4ebd4cb8Non c’è un nuovo governo, ma c’è un nuovo premier: Mario Draghi. L’orrendo pasticcio messo in piedi da Napolitano, il congelamento di Monti, la chiamata dei dieci saggi da barzelletta, quasi tutti riflesso della più cadente e sfatta partitocrazia o sottogoverno, non eletti da nessuno, ma fedeli del presidente e di Draghi, serve a Berlusconi per ottenere il salvacondotto visto che ormai è divenuto interlocutore necessario nel quadro dell’inciucio, serve al Pd per leccarsi le ferite e gestire il dopo Bersani o forse il dopo Pd, serve a Grillo che così può fare opposizione pura senza scoprire il proprio bluff. Ma serve soprattutto a Bruxelles, a Berlino, alla Bce per congelare una situazione che si sarebbe fatta pericolosa per la teoria politica dell’austerità. Governo troika che fa impallidire la mancanza di una qualsivoglia donna o giovane fra i cosiddetti saggi, mancanza che del resto appare naturale in un contesto così vecchio, deludente, disperante di cariatidi e inciucisti dalla nascita.

Il fatto che la decisione di Napolitano, messa a punto con gli alambicchi sbreccati delle vecchie logiche tirate fino agli estremi, sia venuta dopo la telefonata di Draghi che spiegava la posizione dei mercati, vale a dire della Bce stessa e del sistema bancario, spacciata come la mano invisibile, quando invece è il visibilissimo bastone, è il segno senza equivoci che la confusione istituzionale, la cristallizzazione dell’eccezione, serve ai veri padroni per evitare che la situazione italiana scompagini il castello di carte false di questa Europa. L’Italia è così tre volte prigionierà: di Bruxelles e della volontà tedesca che si esprime attraverso i suoi ventriloqui, della partitocrazia che bara senza vergogna per la salvezza di se stessa e dei pezzi di classe dirigente attaccati alle sue ossa e infine di una sedicente opposizione anti sistema che pensa di aver fatto una grande furbata “astenendosi”, ma che in realtà ha commesso il medesimo errore del Pd, quando nel 2011 non scelse le elezioni.

Essendo uno dei pochi ad aver letto da ragazzino il ciclo della Fondazione di Asimov, a cui pare si ispiri Casaleggio, mi chiedo come mai non sia adesso in Parlamento a fare figure meno impacciate dei portavoce o a proporre cose un po’ più impegnative che un piano per risparmiare 42 milioni sui costi della Camera. Ciumbia, ancora duemila di questi piani e potremo pagare il fiscal compact e dare un reddito di cittadinanza per il 2013: presentandone uno ogni 15 giorni fra sessant’anni saremo a posto. Per il momento però ci godiamo Draghi e le sue “riforme” che i saggi non mancheranno di avallare.  Ma c’è poco da scherzare: questa auto referenzialità e frivolezza della forza che ha attirato i voti di chi voleva un cambiamento reale, crea ancora una volta un vuoto di rappresentatività dal quale può nascere qualsiasi avventura.

Ma in fondo ciò che vuole l’Europa dei ricchi, intesa in ogni senso, è proprio questo: che la politica rappresenti solo i grandi interessi e non i popoli, non la vita e il futuro delle nazioni, ma l’eterno presente della finanza. Alle opinioni pubbliche non rimane che la cattività nella claustrofobia dei piccoli interessi individuali o i lacerti di protesta declamata. Ma sì teniamoci pure Re Giorgio fino all’ultimo giorno anche se ogni minuto della sua presidenza è stato un minuto di troppo: non ha mai superato l’esame per l’avvocatura, però è un solerte e intelligente notaio della sconfitta.