942889_443090445785200_1774454750_nCi sono state le elezioni, un partito si è praticamente dissolto per averle disattese, i grassatori berlusconiani sono tornati al comando, la sinistra è scomparsa dappertutto salvo che nella sua espressione salottiera alla Boldrini che ora caldeggia lo stato di polizia in rete tanto per non sentirsi al di fuori dello spirito del tempo. Insomma due mesi di tempesta apparente che tuttavia lascia le cose esattamente come prima, con un governo che è di fatto un ventriloquo del montismo. Al punto che domani e dopodomani, l’esecutivo di cui c’era un estremo e urgente bisogno, perderà il suo tempo per far discutere approvare il Def messo a punto nei mesi scorsi dal precedente governo.

La cosa è grottesca perché quel Documento di economia e finanza è ormai del tutto superato: le stime su cui si basa sono completamente sballate, le indicazioni per il futuro vaghe, i conti tutti da rifare. Per di più le questioni di bassa bottega politico -elettorale sull’Imu, con il blocco della rata di giugno per studiare poi se mantenere la tassa, ridurla o abolirla per finta semplicemente cambiandole nome e facendola pagare anche ai non proprietari, rende il Def carta straccia, senza la “nota di aggiornamento” che Letta sta preparando cercando di cavar fuori da qualche parte gli 8 -10 miliardi necessari per tappare i buchi.

Tuttavia va approvato ad ogni costo perché oltre a contenere provvidenze e rendite varie, il testo ripropone pari pari tutte le stelle comete che hanno guidato il governo Monti: dalla svendita di beni dello Stato, alla riforma Fornero, alle privatizzazioni dei servizi pubblici, alla riforma pensionistica, agli interventi sul lavoro. Insomma tutto ciò che ha prodotto l’apparato ideologico dell’austerità liberista con l’attacco al welfare, ai diritti e all’eguaglianza. Sì il Def va approvato non per le sue cifre ormai inutili, testimoni di un fallimento, ma per riasserire la continuità con i tecnici e il forte ancoraggio al pensiero unico nella sua versione germanocentrica, anche di fronte alla bancarotta fattuale e intellettuale in cui sono incorse dal 2011 ad oggi.

Insomma il Parlamento sarà impegnato per due giorni a testimoniare la propria sudditanza a ciò che impongono le burocrazie europee e la finanza sotto le mentite spoglie dei cosiddetti “mercati”. I conti sono tutti da rifare proprio a causa dell’assurdità delle tesi che sono alla loro base, ma va salvata la “filosofia” di fondo: non sia mai che qualcosa di un po’ eretico e originale possa uscire fuori dal maelstrom in cui siamo immersi. Il Def è insomma il preservativo del governo: la solenne promessa che non nascerà nulla di nuovo. E Letta, per maligno destino, è divenuto la pillola del giorno dopo le elezioni