preti lefevriani. Mentre tutti gli altri invece di far funzionare il cervello si sono limitati a dire no o si. E soprattutto ci siamo trovati di fronte a un Paese che con assoluta determinazione non vuole fare i conti col proprio passato, che riesce a dividersi anche di fronte a un piccolo funzionario dell’orrore, qual era Priebke anche se i media lo hanno trasformato in un importante gerarca (vedi qui). Persino di fronte all’ufficiale nazista, rappresentante di un esercito di occupazione, che ha fatto fuori 335 italiani, con la servile complicità di connazionali che si erano messi a servizio dopo aver portato il Paese alla sconfitta. La battaglia di fronte al feretro è solo uno squarcio in quella tela di ipocrisia profonda che mentre “condanna” a parole permette poi che Casa Pound abbia soldi e case in regalo, che si svolgano manifestazioni neonaziste in ogni dove, che erige mausolei ai boia conclamati della Repubblica di Salò, che coltiva ogni ambiguità in merito alla memoria. Il caso Priebke nasce anche da questo. E basta leggere anche alcuni giornali a stampa e on line per capire di quale gentaglia squallida e ottusa si sia riempita l’informazione.
Su tutto domina una fumigante sottocultura cattolica secondo la quale i morti sarebbero tutti uguali, che di tutti bisogna avere pietà, una volta andati. E’ un’ideologia che non mi appartiene affatto, che mi è del tutto estranea visto che nasce dal presupposto che il giudizio finale è appannaggio di entità metafisiche e che la vita terrena è nulla di fronte a quella ultraterrena. Niente affatto, se ciò che siamo stati venisse azzerato con la morte saremmo solo ombre: un pensiero del genere serve solo ad assolvere la malapianta. Anzi quello di detergere le colpe di fronte alla bara è la più sanguinosa offesa che si possa fare a una persona, come dire che la sua vita è stata niente. E adesso questa sottocultura serve anche a giustificazione dell’incapacità del prefetto che dice “non potevo negare una benedizione cristiana”. Non sappiamo nemmeno se Priebke la volesse e comunque non è nelle funzioni di un rappresentante del governo badare alle anime o imporre sue visioni: se ha questa sensibilità doveva farsi prete e non prendere uno stipendio con i soldi dei cittadini. Ma si sa che in questo Paese si bada solo ai diritti dei non nati e dei morti: i vivi si arrangino.
Quindi non mi scandalizzo affatto di chi non vuole Priebke sepolto nel cimitero dove sono sepolti i suoi cari, magari alcuni ammazzati per ordine del caro boia estinto. Ma di fronte a questa incapacità di fare i conti con la storia e con le idee che si traduce in comportamenti equivoci e doppi, in continui revisionismi e assoluzioni anche da parte della ex sinistra, ecco che il Senato trova una sorta di scappatoia e vota l’introduzione del reato di negazionismo che è poi il modo peggiore di surrogare la mancanza di una cultura di libertà e progresso che non si è mai davvero affermata. E’ una legge, semmai sarà davvero approvata, che testimonia di un fallimento.
Ho scoperto delle cose:Fino al 1850 gli ebrei di Roma vivevano reclusi nel ghetto e uscendo di casa dovevano rendersi riconoscibili.Posizione non molto dissimile da quella nazista di qualche decennio dopo.
La rappresaglia era uno strumento di guerra regolato dalla convenzione di ginevra. nella misura massima di 10 : 1.ne hanno ” usufruiti anche i partigiani.
Questi stessi pianificarono l’ attentato alle truppe tedesche sapendo di esporre la popolazione alla vendetta.
E all’attuarsi di questa si guardarono bene dal costituirsi.
Decine di ufficiali alleati pianificarono azioni di massacro di civili senza che vi fossero vantaggi sul piano bellico – Dresda su tutte-.
Se alla morte di questo malvagio essere il sindaco di Roma non avesse voluto ergersi a persona falsamente disgustata .essero
Se la chiesa la smettese una volta per tutte con l ‘ipocrisia
Se l’avessero seppellito in forma privata senza che ne sapesse niente nessuno..
Quante sciocche polemiche avremmo evitato-
P .S
A scanso di equivoci:
Sono Antifascista,antinazista,berlusconi mi sta sulle balle e a destra proprio non mi riesce di voltarmi
Buongiorno “Il porto delle nuvole”, innanzitutto La ringrazio per essere intervenuta perché in questo blog è difficile avere una discussione, principalmente perché i post dei due principali autori sono talmente straordinari che, di solito, c’è ben poco da aggiungere.
