400_F_6643632_wcNZqy4f033wEWSkPbD3gYjA13iCKUc7Anna Lombroso per il Simplicissimus

Un tempo a Venezia le gondole era colorate di tinte vivaci, verde pastello, rosa, poi divennero quegli spettrali fantasmi neri che solcano le acque evocando delle inquietanti bare galleggianti o delle alcove per amori segreti e colpevoli, a detta di tanti scrittori affascinati dalla combinazione romantica di eros e thanatos, in segno di lutto dopo una pestilenza che aveva falcidiato un tremendo numero di cittadini e foresti.

Oggi in segno di lutto per il contagio di infamie e bassezze antiche come la morte nera ma moderne come la globalizzazione, dovremmo tingere di nero i bus. Quelli di Trapani per esempio dove il presidente della sesta commissione consiliare, Andrea Vassallo, socialista, fa sapere che “la commissione Problematiche territorio urbano, da me presieduta, ha incontrato nei giorni scorsi il presidente dell’Atm”, l’azienda per il trasporto pubblico locale. Nell’occasione “particolare risalto è stata data alla linea che svolge il servizio di trasporto per Salinagrande che, com’è noto, raccoglie il flusso degli immigrati che si reca verso il centro di accoglienza”.”A tal proposito – scrive il consigliere comunale – sono state rappresentate le numerose lamentele degli abituali viaggiatori indigeni della tratta, i quali riferiscono di comportamenti poco civili adottati dagli immigrati che spesso creano e alimentano all’interno del bus un clima di tensione tale da lasciar presagire, prima o poi, il verificarsi di episodi spiacevoli”.
Quindi “opportuno sarebbe, a parere della commissione, valutare l’ipotesi di istituire un servizio di trasporto esclusivamente dedicato a essi, da sottoporre a controllo da parte della polizia, al fine di scongiurare i pericoli di ordine pubblico che potrebbero malauguratamente ingenerarsi”.

Senza nemmeno chiedere la condanna del Vassallo per uso improprio e abuso del termine “socialista”, senza esiliare in una salutare Siberia semantica e morale l’inventore della definizione di Commissione Problematiche territorio urbano per un organismo che si preoccupa di emarginare anziché accogliere, di rievocare l’ordine pubblico per la maleducazione degli immigrati e non per l’inciviltà degli indigeni, di temere il disordine dei diversi, ché evidentemente quello della criminalità organizzata e’ come in ogni contrada ormai, affine, domestico e conosciuto, quindi piu’ accettabile.

Si andrebbero tinti di nero le lenzuola appese al sole ad asciugare, quelle per le quali i pii padani facevano la multa ai terroni che turbavano il decoro delle loro pingui città inospitali, i bus dove le signore col cappellino facevano alzare i meridionali al grido, tornate da dove siete venuti, le severe facciate dei palazzi quelli sui quali si vedeva appeso il cartello: si affitta ma solo a settentrionali. Andrebbe tinta di nero l’indole a dimenticare che non riguarda solo colpevoli o complici dei misfatti contro i diritti, ma anche le vittime, quelle che nell’oblio trovano nuova forza per un risarcimento, per prendersi qualche vendetta postuma contro chi è ancora più sommerso, come se così lavasse l’onta di aver subito.

Si dovrebbe tingere di nero, ma è già molto buia naturalmente, questa confusa ideologia della diffidenza a fini sociali, della paura alimentata per ingenerare ubbidienza, dell’inimicizia nutrita per rompere antichi vincoli e patti millenari, del rifiuto per consolarsi della perdita di qualche meschino privilegio, della sopraffazione esercitata per dimenticare la propria debolezza, dell’arroganza per nascondere la propria viltà. Che considera moderno tutto quello annienta antichi valori tradizionali: solidarietà, comprensione, conversazione, preferendo la competitività, il darsi sulla voce, l’egotico solipsismo. E cui si addice quella globalizzazione che abbatte solo le frontiere per l’usurpazione dei diritti, per la riduzione del lavoro in servitù, per la svendita di beni comuni a offerenti remoti e indifferenti.
Ma c’è poco da tingere: le coscienze sono nere, come il carbone della Befana, come la paura e come il futuro.