Anna Lombroso per il Simplicissimus
Una volta un dirigente del Pci cui piacevano –anche troppo – le donne, che amava la buona tavola, che si era comprato un sandolo, non Icarus, una barchetta per andare navigando in laguna disse: la differenza è che noi rinunciamo a tutto questo per andare in sezione, stare coi compagni, incontrare la base.
I compagni, quella base, che controllava, sorvegliava, esigeva, reclamava. Con la quale i dirigenti sottoscrivevano un patto anche in tempi di centralismo, cui andavano a rendere conto, che temevano e blandivano. Poi si decise di non chiamarsi più compagni, ripudiando la confidenza e il ragionare insieme di chi spezza lo stesso pane e sogna lo stesso sogno di affrancamento dallo sfruttamento, di libertà, di diritti.
Ieri il Pd si è ricordato – si è detto – di avere una base di doverci fare i conti. Una base non abbastanza fidelizzata dalle primarie, liturgia perfettamente integrata nella logica del porcellum, non sufficientemente addomesticata dalla procedura pallidamente e occasionalmente imitativa della democrazia, che ieri ha sollevato la testa in un impeto di rabbiosa ribellione.
Ma ieri anche la base si è ricordata di esserci. Non so se dobbiamo essere sorpresi e gratificati dalla tardiva autocoscienza, se dobbiamo dare fiducia al risveglio da un letargo di una militanza che – sia pure con potenti erosioni anche elettorali – ha digerito il silenzio e l’inazione sul conflitto di interesse, ha tollerato le leggi ad personam e i lodi, i condoni e gli scudi, per malinconico ripiegamento o per indiretta correità, che ha accettato i tecnici, le “riforme” della Fornero, le manomissioni della costituzione, il commissariamento europeo, le tenebre stese sui diritti, il Tina senza remissione delle politiche di un regime al quale il loro partito si è assoggettato in assenza di un pensiero indipendente capace di disegnare un’alternativa allo stato di necessità, al rigore, a una crisi usata per cancellare la fastidiosa democrazia.
Meglio tardi che mai. Ma certo che se è beneficamente contagioso il bisogno di contare sulle scelte, l’impulso a esprimersi e a battersi contro qualcosa ch si sente come ingiusto e dannoso, lo è altrettanto l’indole a sentirsi rassicurati dalla contiguità con il potente e dalla frequentazione con le sue stanze remote e separate, a sentirsi rafforzati dall’appartenenza a un’enclave protetta e inclusiva. Meglio tardi che mai. Il risveglio è gradito quale ne sia la pulsione e quali ne siano le modalità, scendere in piazza costringe a mescolarsi con altri, magari proprio con quelli che ieri manifestavano per difendere la loro ultima protezione.
Meglio tardi che mai. Anche se i ridestati si accontentano di una scelta non certo apocalittica, preferendola a una candidatura di un loro esponente autorevole e credibile, che avrebbe la macchia di essere proposta e scelta da quelli che sentono come i loro nuovi antagonisti.
Piuttosto che niente è meglio piuttosto, dice un vecchio proverbio, realistico e pragmatico, come rivendicava di essere il Pd. Invece piuttosto che niente, in democrazia, è meglio tutto: politica, partecipazione, diritti. Piuttosto che niente, è meglio non accontentarsi del meno peggio.
Sono lenta.. e ho messo tempo ad assestare il mio passo al suo… Me ne scuso….Leggo: “non accontentarsi del meno peggio” . Una banalità? …
Forse nell’oggi che già trascolora… e in attesa. Del poter dire: Solo il meglio. Il copione dell’eterno nemico è ‘sì logoro. .. ma quando ci si risveglia si è torpidi… in un inciampo che non vuol trasformarsi in torbidi…
Io la ringrazio.
Lei mi ha riportato ai miei tempi… quelli di prima prima prima… E sul mio diario di fb troneggia, evocata da lei, nonna Speranza e la sua amica Carlotta…
Sa, Anna, … non ricordavo fosse così bella…
Grazie.. Per non aver infierito….Li cureremo “li accarezzeremo” ha detto qualcuno… credo di sì….. ne hanno davvero bisogno..
Prosit… nel rosolio di prima mattina..
eleggete Prodi … e io non voterò mai più PD … addio