Emiri a colloquio

Chi ha chiesto a Monti d’Arabia rassicurazioni sul futuro del governo in maniera da permettere al disvelato narciso di rispondere che “non può dare assicurazioni  sull’affidabilità dell’Italia” dopo se stesso”? Sarebbe interessante saperlo perché è del tutto evidente che nessuno si è sognato di chiederlo veramente a un personaggio che è protagonista di un -3% del Pil. La domanda e la risposta, peraltro sbagliata di tono e di sostanza, sono interamente frutto dell’ufficio stampa di Palazzo Chigi che ha così inteso preparare una candidatura semi ufficiale del premier specie dopo la discesa in campo del centro padronale e vaticano a far da coagulo.

Si perché in queste condizioni, dopo aver approvato una legge che non combatte la corruzione, ma di fatto la incoraggia e  e dopo aver promosso la peggior discesa produttiva dal dopoguerra, andare a dire in giro che solo lui può essere l’uomo giusto per “continuare a garantire crescita” rischia di sviluppare worldwide la passione per il pernacchio. L’unica cosa che fa veramente gola ad eventuali investitori stranieri sono i 200 miliardi della Cassa Depositi e Prestiti, un bel mucchio di soldi pubblici e privati pronti ad appoggiare eventuali investimenti fatti soprattutto con i nostri soldi. E in seconda istanza la confutazione dei diritti del lavoro e l’abbassamento dei salari. Su tutto questo sono sicurissimo che il commesso svenditore  ha parlato davvero con gli interlocutori kuwaitiani, anche se manca la zampata dell’ufficio stampa.

Ma la dimensione dell’uomo e della politica che gli si accoda impotente, prefigurando il mucchio selvaggio del dopo elezioni, è denunciata dal senso stesso di un viaggio intrapreso senza ministri (meno testimoni ci sono meglio è), ma solo con l’amministratore delegato della Cassa depositi e prestiti: ci si aspetterebbe che qualcuno vada nella penisola arabica ad offrire tecnologie e competenze in cambio degli abbondanti giacimenti di petrodollari che cercano impiego. Invece andiamo lì ad offrire i sudati risparmi postali degli italiani per attirare quella imprenditorialità che da noi cerca di sfuggire alla propria mediocrità buttandosi in politica. E’ uno spettacolo triste in tutti i sensi: quello dell’uomo da corridoio e da camarilla colto in tarda età dalla bramosia del potere, dimentico che solo i cretini non hanno dubbi (e su questo non ho dubbi io), dei falsi  imprenditori come Montezemolo che rappresentano il nuovo di quarant’anni fa, dei succhiatori di anelli cardinalizi, quello del silenzio di una politica del malaffare che è vissuta di ricatti come anche oggi la cronaca dimostra  e di quella che per strada ha perso ogni idea o idealità.

Saranno i cittadini a cambiare il Paese non questi reperti mummificati, tocca a noi organizzarci per salvarci.