L’ incredibile sentenza sull’assassinio di Stefano Cucchi era già scritta, era già nelle parole sguaiate di Carlo Giovanardi triste e ottuso rappresentante di un potere oligarchico e reazionario che finge di essere moderato: “Se l’era voluta”. Dentro quella frase c’era la manifesta colpevolezza degli apparti dello Stato e allo stesso tempo la loro assoluzione. Il fatto che Cucchi fosse stato un tossicodipendente e fosse stato trovato in possesso di una quantità di droga che apparirebbe risibile a molti dei cocainomani abituali che sono in Parlamento, è stato l’alibi per massacralo prima e non curalo poi, per trasformare una persona marginale da cittadino a vittima di un bestiale sadismo e di una colpevole noncuranza di medici e infermieri timorosi di dover svelare, proprio attraverso le cure, l’origine del massacro.
La sentenza di primo grado è completamente dentro questo paradigma e completamente fuori dalla logica dal momento che Cucchi prima si sarebbe ammazzato di botte da se stesso e poi la sua salvezza sarebbe stata trascurata da medici, infermieri e guardie carcerarie: una storia senza senso che tuttavia non è altro che il riflesso dell’insensatezza di una società avvitata su se stessa e dove corporazioni, clan, bande la fanno da padrone in mancanza di qualsiasi cognizione di speranza e solidarietà, una società che vive dentro un egoismo miserabile e suicida. Un uomo è stato pestato a morte, i colpevoli sono noti e persino alla sbarra, ma nessuno si farà un solo giorno di galera: chi è mai Stefano Cucchi per pretendere giustizia?
Ma bisogna andare oltre: chi è mai un cittadino per pretendere giustizia, per non essere presto a pugni e calci se si presenta l’occasione, per essere curato e infine per avere una sentenza che non sia un mercato delle vacche tra poteri? Chi è un cittadino per avere dignità anche se non ha amicizie che contano, soldi, contatti, corporazioni che intervengono a suo favore? E’ proprio nessuno, anzi nemmeno è un cittadino, è un suddito che non può permettersi errori e deve subire quelli degli altri.
Così siamo ridotti, ma molti ci si accomodano facilmente, visto che hanno incontrato la parola dignità solo su qualche antologia delle scuole medie e vivono bene nei ventri di vacca. Se ci scandalizziamo del processo dobbiamo scandalizzarci della politica, dei media, dell’iniquità, del sadismo e della noncuranza che viene espressa da ogni parte. Dovremmo anche scandalizzarci per chi vota Giovanardi. Ma tutto questo ce lo siamo proprio voluto.
Condivido pienamente l’articolo e sono incazzato nero. Giovanardi è la palese dimostrazione della non esistenza di Dio.
Nella cultura giuridica corrente in Italia non è presente nessun riferimento alla logica, pertanto si possono ottenere, ed essere considerate possibili, sentenze come questa. Il sistema fa riferimento alle prove ed agli indizi spesso accompagnati da perizie di parte e/o disposte dal magistrato. Il collegamento di questi elementi con sistemi di logica deduttiva o induttiva potrebbero portare a conclusioni differenti da quelle del giudizio, ma questo è escluso dalle procedure. E’ un vecchio retaggio della giustizia precedente alla Repubblica che era basata sul censo e l’appartenenza o non appartenenza a determinate categorie sociali. Purtroppo la logica con cui si pretende di modificare le procedure penali allo studio al Parlamento sono tutte indirizzate ad aumentare questo “social dividing” anche in ambito giudiziario. Occorrerebbe, tra l’altro, riformare alla base l’istruzione giuridica partendo dalle università ripristinando come principio inderogabile la logica nella determinazione del giudizio.