Nei giorni scorsi è circolata la notizia che grazie a un emendamento del Pd, a firma di Simonetta Rubinato, era passato un emendamento alla legge di stabilità che riservava 223 milioni alle scuole private. E anche questo blog ha riportato questa notizia (qui), considerandola l’ennesima dimostrazione di un partito che parla con lingua biforcuta quando non tace. Ma adesso, dopo 48 ore forse necessarie a capire cosa mai sia stato votato,  il Pd ci informa che abbiamo collaborato a diffondere una bufala. Quei milioni infatti – udite udite – non vanno alle scuole private, ma sono destinati ai Comuni  i quali li passeranno a loro volta a scuole materne ed asili nido privati. Grande differenza.

Dunque non è più vero che la scuola pubblica viene privata dei fondi essenziali in favore degli istituti paritari, perché in realtà il provvedimento non riguarda la scuola dell’obbligo, ma quelle strutture, diciamo così precedenti, di cui nel Paese c’è una grave carenza, anzi gravissima visto che spesso entrambi i genitori lavorano giusto per riuscire a campare. Ma non sia mai che i comuni vengano aiutati a creare asili e materne pubbliche o a diminuire rette che per molte famiglie sono inavvicinabili. No di certo, si vanno a distribuire contributi a pioggia per quelle strutture che agiscono comunque nell’ottica del profitto o comunque di una  profittabilità diretta molto lontana dal concetto di un servizio che in molti Paesi d’Europa è gratuito grazie a molti strumenti, compreso il coinvolgimento delle aziende.

Però non contento di averci rivelato in quale grande errore siamo caduti – a causa del quale ci prostriamo e ci cospargiamo il capo di lacrimogeni – il Pd ci dà la stoccata mortale, mostrandoci quanto siamo stati ciechi e insensibili: infatti viene sostenuto che senza quei 223 milioni il 40% dei bambini sarebbe rimasto a casa. Ora cari amici, vi dovete mettere d’accordo perché non ci si può vantare, come ha fatto la Rubinato, che grazie alle scuole private  nel solo Veneto lo stato risparmia 500 milioni l’anno e poi uscirsene con un dato fasullo:  se su tutto il territorio nazionale il 40 per cento dei bimbi può essere accolto in asili e scuole d’infanzia, solo grazie a quei 223 milioni, allora vuol dire che con una frazione di quando si spende per aerei militari o Tav inutili al Paese, per i  ponti e le “missioni di pace” si potrebbe risolvere un problema che vede l’Italia, come al solito fanalino di coda. Dirò di più, basterebbe che la chiesa pagasse l’Imu, invece di guadagnare dalle sue strutture dedicate all’infanzia. Ma qualcosa mi suggerisce che non vedrò mai emendamenti che vadano in questa direzione.

Cari amici del Pd vi informo che secondo il Trattato di Lisbona che a quanto pare di capire, è un vostro feticcio o forse un vizio che andrebbe opportunamente affrontato presso le strutture degli Europeisti Anonimi, entro il 2010 il 30% dei bambini avrebbe dovuto poter disporre di queste strutture. Invece quanti sono? Il 18% . Con rette che mediamente arrivano ai 3000 euro, ormai non più affrontabili dalla stragrande maggioranza delle famiglie. Prendo atto che ormai da molti anni si è puntato sul privato che costa meno perché chi ci lavora prende dai 600 ai 1000 euro contro i 1200 di chi opera nelle strutture pubbliche e guadagna la sua fetta in gran parte su questa differenza. Ma invece di usare i soldi per diminuire le rette di asili e scuole di infanzia pubbliche, magari allargandone la funzionalità, ecco che i pochi soldi rimasti finiscono nelle tasche private. E adesso capisco che Pd vuol dire Private Democracy, diavolo d’un Veltroni che fingeva di sapere l’inglese.