Le rispondo che i crimini non si cancellano. Detto questo, io ho però chiesto al titolare di questo blog se condivide l’opinione, un tempo tipicamente di destra e oggi invece diffusissima anche negli ambienti di sinistra, secondo cui se uno fa del male a questi livelli, ma anche a livelli molto minori, deve essere lasciato marcire in carcere e non solo condannato ma anche maledetto e odiato oltre la morte.
Un tempo l’idea che il condannato, qualunque fosse il suo crimine, dovesse essere recuperato e reinserito nella società era ovvia, salvo che per la destra più retriva.
Se oggi non è più così, non mi riconosco in ciò e lo considero un segno di decadenza e barbarie. Opinione personale, indubbiamente. Ma è l’idea che offre l’unica barriera possibile a degenerazioni che vediamo soprattutto in altri paesi:
– condannare a morte per qualsiasi tipo di reato, anche di opinione (Cina, Iran)
– condannare all’ergastolo o a lunghe pene detentive chi si sia macchiato di reati insignificanti per più di tre volte (cosa che piace molto negli Stati Uniti)
– condannare persone che hanno commesso più reati, sommando gli anni di pena dei singoli reati commessi e arrivando quindi a grottesche condanne di centinaia o migliaia di anni di carcere che sanno molto di sadismo fine a sé stesso più che di giustizia (Stati Uniti ma anche, più recentemente e incredibilmente, Spagna)
– condannare minori anche di 10-11 anni a pene carcerarie anziché ad un recupero in riformatorio (di moda in Inghilterra)
– linciaggio tout court (India)
– condanne a morte dettate da frettolose esigenze politiche o elettorali (India)
Bisogna decidere una volta per tutte se vogliamo una società repressiva e sadica (come se già non lo fosse abbastanza!) o se vogliamo invece mantenere i frutti di una civiltà giuridica che ci è stata tramandata e che combina in modo ammirevole principi di giustizia e umanità senza voler per questo attenuare in alcun modo la gravità dei crimini commessi.
Non serve aggiungere che molti che si dicono cristiani e poi si esprimono in un certo modo su Priebke sono poco valutabili, nel senso che non so neanche più se vadano considerati come dei poveretti senza alcun senso della coerenza, capaci di volere ma non di intendere, o semplicemente delle persone che sono cristiane per caso più che per intima convinzione.
Noto poi il classico paradosso di chi vuole la punizione di una persona oltre la morte e non si rende conto di star mettendo in campo la stessa carica di odio, ossia di distruttività, che è alla base dei tremendi crimini contro cui si scaglia. Non è un caso se una tipica manifestazione dell’odio oltre la morte sia la faida, in cui l’odio per l’assassino di un congiunto supera anche i confini del tempo per trovare soddisfazione nell’omicidio di un discendente dell’assassino, che è ovviamente del tutto innocente. Ma tant’è, con l’odio non si ragiona.
Infine faccio presente, non come esimente ma semmai come aggravante, che le istituzioni (tipicamente l’esercito) offrono una troppo ampia copertura di atti di criminalità pura. Se l’ordine di buttare una bomba atomica contro una popolazione innocente a Hiroshima o Nagasaki tende ad essere visto come un atto di guerra per cui l’autore del lancio non verrà considerato un boia ma un eroe (ed è una cosa per me inaccettabile), ci sono infiniti casi in cui la riduzione in schiavitù della popolazione, l’assassinio o lo stupro di massa costituiscono parte integrante del piano di conquista di un territorio straniero. La storia, anche recente, è piena di episodi di questo genere ma l’odio verso chi è ultimativamente responsabile della schiavitù, dei genocidi e degli stupri è di solito silenziato, inespresso o del tutto inesistente. Questo mi fa pensare che la fenomenologia dello sdegno sia anche qui lop-sided, squilibrata e, chissà, orientata politicamente per far nascere vettori emotivi di odio per uno scopo preciso, e sempre contando sull’irrimediabile ingenuità e condizionabilità di buona parte della popolazione.
Come ho detto anche nel mio precedente intervento, capisco completamente il sentimento dell’odio in un contesto personale in cui ci si senta toccati, anche al di là dell’appartenenza familiare o della propria cerchia di amici e conoscenti, dalla percezione quasi fisica dell’orrore dei fatti di cui è responsabile Priebke. Ma ribadisco che non posso accettare l’odio da peer pressure o la traslazione dell’umanissimo sentimento dell’odio in un programma ideologico/politico di demonizzazione delle persone che ci riporta dritti filati al di qua dell’illuminismo e, addirittura, del cristianesimo nella barbarie della concezione veterotestamentaria dell’occhio per occhio dente per dente in cui Dio, offeso dalla disobbedienza degli uomini, salva Noé e la sua famiglia, ma spegne, con l’assurdo diluvio, tutto il resto dell’umanità, bambini e neonati compresi che non potevano essere peccatori se non per “odio oltre la morte”, ovvero in quanto eredi di peccatori.
