Prima o poi doveva accadere: Renzi  si è rivelato malaccorto e ha perso molti consensi dopo la cena organizzata con banchieri e finanzieri in cerca di fondi per dare l’assalto alla presidenza del consiglio. Il berlusconiano che c’è in lui non solo è uscito negli atteggiamenti, nelle truccature mediatiche, ma ha preso il sopravvento al solo pensiero del quattrino. E’ così si è lasciato indurre in tentazione da Davide Serra, anfitrione di una finanza che tra paradisi fiscali e residenze di comodo rappresenta tutta l’attuale dittatura del denaro. Insomma il rottamatore dall’aereo facile si sta rivelando persino meno furbetto di quanto si pensasse: diciamo un candidato alle primarie e al potere  teleguidato dalle lobby economiche. E purtroppo le reazioni dell’entourage renzista, da Gori che inneggia alla scomparsa del comunismo, allo staff che parla di insaputa, dimostrano che si tratta di un branco di cretini politici che continuano a ripetere gli slogan di Silvio o le giustificazioni di sapore scajolesco.

E giustamente L’Unità ha colto la palla al balzo: sulla cena, organizzata fra l’altro in una chiesa sconsacrata, ma ottima per il culto del denaro, ha titolato “Le primarie in paradiso (fiscale)”. Purtroppo però, a dimostrazione di come il mondo della sinistra sia sia lasciato pervadere da tesi, ambienti, cecità e ambiguità, lo stesso giornale fondato da Antonio Gramsci non è alieno dalle relazioni pericolose. Il maggior azionista del quotidiano è infatti Maurizio Mian, uno dei celebri scudati, beccato con 200 milioni in Liechtenstein. Detiene la proprietà delle quote de l’Unità attraverso una società delle Bahamas il cui beneficiario è un cane. Non sto scherzando, il cane Guenther , lo stesso a cui Mian attribui la proprietà dei soldi scoperti nel paradiso fiscale alpino.

E di certo quando sul giornale si leggono certe messe cantate al montismo si ha quasi l’impressione di sentire Guenther che fa bau bau. E magari scodinzola contento, assieme a milioni di code di paglia.