BoldriniLasciate ogni speranza:  la classe dirigente italiana riesce sempre ad aprire lavori di ampliamento dell’autostrada di diludendo, come direbbe Crozza. Non si fa a tempo a dire, ecco un volto nuovo, che ci si accorge delle profonde rughe lasciate dal privilegio, dal classismo e da un insopprimibile istinto all’arroganza che spesso si impasta con forme di insospettata arretratezza. La fenomenologia, l’espressione di questa terribile miscela può essere diversa mostrandosi a volte ostentata e sguaiata, altre rimpannucciata dentro l’alterigia classista, altre ancora acquattata dentro un  progressismo indulgente purché confortevole, ma  sempre pronta d’artiglio e lenta di mente.

Così la signora Laura Boldrini, volto nuovo del Parlamento, di ricca e influente famiglia, ma rivolta a sinistra con radicato senso snobistico, non ci ha messo molto a scoprire la propria natura: da quando è comparso un fotomontaggio o meglio ancora un fotofake che la “citava” ignuda in un campo nudista (cosa certamente indelicata, ma non tale da scandalizzare un europeo evoluto), ha cominciato una propria campagna che allude alla necessità di censurare il web in modo speciale, al di fuori delle leggi che già esistono, quasi fossimo in Birmania. Tutto l’aplomb è andato a farsi benedire con la velocità dei neutrini non appena la cosa ha riguardato non gli altri, ma la sua augusta persona: è stata messa in campo una costosa squadra di segugi del web con il compito di chiudere prima i siti con la foto incriminata e poi di identificare gli eventuali critici. Contestualmente sono state convocate le ex parigrado dello stesso milieu mentale, segnatamente la signora De Gregorio – se non lei chi? – per esprimere tutta  propria rabbia nei confronti della lesa maestà. Con un intervista su Repubblica che pare una conversazione non da donna a donna, mica da politico a giornalista, ma da privilegiata a privilegiata.

La cosa impressionante è che la signora non si sogna di navigare sul web, attività che le deve parere volgare e popolana, ma ha messo in moto i nuovi cooptati della suo ufficio stampa per rintracciare i commenti poco benevoli, stamparli e portarli su carta alla sua vista, proprio come in una minuscola Versailles nella quale  l’incompetenza e l’inadeguatezza  fanno  premio a se stesse. Non immagina nemmeno che chiunque scriva sul web è esposto alla volgarità dei cretini, esattamente come può capitare  in qualsiasi luogo pubblico nel quale non ci si presenti con una scorta. Nell’intervista, pur non sapendo che dire di preciso, Laura Boldrini fa sfoggio di una sorprendente collezione  di idee fossili sul web nella quale non manca nemmeno la classica trilobite, ossia la distinzione tra reale e virtuale. Quindici anni fa questo viaggio nel triassico dei memi sarebbe stato considerato banale, oggi è francamente penoso, ma anche inquietante perché chi lo esprime ne trae considerazioni per evocare operazioni censorie che non trovano spazio in nessun Paese democratico.

In ogni caso abbiamo la terza carica dello stato che, insieme alle sue dame di compagnia mediatiche, pare ignorare in toto tutta la vasta discussione ed elaborazione che si svolge sulla più grande rivoluzione comunicativa dai tempi di Gutemberg e che da sincera progressista o semplicemente da persona al servizio dei cittadini non si preoccupa di cercare il modo di portare questo Paese al livello degli altri, di erodere il digital divide che ci separa dalle aree più evolute, ma studia il modo di riportare in auge i criteri della pergamena affinché mai più la si critichi e men che meno si spacci per sua la foto di una appetibile nudista. Non accorgendosi però di prodursi in uno sconcertante streap tease mentale che la lascia senza gli eleganti vestiti cuciti dai media,  in rotta di collisione col suo passato e con la sua immagine. L’ennesimo diludendo che ci piove addosso come un diluvio.