@Roberto Casiraghi Lei pensa che crimini come quelli di Priebke si possano davvero cancellare o pagare con il carcere? Lei pensa davvero che sia possibile paragonare un ladro con uno sterminatore di gente inerme che non si è mai pentito, mai, e che anzi pare abbia lasciato un “testamento” ai posteri dove neghi (o approvi boh!) la Shoa? Non ho letto odio nelle parole di Alberto, semmai disgusto per la solita classe dirigente da macchietta che non sa governare e gestire NESSUNA SITUAZIONE, NIENTE. Era prevedibile che dopo la morte di quest’uomo che in sè comprendeva il nulla abissale della distruttività, ed era un nulla, si accrocchiassero alla bara, i soliti nostalgici oligofrenici del nazifascismo, con il braccetto destro alzato. Si era prevedibile. Ma naturalmente non hanno saputo gestire nemmeno questa situazione. Per me avrebbero dovuto seppellirlo in silenzio.Se fossero intervenuti avrebbero potuto getsire la cosa consegnando Priebke al nulla, alla damnatio memoriae. Comunque il prete lefreviano che ha celebrato la messa era talmente carico di pietas che ha detto che dare la comunione a Luxuria è stato peggio che celebrare i funerali a Priebke. Un bell’esempio di pietas che gronda dalla cieca intolleranza di un inquisitore disoccupato: ha avuto la sfiga di mancare i secoli adatti. Per alcuni uomini l’unica pietas possibile è l’ndifferenza e l’oblio.
Sinceramente non La capisco. Se Lei non ha avuto congiunti o amici uccisi da Priebke, il suo odio oltre la morte non mi sembra normale. La pietas non ha a che vedere con il cristianesimo e neppure con il buonismo, è un tratto di civiltà e di credibilità personale, direi addirittura di equilibrio mentale e intellettuale. Priebke non c’entra. E’ Lei che c’entra. Se Lei difetta di pietas non posso avere alcuna fiducia in Lei neppure quando dice delle cose giuste perché vai a sapere quando Lei da sensibile e raffinato analista dello stupidario politico e sociale contemporaneo deciderà di trasformarsi, come ora, in un bypassatore di umanità che sembra non rendersi conto di quanto usare la materia prima dell’odio assoluto contro chi dell’odio assoluto aveva fatto una bandiera politica svilisca innanzitutto la causa della civiltà, facendoci regredire tutti alla barbarie dell’occhio per occhio dente per dente, alle perpetue guerre civili, alle cieche distruzioni di massa.
Se Lei non pensa che il carcere, in cui non andranno mai a finire personaggi politici mondiali responsabili di massacri di ben più ampie proporzioni, sia stato un’adeguata punizione per Priebke, è allora a favore della pena di morte per certi reati? O magari della tortura? Si spieghi meglio. Se il carcere, come crediamo noi buonisti, serve al reintegro del reo nella società, perché definire Priebke un boia? Lei continuerebbe a definire “ladro” una persona che ha scontato in carcere il reato di furto e ha saldato il suo debito con la società? Anche dopo morto continuerebbe a chiamarlo “ladro”?
Tabuizzare le persone, identificarle con il male assoluto, è un volgare strumento politico per acquisire facile consenso. E, soprattutto, è un modo per non spiegare mai nulla, per avere l’alibi di non dover approfondire e spiegare, forse per non trovare le cose imbarazzanti che non vogliamo trovare.
Lo stesso odio oltre la morte che Lei rivolge a Priebke, in Inghilterra viene comunemente diretto a qualsiasi persona che nella sua vita abbia commesso certi reati sessuali. In India viene diretto alle comunità di diversa religione o casta, a prescindere dunque dalla commissione di reati o crimini. In Italia sono gli zingari a fare spesso le spese di quest’odio così totalitario e, in misura minore, gli extracomunitari. L’odio, che è una componente indissolubile della personalità e della psiche umana, non deve però trasformarsi anche in una componente della nostra cultura perché è da lì che nascono i pogrom, quando giustifichiamo l’odio e ci scriviamo su dei libri, come si è fatto per secoli. E, secondo me, nonostante Lei a titolo personale abbia ovviamente tutto il diritto di detestare chi Le pare, quando scrive dovrebbe cercare di aiutarci a capire e non contribuire alla grande semina della pianta dell’odio, il tipo di semina che, per come siamo fatti noi umani, più facilmente attecchisce.