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Lo schifo che serve allo schifo

Anna Lombroso per il Simplicissimus

Da che mi servo della ragione, insomma un po’ prima della sospirata concessione delle chiavi di casa, ho sempre cercato di sottrarmi alla scorciatoia dialettica, molto abusata, dell’antinomia di forma e contenuto. Ma tra i molti fenomeni perversi e tossici cui ci sottopone questa contemporaneità si dovrò annoverare anche l’esercizio molto diffuso di mettere a confronto le vesti dei pagliacci e la grisaglia, le puttanelle esplicite e eleganti menti altrettanto in vendita costringendo ad una scelta, mai del buono o per carità non voglia iddio del meglio, ma del meno peggio, del meno ridicolo, del meno screanzato, del meno triviale.
Non mi stancherò mai di dire che pesa un equivoco su Berlusconi, non è lui la causa delle patologie nazionali, è la forma che hanno assunto anomalie generalizzate, il volto prestato alla politica di un italiano che ci si riconosce, l’ha votato e lo voterà, senza nemmeno tapparsi troppo il naso, se ricordiamo folte schiere di ammiratori pronunciarsi al bar sulle sue prestazioni erotiche o imprenditoriali.

Poi c’è chi non l’ha votato, anche chi lo ha rimpianto come nemico desiderabile, facile bersaglio, disegnatori satirici che si sentivano orfani, comiche che grazie a lui dismettono freni inibitori come i bambini che scoprono la coprolalia e giù a dire cazzo cazzo, merda merda. Perché, diciamolo, lui fa proprio schifo.
La logica è quella dell’emergenza che ha contraddistinto tutti i governi che sono sono avvicendati: c’è la crisi, la crisi della crisi, la crisi della politica, la crisi dell’Europa, la crisi della democrazia, torna il babau e allora tutto è legittimo, tutto è permesso, tutto è inevitabile: votare con il Porcellum, la prosecuzione di una esistenza in vita a costo di stare ancora sotto tutela, svariati cavalli di Caligola al governo, l’osservanza ubbidiente di un’agenda dell’infamia, un’economia
deputata a commissari, marchionni, bancari, ragionieri, un Colle potenziato sovra misura, tanto da far rimpiangere più esuberanti picconatori.

Eh si ma lui fa proprio schifo. Mentre questi sono più educati, ammesso che lo siano certe esternazioni inopportune, il rifiuto della pratica civile della negoziazione, la sussiegosa distanza dal popolo e dalle sue esigenze, sono più frugali nel sesso e nella tavola probabilmente, che nell’accumulazione di incarichi, amicizie e privilegi sembrano invece essere piuttosto ridondanti, sono più riservati e in effetti più che capi di governo sovrappeso sono soliti insultare lavoratori, cittadine, i nostri figli, le loro mamme, impiegati pensionati, sono più amati soprattutto nei paesi che hanno importato da noi la crisi, ma a parte le corna inalberate nelle foto di famiglia e le allusioni alla pigmentazione, la simpatia è quelle dovuta a famigli, caporali, fattori utilmente subalterni, untori efficacemente incaricati di curare la malattia.

Eh si ma lui fa proprio schifo. Ed è vero. E molto ha contribuito, intento a garantire opulenze private in pubblici squallori, a che facesse schifo tutto intorno a noi. Ma una volta sgombrato il campo appunto dal confronto tra le “forme”, l’immagine, la comunicazione, il bon ton e la maniere, sfido a trovare gran differenze tra i contenuti, magari misurabili in un anno di governo, per trovare, come nei quiz della Settimana Enigmistica o nei test di Profumo, dove stanno le differenze visibili e misurabili, che il mio sospetto è che stiano solo nella nausea che ci ispirano, chi la colloca, come un’amica sosteneva ieri, nella pancia e chi nella testa.

Allora tanto per enumerare le caratteristiche, le cifre della tenebra che stiamo attraversando, non possiamo registrare differenze: una corruzione a tutti i livelli della vita economica, civile e politica. La pratica endemica degli scambi di favori a tutti i livelli: cariche pubbliche a amici, parenti e affini, lo scambio di carriere politiche o universitarie o amministrative in cambio di favori privati, carriere decise sulla base di accordi opachi tra gruppi di pressione o cordate, in spregio del merito, lo sfruttamento delle risorse pubbliche a vantaggio di interessi privati, il familismo, il clientelismo, la diffusa mafiosità dei comportamenti e la vera e propria penetrazione delle mafie in tutto il sistema economico, sociale e nelle istituzioni, la perdita del senso stesso delle istituzioni e la raffica di oltraggi alla democrazia e alla costituzione. Per non parlare della discesa in campo dell’interesse affaristico o finanziario, dell’abuso di una libertà a indicare il disprezzo delle regole che possano frenare o limitare la libido dell’arricchimento e del potere che ne consegue, con la sottrazione di diritti e civiltà. O della legislazione ridotta a fabbrica di decreti su misura in difesa di interessi particolari e privati.

Eh si ma lui fa schifo. Ed è vero, ma basta non votarlo, no? e per quanto mi riguarda basta non votare nemmeno l’iniquità educata, le disuguaglianze manierate, lo sfruttamento globalizzato. Tra due anomalie mi sento di confidare in una sinistra che si sta allestendo con qualche ingenuità, in formazioni normalmente litigiose come da tradizione, in candidati che non mi rappresentano compiutamente, ma che assomigliano di più a me, a noi, in persone che hanno creduto ai referendum, più che alle primarie, al laicismo, più che alle alleanze elettorali coi cattolici, al rispetto dei diritti più che alla flessibilità, al reddito di cittadinanza più che alla moneta unica e all’unità dei lavoratori più che alla globalizzazione.

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