pesce-marcioL’uomo della trattativa non sta nei corridoi in penombra, ma siede sul colle più alto da dove, scusate la formulazione un po’ letteraria, auspica alla luce del sole che si faccia il buio. E ieri per incitare a prendere e perdere tempo, Napolitano ha in sostanza detto che Berlusconi  e uno dei “pilastri della nostra convivenza nazionale senza i quali tutto è a rischio”. Certo non ha fatto il nome del Cavaliere, ma il senso era quello, l’invito a non mettere a rischio la Santa Alleanza che ha ammorbato e devastato il Paese, a tutelare quella consociazione di fatto che il presidente con vivo e vibrante maneggio è riuscito a far diventare palese e oltretutto anche pilastro.

Il pesce puzza dalla testa e del resto il primo bi -presidente della storia repubblicana è stato eletto proprio perché espressione dello spirito consociativo tra la  politica residuale della società italiana, la mancanza di etica della destra e la perdita di ideali e di progetto della sinistra. Il suo merito è stato quello di rendere compatibili e organiche queste due mancanze, di farle convergere nella figura di Berlusconi come idolo o come avversario. E adesso dall’alto dei cieli di Roma è diventato il vero nodo gordiano della Repubblica, il vero punto di intreccio non solo della salvazione di Silvio, ma anche nel progetto di sfascio della Costituzione e nella preservazione di ogni anomalia italiana. La nomina del ragazzo di bottega Giuliano Amato alla Corte Costituzionale, è l’ultima gioiosa novità che viene dal Quirinale, un’altro piccolo golpettino di cuore.

Così si andrà avanti a lungo nella danza rituale della espulsione di Berlusconi, mentre ai bimbi d’Italia Saccomanni e Letta raccontano la favola della ripresa o dei costi dell’instabilità, quando è ovvio che il governo dei rimandi è la iattura più grande che ci si potesse aspettare, che il Pd ha tutto l’interesse a tenere le cose nel vago e Berlusconi non ha l’intenzione di fare adesso una crisi che lo affonderebbe. Che tutto finirà in un’appiccicosa melassa a meno che non ci sia un’insubordinazione aperta al Colle. La stabilità del nulla diventa allora il nuovo feticcio, la nuova commedia e scopriamo che Letta si auto valuta un miliardo quando non lo si vorrebbe nemmeno regalato.

Chissà allora quanto vale Napolitano. Tanto oro quanto pesa. Bè magari non proprio oro.