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Letta ha un programma: si chiama Letta

angelino-alfano-111009135912_bigQuesti giorni di fibrillazione hanno finalmente chiarito anche ai più illusi quale sia il programma del governo Letta, rimasto finora imperscrutabile dietro i rinvii, i balletti e bugie: non è nient’altro che il governo Letta medesimo, la pura sopravvivenza di un ceto politico, l’occupare le poltrone come se il Parlamento fosse una specie di Fortezza Bastiani. Infatti l’accanita difesa di Alfano sull’affaire Shalabayeva, non è certo monopolio del Pdl, si estende a tutto il Pd, compresi i Cacciari,  i Manconi , le Puppato perché è chiaro che senza il fido Angiolino, cade l’esecutivo.

Istintivamente ci sarebbe da chiedersi perché ostinarsi su un governo del niente in un momento così difficile e così drammatico per il Paese, nel quale ogni giorno si moltiplicano i segni della sindrome greca e dell’inevitabile resa dei conti. Ma sarebbe ingenuo: Letta sta lì per garantire il sistema politico e per garantire che non ci sarà nessuna deviazione dalla tutela dell’ottusa oligarchia di fatto e dai programmi di spoliazione del lavoro, come dimostrano ampiamente non sole le idiozie di Calderoli, forse dette intenzionalmente per creare una distrazione, ma soprattutto la protervia senza precedenti del commissario Bondi con la sua immonda tesi del cancro provocata non dai fumi dell’acciaieria, ma dallo smodato tabagismo dei tarantini. Una tesi ad altezza di cretino che a Bondi cade come un abito di sartoria.

Il governo Letta è lì per garantire che in qualche modo Berlusconi sarà salvato e con esso anche gli sbiaditi personaggi dell’arco incostituzionale, che i Riva non risponderanno della loro strage, che la Fiat potrà andarsene a Detroit senza pagare pegno, che la precarietà del lavoro non verrà scalfita, ma sarà anzi resa “normale” come dimostrano gli “esperimenti” voluti per l’Expò milanese e illustrati da Giovannini che è passato da essere un bugiardo dei grandi numeri  con l’Istat a uno che dice un grande numero di bugie come ministro. Insomma Letta è lì per perpetuare il sistema che ha dato vita al governo Letta.

Così la salvezza di Alfano viene invocata a 360 gradi e si troveranno dei capri espiatori tra gli alti funzionari di polizia, ai quali certamente sarà fatta balenare la possibilità di ampi risarcimenti, una volta che nessuno si ricorderà più della vicenda. La testa di Angiolino, benché inutile a chiunque e precotta per un sontuoso lesso, non può cadere, nonostante la gravità della vicenda dei profughi consegnati illegalmente a un dittatore, l’immonda figura che ha fatto fare al Paese: ogni arroganza o scusa o attenuante è buona pur di tenersi buono il padrone. E se il Pdl fa il ovviamente quadrato acefalo attorno al valletto di rappresentanza di Silvio, nel Pd si assiste a curiosi balletti, giravolte, sortite di realpolitikini a corrente alternata, persino a scissioni di personalità come quella di Manconi che sui giornaloni minimizza l’accaduto ricordando che in fondo ci sono molte di queste espulsioni, rendendo implicitamente veniale il fattaccio, mentre alla sinistra residuale fa sapere che l’Italia va troppo a braccetto coi dittatori.

Il fatto è che se anche Alfano fosse Erode andrebbe comunque salvato per mantenere il governo che ha come unico programma il governo e i suoi padrini, dentro e fuori dal Paese, insediati in pianura come sui Colli.  Letta non è altro che un freezer, un congelatore per frollare la cacciagione. Che poi saremmo noi.

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