locandina-menzogna-2Anna Lombroso per il Simplicissimus

Viviamo sotto un cielo di menzogne.

Le superpotenze  accolgono l’insegnamento delle crisi del passato, la cui  festosa soluzione si è trovata nella guerra, per guarire  dalla recessione,  sia pure e a costo di lutti e terribili disuguaglianze, con le ricostruzioni. Così invece di andarsi a leggere ordinativi e fatture nelle banche date dei loro  signori delle armi, raccontano di atomiche, gas, contagi, mostrando Kerry come un tempo Macnamara, Powell, generali e civili, si fa per dire, con in mano le prove, le provette, i documenti, in un esercizio di finzione globale e convenzionale, cui non conta che nessuna creda a cominciare da loro, che vale la recita sul palcoscenico planetario.

Così aerei decolleranno, bombe verranno sganciate, gente morirà, altri fuggiranno verso lidi che credono siano sicuri in nome di altre bugie, e provvidi, e ricchi, dentro una guerra bugiardamente chiamata pace, chiamata “democrazia”, in virtù di una aberrazione semantica, addirittura, missione umanitaria.

Alle acrobazie incresciose di un condannato per sfangare non la galera, che tanto non gli spetta per limiti d’età malgrado la chirurgia estetica, la chimica, il parrucchiere, si risponde camminando sul filo della fermezza verbale cercando espedienti ingegnosi, stratagemmi ipocriti, compromessi pretestuosi, offre dogli scappatoie, scorciatoie, riscatti formali nel totale disinteresse di morale, legalità, giustizia. Alla fine succederà come nei giochi dei ragazzini: una penitenza, un bacio alla ragazzina coi ricci, una domanda impertinente a un passante e è fatta.

Raccontano di togliere una imposta iniqua, che iniqua non sarebbe se – come avviene ovunque – fosse pagata nelle giuste proporzioni, in base a valore e reddito e volume delle proprietà. Ma la sospendono per trasformarla in qualcosa di più perverso,  una tassa sulla proprietà e sui servizi, obbligatoria per tutti compresi gli inquilini, che salva grandi rendite e grandi possessi immobiliari, ville e manieri, costruttori e fondi, derivati e banche. Ai quali basta la verità di essere esentati da una tassa per i ricchi, pochi, che risparmi i poveri, molti.

Lo fanno governi che mentono sulla loro natura e qualità: tecnici ignoranti e incompetenti, manager che non promuovono, non producono, non realizzano guadagni, intenti solo ai profitti degli azionisti, ai loro stipendi, a giocare alla roulette della finanza, riformatori impegnati a farci tornare indietro per stare fermi sulle loro posizioni di comodo,  determinati a farci perdere al forma di cittadini per assumere quella di servi. Che hanno negato una crisi da loro  promossa, favorita finché non è tornato loro comodo esaltarla e brandirla come un’arma per costringerci all’ubbidienza tramite al paura.

E tutti dicono di farlo per il nostro bene,  con una narrazione pedagogica e autoritaria raccontata da oligarchie proterve e dissennate che trattano i popoli da ragazzini mal cresciuti, stupidi e ignavi da raddrizzare per trasformarli in eserciti senza volontà, pronti ai comandi di padroni del sfruttamento come della guerra. E tutti giustificano la dissimulazione, l’inganno e la menzogna in quanto strumenti legittimi per l’ottenimento di fini politici, se non addirittura per il consolidamento dei quella democrazia ridotta a  prodotto da esportazione, a conferma che in casa non ce la vogliono proprio.

Vorremmo non credere come in tanti pensatori, da Machiavelli a Arendt, che Politica e Verità   si autoescludano. Forse configgono poteri e verità. Allora non ci resta che riprenderceli, politica, poteri e verità, insieme.