Bisognava andare alle urne un anno fa per derattizzare il Parlamento. Ma la mancanza di progettualità politica, la voglia di intascarsi i vitalizi, il degrado della vita italiana, ha spinto ad accettare il governo bancario al quale oggi bisognerebbe chiedere i danni. E così sempre la truppa canagliesca e ottusa ereditata dal berlusconismo, continua a renderci un Paese ridicolo e ancor più corrotto di prima.

Certo se ne potrà parlare molto meno, perché è passata al Senato con voto segreto propiziato dalla Lega e dall’Api di monsignor Rutelli, un emendamento che reintroduce il carcere per i reati a mezzo stampa, ma anche tutta quella serie di aggravi che di fatto costituiscono un deterrente per l’informazione, compresa quella che corre sul web. Ricordo per l’ennesima volta che l’Italia è uno dei pochi Paesi al mondo dove la diffamazione non è direttamente correlata alla verità o meno di quanto si scrive, ma al vago e confuso concetto di onorabilità soggettiva delle persone  Per cui di fatto qualsiasi  cosa può essere oggetto di querela e di ricatto, anche la virgola.

Un altro colpo alla libertà di informazione che  ci trascina prepotentemente lontano dall’Europa e vicino alla Birmania, grazie a quei reperti fossili dei leghisti magna magna e all’ex libertario Rutelli che con la trovata del voto segreto hanno trovato modo di dar voce alla maggioranza silenziosa di   scheletristri dell’armadio o fascistoni tonitruanti e ladri che sono il gioioso lascito del Cav.

E naturalmente, come si addice alla natura di questa gente, la vendetta contro l’informazione è nata dall’ipocrisia e si è trasformata in farsa. Si doveva fare un decreto per evitare il carcere a Sallusti, si è utilizzato questo pretesto per mettere in campo una ridda di provvedimenti tali da indurre di fatto alla censura e all’autocensura, poi come ultimo atto si è reintrodotto quel carcere che il decreto legge si proponeva di evitare. Vergognosa la sostanza, ridicola la forma.

Ma tutto questo è stato possibile anche perché a tutto il milieu politico, pure quello che ha votato no, ha giocato attorno al decreto salvaSallusti cercando di strappare qualche bavaglio e bavaglino approfittando della ghiotta occasione. Quelli che gridavano al giustizialismo, si rivelano forcaioli quando si tratta della libertà di stampa. E invece di adeguare una legislazione ambigua e borbonica come quella sulla diffamazione, hanno scelto ancora una volta soluzioni ad personam come cavallo di troia per stringere il cappio.

E’ gente che si diffama da sola. Purtroppo senza rischiare il carcere.