Site icon il Simplicissimus

Liberi…dall’informazione

giornaliAnna Lombroso per il Simplicissimus

Torture, rapimenti, aggressioni, censura, repressione.   I dati arrivano dall’ultimo rapporto di Amnesty International presentato in occasione della Giornata mondiale della libertà di informazione. Uno degli ultimi casi è quello di Domenico Quirico,  inviato della stampa scomparso 23 giorni fa nella Siria dilaniata a dimostrare che il coraggio, il dovere di informare e il diritto di farlo liberamente e responsabilmente, condanni all’esilio, alla lontananza, alla marginalità, al pericolo.

Qui a rischiare siamo noi, la noia, il ritrarci appartati per la nausea, l’overdose di una massa acritica e grezza di dati senza conoscenza e senza informazione, la diffidenza a causa di un’inflazione di opinioni sospette.

Non stupisce in un Paese in svendita, in cui con la legalità viene messo all’incanto il il principio stesso della pari dignità e degli uguali diritti dei cittadini, quello dell’uguaglianza davanti alla legge. Ma è anche l’unico Paese occidentale in cui sono messi in discussione la libertà della ricerca scientifica e clinica, il principio di autodeterminazione delle persone, la laicità dello Stato, perfino l’habeas corpus, l’indisponibilità del proprio corpo alle decisioni di altre volontà che la propria.  E sono continuamente in questione i diritti di accesso alle informazioni, quelli della rete, quello di espressione, quello di manifestazione, per un’indole alla censura che ispira i comportamenti dei poteri deboli, dei regimi autoritari spaventati dalla loro stessa fragilità più ancora che  dalla critica, e per un istinto all’autocensura che ormai caratterizza una stampa assoggettata entusiasticamente e festosamente affiliata ai governi, qualsiasi essi siano.

C’è chi sostiene che non sia la chiesa ad aver rovinato l’Italia, limitando l’aspirazione all’autodeterminazione, costringendo scelte e inclinazioni entro i confini ristretti di una morale di parte imposta come etica pubblica, bensì l’Italia ad avere avvilito la chiesa, riducendone valori e principi ispirati alla responsabilità, a causa di un rifiuto dell’auto- disciplina, di una indulgenza all’egoismo, di una tolleranza della trasgressione, purgata da un effimero pentimento. Esagerando potremmo applicare questa teoria fantasiosa alla democrazia, penalizzata da un temperamento incline all’ubbidienza, alla delega al menefreghismo, al ripiegamento sull’interesse privato e perché no? all’informazione, ridotta ad eco e ripetitore dei poteri forti, per via di una certa disposizione naturale al servilismo, Franza o Spagna purché se magna, come esemplarmente   rappresentato dalle nostre maschere di impuniti servitori, caratteri ripresi con successo dai nostri premier e notabili.

Oggi suonava come un dileggio la paginetta di rito dedicata alla commemorazione della libertà di stampa, doverosamente e devotamente celebrata come un ricordo offuscato dalla nebbiolina mansueta e pacificatrice del realismo e del pragmatismo, dalla polvere negli occhi di una stampa che somministra ai cittadini quello che il potente vuole far trapelare, che eroga segmenti di “verità” – una selezione studiata per compiacere e piacere – che crea idoli, icone, figurine preferendo sensazionalismo a buon senso, folklore a  realtà, illusioni a verità.

La fascinazione del potere è potente:  chi viene ammesso agli arcana imperii non vuole uscire dal cono di luce che emana, non vuole rinunciare ai privilegi che ne derivano, ai favori che si ottengono, sotto forma di bottiglie pregiate, ingressi allo stadio, strenne, inviti in magioni prestigiose o in relais esclusivi.  Ma anche senza benefici immediati e tangibili, opinionisti, giornalisti, cronisti, ne respirano l’aria drogata e se ne inebriano,  gratificati dell’annessione,  estasiati dell’appartenenza, incantati dalla benevolenza, persuasi dalle concessioni, preferendo la rappresentazione all’informazione, in una teatrocrazia nella quale sulla scena si spacciano valori, di cui dietro le quinte ci si fa beffe, della quale lo streaming sembra essere l’ultima illusoria manifestazione. Il tradimento della democrazia avviene anche attraverso le parole, con la propaganda che sostituisce la verità, così che “la guerra diventa pace, la libertà servitù, l’ignoranza forza”, la forza di che sa che conoscenza, sapere, informazione e critica possono essere le armi più potenti di chi non possiede nulla.

 

 

 

 

 

 

 

Exit mobile version