Mentre Marchionne fa il “saggio” e ricatta il Paese contro la Costituzione, Saccomanni racconta barzellette oscene sulla ripresa in atto, mentre la disoccupazione aumenta, la precarietà a vita è decretata dall’Expò e la marcita del Parlamento si occupa del ridicolo, democristiano, decreto del fare, niente più che uno scherzo da prete, c’è un’altra notizia che è come una luce abbagliante sulle responsabilità del disastro.
Il fatto che il rapporto debito -pil abbia sforato il tetto del 130% non è certo una sorpresa, anzi era assolutamente prevedibile e in linea con le magnifiche sorti progressive dell’austerità. Nondimeno è un atto di accusa preciso e ineludibile nei confronti del Colle che in via formale è politicamente irresponsabile, ma di fatto è il principale colpevole delle scelte che ci stanno trascinando verso il baratro. La rielezione di Napolitano, come garante del disastro e della sospensione etica, addossa al sistema politico nel suo complesso l’accusa di reiterazione del reato. Lo rende aggravato e continuato.
Dico il Quirinale perché nell’estate del 2011 proprio da Napolitano venne il monito a considerare la riduzione del debito pubblico come un’assoluta priorità, secondo i dettami del qualunquismo liberista della Bce e di Bruxelles. Da lì derivarono poi l’ incarico a Monti e successivamente l’ordito dell’inciucio. Solo che nell’estate del 2011 il rapporto debito -pil era al 120%. Ed è straordinariamente aumentato nonostante i massacri sociali perpetrati. Quindi delle due l’una: o le strategie politiche intessute da Napolitano per conseguire la riduzione del debito si sono rivelate fallimentari oppure l’obiettivo stesso era in sé insensato e il presidente ha lavorato per la rovina del Paese. Di fronte a questa situazione che si è andata delineando con chiarezza fin dalla primavera del 2012 e non si presenta dunque come un fulmine a ciel sereno, ci si sarebbe aspettati che l’inquilino del Colle se ne andasse alla chetichella alla fine del suo mandato cercando di far dimenticare i suoi errori e invece, con un ‘unicum nella storia della Repubblica ha fatto appello alla complicità del sistema politico per essere rieletto, nonostante l’età, ma solo quella, veneranda come garante della linea del disastro oltreché della sopravvivenza berlusconiana.
Potremmo fare varie ipotesi per capire la radice di tutto questo: la sopraggiunta mancanza di lucidità sostituita man mano dalla vanità, lo sfascio di un sistema politico che cerca di tenersi in piedi con il sostengo reciproco, il cedimento indignitoso verso pressioni esterne è, chissà, magari anche qualche sussurro che viene da cassetti finora chiusi a chiave. Probabilmente tutti questi fattori hanno un loro ruolo, ma la cosa avvilente è che un intero Paese di fronte alla chiara dimostrazione del fallimento, cerchi di voltare la testa dall’altra parte e di non trarre le conclusioni dalle cifre impietose che pure vengono diffuse. Non solo il ceto politico che si aggrappa all’arca della sopravvivenza, non solo il sistema mediatico con l’istinto della genuflessione, ma anche buona parte dei cittadini che conservano per motivi del tutto inesplicabili una qualche forma fiducia nel Quirinale. Almeno secondo i sondaggi.
Tanto che una durissima lettera di Bertinotti al Corriere contro Napolitano oligarca e sottrattore di democrazia, è stata del tutto ignorata. Certo il personaggio è quello che è, anch’egli in qualche modo un reperto del passato, ma visto che fa notizia quando va ai matrimoni delle vippe, non si vede perché debba essere snobbato, quando parla del bisnonno della patria. E’ anche da questo che si vede come tiri una pessima aria.
L’obiettivo di Monti-killer era di limitare l’indebitamento PRIVATO del Paese (se l’economia Italiana riparte, aziende e famiglie consumano prodotti importati, perché produrli in Italia non conviene più), e lo ha fatto da par suo aumentando l’IVA e tassando a manbassa. Ovvio che, via calo del gettito e del PIL, il deficit e il debito pubblico potessero solo peggiorare.
Ma questo a Monti e Napo non interessa, loro dovevano evitare l’euro-break. Inoltre questo ha incamminato il Paese verso la richiesta di aiuti dal MES, con commissariamento finale dell’Italia. Un ulteriore “plus”, in ottica europeista.
Capite queste cose, mi sentirei di dire che dietro c’è molto più la Merkel/BCE, che non gli USA. Oltre alla difesa ad oltranza di una scelta sbagliatissima (Maastricht ed eur), che per noi è marcata come “di sinistra”.
