11spettroForse sarebbe il caso di chiedersi seriamente come mai il movimento di Grillo sia divenuto in poco tempo il primo partito italiano, partendo da un 4% e comunque da un’apparente marginalità politica.  Seriamente intendo, senza agitare concetti vuoti come protesta e populismo che vorrebbero spiegare, ma andrebbero a loro volta spiegati e dunque non sono nient’altro che un flatus vocis, un passaggio del rosario mediatico. Un indizio ci viene proprio in questi ultimi due giorni: le inchieste e le interviste dei giornali che come se nulla fosse concedono intere paginate a D’Alema e al pensiero di Veltroni, alle voci di corridoio e di stanza, alle manovre e manovrine più miserabili, ci parlano di una politica e della sua rappresentazione giornalistica ormai così scadute da non poter essere recuperate nemmeno per le mense della Caritas. Senza parlare delle solite compagnie di giro che vanno in televisione da tempo immemorabile.

Di certo gente avvezza alla strategia e alla tattica, all’inciucio come alla retorica, avrebbe potuto cavalcare l’onda del malcontento, della delusione, della disperazione a seconda dei casi, se solo se ne fosse accorta o se avesse potuto farlo, chiusa nella torre d’avorio di rapporti bizantini ed esangui che parlano di accrocchi e strategie di potere, clan, correnti, apparati, potentati. Solo qualcuno che non era dentro questa prigione di rapporti che viene chiamata generalmente casta, poteva proporre qualcosa che contrastasse con i diktat imposti da fuori ed eseguiti dai tecnici, buttare nel discorso pubblico temi accuratamente tenuti nascosti da decenni, anche se in modo confuso e rapsodico. Un outsider come Grillo o come forse molti di noi se fosse capitato. Insomma qualcuno che non cascasse dentro la trappola della “necessità” e che si rendesse conto dell’impatto micidiale dell’austerità, nome sotto il quale si nasconde l’impoverimento, qualcuno non  legato ai mille “patti di sindacato”, come queste forze politiche allo stremo. Lo dimostra persino Bersani che dopo la rovinosa vittoria, dice finalmente qualcosina di sinistra, invece dei farfuglii di una campagna elettorale atona e attenta solo a non mettere in forse l’alleanza con il reazionario professore e il potere finanziario alle sue spalle. Appena un po’ libero dal condizionamento dice cose che forse lo avrebbero davvero portato alla vittoria.

Inutile chiedere a Grillo coerenza o le parole con i dosaggi esatti degli esperti, inutile dibattere fino a notte se il suo programma sia di destra di sinistra, di sotto o di sopra. Il suo boom ha fermato la triste macchina da guerra che approfittando della crisi sta mettendo  in questione la democrazia e per quello che mi riguarda è la cosa oggettivamente più di sinistra che si sia vista in questo Paese dai tempi di Berlinguer. Moltissime persone di sinistra, non si rendono conto o magari non vogliono farlo che ciò che sarà Grillo dipende anche da loro, da come vorranno rapportarsi, ma anche dal coraggio, dalla lucidità, dall’elasticità con cui sapranno cogliere l’occasione  per imporre alla discussione cose come ad esempio il reddito di cittadinanza che di certo non è mai stato nell’agenda della sedicente socialdemocrazia nostrana. Dipenderà anche da loro se potremo ricostruire il Paese e le sue speranze o se accatteremo la catastrofe sociale che ci viene mellifluamente suggerita ricadendo nel ricatto ansiogeno delle vecchie élite e delle loro modalità.

Purtroppo occorre agire, non si può solo stare a guardare, seguire, nascondersi dietro le sigle e gli apparati, ragionare dentro paradigmi politici che non corrispondono a una realtà sulla quale non sappiamo più come intervenire, lasciare che facciano altri. O assediarsi da soli dentro piccole polemiche astiose. Le prime reazioni  lasciano mal sperare: è tutto un chiudersi dentro i castelli di carte costruiti in questi anni, in tanti prevale lo sconforto, la rabbia per una primogenitura strappata e la tentazione di vedere la destra dalle desolate finestre della mancata sinistra. E in effetti l’elaborazione politica del centrosinistra ha finora prodotto un’idea folgorante: quella che con Renzi, il topo gigio della J.P. Morgan, le cose sarebbero potute andare meglio e che andranno meglio, che forse Bersani non ha il quid. Un discorso così intrinsecamente berlusconiano da rivelare come il corpo viva, ma l’anima sia scomparsa.