marò-2-770x531Ci sono pochi dubbi sul fatto che  Terzi di Santa Abbagliata sia il peggiore ministro degli esteri di tutti i tempi, l’ espressione una e trina dell’ottusità tecnica del montismo, della catena smeritocratica con cui si seleziona la classe dirigente e infine della concezione border line della democrazia e dei suoi valori. E’ a lui che si deve il pasticcio dei marò, vicenda  nella quale è riuscito a sbagliare tutte le mosse, come era chiaro fin dall’inizio della vicenda (qui).

Ma nel costruirsi da solo la sua trappola, Terzi è stato potentemente aiutato dal cuore di tenebra di questo Paese: da un improvvisato e volgare patriottismo da bar che faceva la voce grossa per superare la frustrazione della condizione coloniale  a cui è stata ridotta l’Italia; da un senso dell’irrealtà che sentendo parlare di India pensa a un Paese di terzo piano quando invece è una potenza mondiale e infine da un razzismo serpeggiante, ma inconfessato che valuta a zero la vita altrui.

Quindi dapprima abbiamo tentato l’argomento  oggettivamente non più praticabile della competenza visto che i marò erano già stati fermati e che oltretutto nello stato interessato erano imminenti le elezioni, con tutto quello che ciò implicava. Poi abbiamo costruito la tesi dell’innocenza, cosa talmente debole che ci ha alienato tutti i possibili appoggi internazionali: gli stessi militari avevano ammesso l’errore. Ora scopriamo che le argomentazioni su cui si basava questa stravagante difesa erano frutto di considerazioni e deliri di un falso ingegnere appartenente a Casa Pound. Robaccia costruita a tavolino con documentazioni di terza e quarta mano e con false interviste a personaggi di fantasia  tra cui un inesistente proprietario del peschereccio scambiato per vascello pirata. Tale Freddy Bosco. Nessuno però si è domandato quale sia la probabilità che il padrone di un guscio di noce del subcontinente indiano possa avere un simile nome.

Ma si è voluto dare credito a questo indecoroso pasticcio perché in fondo era l’unica motivazione non ignobile per pretendere con tanta protervia che i marò venissero liberati. Così ha fatto finta di crederci Terzi di Santaqualcosa e hanno fatto finta di crederci tutti media:  abbiamo fatto  una penosa figura di arroganti e di bugiardi di fronte a tutto il mondo visto che la dinamica dei fatti era chiarissima. Quando invece la questione avrebbe potuto essere dignitosamente risolta ammettendo subito l’errore, istruendo immediatamente un processo in Italia e risarcendo generosamente le famiglie dei pescatori morti: così avremmo potuto placare l’opinione pubblica indiana e consentito al governo del Kerala di liberare i due militari senza pagare un prezzo politico. Lo avrebbe capito anche un bambino, ma non  Terzi e non  un’opinione pubblica italiana ignara della pessima impressione che le nostre manovre hanno suscitato ovunque e soprattutto in Paesi come l’India dove atteggiamenti tracotanti da parte di paesi occidentali sono visti come fumo negli occhi. Invece abbiamo tentato questa strada quando era già troppo tardi subendo l’ottuso parafascismo, sdoganato nel ventennio berlusconiano, che cercava di acquisire consenso e visibilità con una sordida operazione. Le prime vittime di tutto questo sono proprio i due militari che volevamo salvare.

Probabilmente in India non sono stati avvisati del prestigio di cui gode Monti, è possibile che nemmeno leggano gli editoriali di Scalfari perché non sanno cosa si perdono, fatto sta che nessuno si è sognato di darci il minimo appoggio concreto nella vicenda. A questo punto dobbiamo domandarci se pasticci e isolamento, pacche sulle spalle e niente aiuti, ambiguo attaccarsi a un nazionalismo di risulta e al suo indecoroso coté politico, siano una miscela che si è casualmente prodotta nella storia dei marò o non siano invece una costante del montismo post berlusconiano. Se il cadere nella trappola di favole raccontate da sedicenti ingegneri del fascio non corrisponda ad altre cadute dentro menzogne e paralogismi, ipotetiche competenze, prestigio narrato  e clamorosi errori reali. Se insomma non sia tutta l’Italia ostaggio dell’irrealtà e dei propri incubi.