Silvio-BerlusconiUna sera d’estate. Di quelle che si avrebbe voglia di passeggiare fino alle ore piccole senza parlare, accontentandosi di non dover sentire quel sentore di marcio che invade la vita italiana. Di far tacere la filodiffusione stantia dalla quale si espande il deludente motivetto pop della sentenza politica, dei giacobini, delle toghe rosse, del “Berlusconi che va sconfitto politicamente”. Insomma tutta quella fanghiglia che i famigli del Cavaliere hanno sparso per molti anni per giustificare le leggi ad personam, per fabbricare maschere d’innocenza, per svendere indulgenze e per corrompere il Paese. Oltre che per dare un senso a se stessi.

Adesso c’è una sentenza a sette anni e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici per reati che una volta erano tipici dei bassifondi e che in effetti hanno trasformato il Paese in un bassofondo della convivenza civile: probabilmente la permanenza al governo di Berlusconi, dei suoi amici – nemici, del soccorrevole Napolitano, produrranno altre leggi e sentenze capaci di evitare a Silvio conseguenze pratiche. Ma la sentenza squarcia il velo di omertà, pretesti, alibi, idiozie e ciarpame intellettuale che ha tenuto in sella il Cavaliere assieme alla sua falange di nipoti di Mubarak dediti alla tratta delle bianche. Ora il puttaniere è nudo non solo in privato, ma anche in pubblico.

Non è moralismo, è il minimo sindacale in fatto di etica. E la condanna così netta, così lontana dai suggerimenti che venivano a mezza voce da roma, è comunque il segno fin troppo chiaro che ormai il castello di tristi favole nelle quali si è rifugiato il Cavaliere sta cedendo: la crisi ha eroso il consenso, ha frammentato il suo blocco sociale. Altro che esercito di Silvio o la reazione di pensionati e rumeni a pagamento. Rimangono i suoi ricatti, quelli palesi e quelli segreti che magari non scopriremo mai, il “book” di un’Italia in caduta libera. Uno storico francese degli anni di Napoleone terzo diceva: “meglio un vile corrotto e che un integerrimo corruttore”. Ma il guaio di Berlusconi è che è stato entrambe le cose: integerrimo solo nella pervicacia con cui ha coltivato vizi privati e sociali.

Ma almeno ogni tanto c’è una sera d’estate.