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Gli ignobel per la pace

obama-nobel-2009Quando si nasce con la camicia non c’è nulla da fare. Perciò come non invidiare il popolo siriano che dopo tante tragedie avvenute nell’indifferenza altrui, ora si appresta a sopportare nuovi bombardamenti e scariche di missili, ma non da un guerrafondaio qualsiasi, bensì da un premio Nobel per la pace.  Da una persona così equanime che sebbene le foto satellitari dimostrino che ad usare i gas siano stati semmai i ribelli, non si sa bene di quale specie , egli lancerà i missili come monito contro Assad. Le vittime innocenti che non amncheranno, saranno onorate per la partecipazione.

Qualcuno adesso chiede che sia revocato quel nobel dato così incautamente al presidente americano, ma invece è bene che se lo tenga e che appaia in piena luce tutta la trama di convenienze e di poteri da cui nascono queste nomine che quasi sempre vanno a onorare e premiare personaggi che fanno comodo o che hanno servito la guerra dalla parte giusta, ossia la stessa dei premianti. A fare l’elenco raramente si sfugge a questa logica: da Wilson, il presidente americano che pose le basi per la seconda guerra mondiale, a Kissinger, al Dalai Lama quando faceva comodo in funzione anti cinese, a Lech Walesa, a Liu Xiaboo, a Jimmy Carter, al El Baradei, Sadat, Arafat, Begin, Al Gore e l’elenco potrebbe continuare a lungo. Qualunque cosa si possa pensare dell’opera svolta da molti di questi è evidente che nella massima parte dei casi la pace non c’entra un fico secco: conta invece il ruolo che è stato attribuito loro dall’occidente e dagli Usa in particolare. Conta la loro battaglia o la loro resa, come nel caso di Gorbacev. Oppure, quando vengono scelte persone sconosciute ai più si tratta sempre di affermare un punto di vista, le ragioni di un potere.

Non è certo un caso che Gandi non sia mai stato insignito del riconoscimento, nonostante la sua candidatura sia stata presentata più volte,  forse per quel vizio della non violenza o forse perché il comitato norvegese che si occupa del premio non voleva mettersi urto con la Gran Bretagna. Del resto sono state più seriamente prese in considerazione le candidature di Mussolini (proprio l’anno della guerra d’Etiopia), di Stalin e persino di Hitler nel (1939). Non ci possiamo stupire di Obama, ma piuttosto del fatto che un premio così ipocrita esista ancora. Se per i Nobel normali, pur nell’estrema parzialità e nelle alchimie per nazione, almeno l’Accademia di Svezia può trincerarsi dietro qualcosa,  è del tutto evidente che quello della pace non può essere conferito da una rarefatta assemblea nei pressi del circolo polare artico la quale poteva essere considerata abbastanza fuori dai giochi 80 anni fa, ma che adesso c’è dentro mani e piedi manifestando la propria marginalità col divenire megafono dei più forti e dare medaglie sotto dettatura. 

Al di là della Siria è mai possibile avere un Nobel per la pace che è riuscito ad aumentare le spese militari fino ai 730 miliardi di dollari del 2012, dimostrando così di voler perseguire una politica di centralità mondiale soprattutto attraverso l’apparato militare? Certo il premio non si può revocare, non c’è questa possibilità nello statuto e Obama non può certo restituirlo almeno finché è in carica per ovvi motivi di immagine presidenziale. Ma forse sarebbe il caso di riflettere sull’opportunità di eliminare questo riconoscimento, oppure di cambiarne totalmente i criteri e affidarlo a un’assemblea formata dagli stati che aderiscono all’Onu.

 

 

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