NEWS_82806Anna Lombroso per il Simplicissimus

L’ordine regna a Pomigliano:  la produzione è regolare, fa sapere il Lingotto sottolineando «il grande senso di responsabilità dei dipendenti che si sono presentati regolarmente al lavoro». Regolarmente, vuol dire che dopo gli scontri con i cassintegrati che protestavano contro il sabato di recupero produttivo concordati fra azienda e sindacati,  le forze dell’ordine sono state invitate dalla direzione a scortare i lavoratori all’interno della fabbrica, in modo che non avessero contatti “impuri” con il piccolo corteo di protesta, che  stava cercando di convincere i colleghi in entrata  ad unirsi alla protesta.  Il rappresentante della Fiom è stato sollecitato dalla polizia a esibire i documenti e a impegnarsi personalmente  per disperdere la manifestazione “non autorizzata”.

Invece è autorizzato, autorizzatissimo, legittimo, legale, consentito, permesso il meeting previsto per stasera di bande neonaziste italiane e straniere, a Milano, in zona Rogoredo, con l’accompagnamento di gruppi musicali provenienti dalla Germania, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti.

C’è da immaginare che la scelta della location non sia casuale: in Lombardia ci deve proprio essere l’humus che nutre   capisaldi, convinzioni  e valori cari alla tradizione della destra autoritaria razzista e xenofoba,  mutuati e fatti propri da partiti presenti in Parlamento,  che esprimono esponenti che augurano lo stupro a una minsitra del governo nazionale, promotori di leggi razziali, autori di una politica di emarginazione e respingimenti,   incitanti all’odio, alla persecuzione ai pogrom degli “altri”, rom, neri, islamici, meridionali. E infatti nell’aprile scorso  si è tenuto un altro raduno “cosmopolita” proprio vicino a Varese, quando centinaia di attivisti neo nazi hanno festeggiato il compleanno di Hitler.

Si la Lombardia di Maroni ne fa sito prediletto, ma tutta l’Italia minaccia di diventare una meta preferita dal turismo nazi. E non solo perché non siamo italiani brava gente; non solo perché a differenza di altri Paesi non abbiamo fatto i doverosi conti con il passato e l’indole a subire dittature salvo disconoscerle al primo 25 luglio;  non solo perché dimostriamo una colpevole tolleranza nei confronti dell’illegalità,  compresa quella di chi trasgredisce al dettato costituzionale;  non solo perché abbiamo nei secoli rivelato un certo pigro istinto al razzismo interno e esterno: polentoni contro terroni;  non solo perché appunto abbiamo eletto al Parlamento e accettato nell’arco costituzionale partiti fascisti e xenofobi;  non solo perché esponenti di organizzazioni politiche nate dalle radici della sinistra, oltraggiata e dimenticata, si sono fatti interpreti e testimonial di una malintesa pacificazione che ha fatto crescere le case Pound, risvegliare obbrobri prima repressi e censurati, riesplodere idee e azioni criminali, consolidare l’infamia dell’oblio e dell’indifferenza, permettere l’apologia di reati vergognosi, fino a innalzare mausolei a assassini con i quattrini dei citatdini.

Per tutto questo, si, ma anche per altro.

Perché insieme o forse più che in altri Paesi del Sud dell’Europa, le nostre geografie si prestano ad essere  il terreno di coltura dei disegni e dell’ideologia della nuova configurazione del fascismo, quello che sta conducendo una guerra economica e sociale contro lavoratori, operai, ceto medio, pensionati, giovani, donne, bambini, vecchi. Che esercita una repressione fatta di   condanna alla marginalità e alla miseria di ogni “diverso” : malato, oppositore, omosessuale, povero, terremotato, relegandoli in bidonville, ghetti,  corsie sempre più disumane, come in un nuovo, moderno ausmerzen, o spostandoli verso emigrazioni di servi “mobili” e flessibili, per ubbidire ai comandi di un padronato sempre più rapace immateriale. Che come nel passato, sa che la povertà induce alla rinuncia: alle garanzie ai diritti, alla parola, e all’accondiscendenza, alla viltà, alla paura.

Facciamogli vedere che non vinceranno, cominciamo da qualche gesto simbolico, stando accanto a quegli operai che manifestano anche per noi, che si sono pronunciati con un referendum, che abbiamo lasciato troppo soli. E imponendo che nelle nostre città, quelle delle cinque giornate e degli scioperi, nel nostro Paese, quello della resistenza, non abbiano diritto di parola e di canto i nemici di sempre, vecchi o nuovi, giovani o anziani, quelli che vogliono toglierci libertà,e dignità e futuro.