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La favola del candidato Spread

Fino a un anno fa nessuno lo conosceva. Per molti anni è vissuto appartato nonostante le scarse performaces del Paese in cui viveva e si intristiva: addirittura in qualche caso gli pareva di essere sottosopra nel senso che si poteva permettere di offrire meno del suo amico Bund che viveva Germania. L’ultima volta fu nell’ottobre del 2008, poi pian piano si acconciò a vivere al di sopra dei propri mezzi: 5, 10 punti base e nel momento più febbrile della propria anonima vita addirittura con una punta di 40 per pochi giorni nel gennaio 2009, ma scendendo subito verso temperature più miti.

Lo Spread amava Berlusconi tanto che regolarmente tendeva a scendere durante i suoi governi e a salire con quelli di centrosinistra, perché la finanza sa bene con chi stare. Poi è venuta la crisi e pian piano qualcosa è cambiato nella sua vita. Ha cominciato a viaggiare sui 135 punti di media non tanto per colpa sua, ma perché l’amico Bund scendeva: in un area economicamente non omogenea, ma con una sola moneta priva di una banca di ultima istanza, al signor Mercato che dirigeva la banda “Liberisti”, pareva che Bund fosse più affidabile. Però, insomma era ancora vita, Spread usciva ancora la sera.

Il problema era che ci usciva anche Berlusconi, troppo e con troppe nipoti. E siccome ai tromboni e tamburi della banda in ambigui rapporti con una certa Commissione europea e con una tenutaria di bordello monetario, tale A. M, di cui abbiamo solo le iniziali, parve che l’unico modo per saltar fuori della crisi ed evitare esborsi e compensazioni ai Paesi forti, fosse castigare il lavoro e i suoi diritti, distruggere il welfare e lo stato, castrare la domanda per rilanciare l’offerta (non a caso si trattava appunto di tromboni e tamburi di pelle d’asino), il personaggio non stava proprio più bene. La vita dissipata del Cavaliere e la riprovazione che essa suscitava, la corruzione di cui si circondava, non davano sufficiente fiducia nella sua capacità di portare a termine il piano in maniera così radicale. Bei tempi quando il Cavaliere incarnava la speranza che potesse essere l’Erode della democrazia e dei diritti.

Così un bel giorno, anzi una bella notte alcuni individui bussarono alla porta di Spread che dormiva e gli offrirono di sostituire il Cavaliere. “Io? – disse il pover’uomo -ma cosa c’entro e poi sono anche timido”. Non importa, risposero gli emissari, non dovrai parlare alla folla, dovrai soltanto essere a disposizione e uscire o rientrare in casa quando te lo diciamo, al massimo dovrai accompagnare qualche leader e comparire alle sue spalle. Al governo ci penserà qualcun altro. In compenso acquisterai notorietà e tutti ti riconosceranno anche al supermercato”. Avevano toccato il tasto giusto e così Spread firmò il contratto.

Da quando ha preso servizio si è accorto però di essere stato ingannato: intanto ha accertato che il suo è un contratto co.co.pro, proprio a progetto sottoposto alle specifiche della banda “Liberisti” e poi è sottoposto a un superlavoro: deve starsene tappato bene in casa senza farsi vedere da nessuno o deve uscire in piazza a gridare con un  matto, circondato dalle forze dell’ordine perché tutti temano che sia impazzito e fuori controllo. Anche la sua temperatura è oggetto di strane speculazioni mediche: quindici giorni fa il 350 era rassicurante oggi allarmante. E poi, poverino ha dovuto toccare con mano che il vecchio Cavaliere è completamente fuori di zucca, si è dovuto accompagnare con un professore presuntuoso e fumoso, mentre ora gli emissari gli hanno fatto conoscere qualcun altro da seguire e confortare. Peccato che non abbia ben afferrato il suo nome, ma ha capito che ci sarà da faticare quando il tipo di ha detto: “Mo soccia questo qui è lo spred… vedrai che lavoreremo bene insieme, glielo dico anche al Vuol strit…”

Dopo la favola i numeri che dimostrano come il racconto sia invece realistico: l’allarme posto sullo spread e la facilità con cui grandi organizzazioni finanziarie possono manipolarlo, costituiscono una vera e propria pressione politica, ma anche un bluff perché oltre un certo limite i giocatori rischierebbero di rimetterci e di mandare all’aria il loro stesso gioco. (Cliccare sulle immagini per ingrandirle)

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