I sondaggi che magnificano la popolarità a Napo Orso Capo sono del tutto artefatti come attestato da una serie di confronti con Istituti di raccolta delle opinioni ovviamente non italiani (citati da quasi nessuno) da più di un anno a questa parte (dalla faccenda della trattativa su quelle telefonate misteriose con Mancino di cui non è dato conoscere il contenuto, ma si può benissimo immaginare…). Sul resto mi tappo la bocca perché sarei passibile di quanto ai sensi art. 278 C.P. Non lo posso dire ‘apertis verbis’, ma lo penso, e con me sempre più italiani. Abbiamo un Presidente della Repubblica ricattabile. Leone e Cossiga furono molto più dignitosi.
Concordo appieno con il commento di Roberto Casiraghi, esemplare sia per chiarezza che per sintesi logica di quanto esposto nell’articolo.
Da parte mia, mi permetto di aggiungere un rimando all’articolo de Il Fatto Quotidiano di oggi, proprio su un presunto ricatto su Napolitano, dovuto a certe carte mai apparse appieno durante Tangentopoli.
Circa la sudditanza agli Stati Uniti, ancorché mai emersa chiaramente dai trattati di pace ufficialmente sottoscritti, direi che anche su questo la nostra sinistra delle pesantissime responsabilità moral. Forse troppo impegnata a gestire le conseguenze del trattato di Yalta per accorgersi della serpe in seno che stava crescendo, protetta da legami massonici con il sistema oligarchico anglo americano.
Se l’involuzione della politica italiana con Berlusconi ha assunto i tratti della commedia comica, con il post fascista Napolitano ha indossato i panni lugubri della tragedia.
Non credo che il presidente Napolitano sia un reperto del passato. È semplicemente una persona che gode di piena affidabilità da parte degli Stati Uniti e sono certo che l’Italia abbia chiesto agli Stati Uniti se sarebbero stati d’accordo con la rielezione di Napolitano. Si trattava infatti di creare una rottura con una tradizione costituzionale molto importante, anche dal punto di vista degli Stati Uniti. Far passare il concetto che un presidente possa essere eletto più di una volta e, dunque, teoricamente, anche infinite volte, fa rientrare dalla finestra lo spettro della dittatura che si era voluto eliminare proprio con il regime change provocato dagli americani nel 1945 in funzione antifascista. Oggi però i tempi sono cambiati. Gli americani sono diventati essi stessi un regime non democratico, con leggi segrete, tribunali segreti, obblighi legali di silenzio che ricordano direttamente la mafia, carceri piene di persone rinchiuse senza neppure un capo d’accusa, extraordinary renditions e spionaggio 24 ore su 24 dei propri e degli altrui cittadini. L’accento si va quindi spostando verso un tipo di regime politico di nuovo tipo che è un misto di oligarchie interne e internazionali fedeli agli USA, non importa se elette democraticamente o no, e di aziende transnazionali. Le oligarchie devono essere amiche degli Stati Uniti. E per questo motivo, secondo me, gli americani finanziano o irretiscono anche le nuove opposizioni in modo da garantirsi l’amicizia di chiunque vada al potere. A parte il caso Grillo, per il quale la mia personalissima jury is still out, ricorderò Alternative für Deutschland (AfD) che per alcune settimane mi sembrò una specie di raggio di sole nella cupa atmosfera dell’austerità e alla quale oggi posso addebitare un sovrano silenzio sulla questione Snowden in un momento in cui i giornali e gli intellettuali tedeschi, a differenza dei nostri, stanno discutendo con passione, sgomento e accanimento la questione dello spionaggio americano mettendone in luce i pericoli per la democrazia e per l’economia tedesca, specie quella più impegnata nell’high tech. Nel dibattito è anche coinvolta una discussione sul fatto se la Germania si possa considerare o no una repubblica sovrana visto che sono riemersi trattati e documenti americani che fanno capire chiaramente che la Germania non è in realtà un paese sovrano, cosa che pochi tedeschi sapevano. Ma per AfD il problema neppure esiste, chissà perché. In Grecia anche Syriza è esposta a questo stesso sospetto. Non parla mai di Stati Uniti ma magari ne incontra l’ambasciatore visto che si prepara a “governare”. Per questi partiti o movimenti di opposizione incontrare l’ambasciatore americano mi sembra quasi diventato l’equivalente politico del sound check prima di un concerto. “Allora ragazzi, tutto a posto?”. Ma magari sbaglio. Per difetto.