Il prezzo del cibo, anche di quello base, tende ad aumentare da noi come del resto in tutto il mondo. Ma ci viene detto che ciò accade perché quest’anno grano e mais sono stati falcidiati dalla siccità che ha imperversato in tutto il Nord America e in vaste zone dell’Asia o dell’Europa sarmatica, mentre altrove è stato l’eccesso di pioggia a rendere meno produttive le colture. La drammatizzazione sui media mondiali è stata massiccia e ansiogena come se si trattasse di una carestia che irrompe nel mulino bianco delle nostre vite, sul benevolo e rassicurante sfondo che un pugno di uomini e di poteri ha messo per nascondere il saccheggio. In un certo senso è proprio vero che si tratta di carestie annunciate, ma a causa delle peculiarità  assunte dall’informazione portata a deformare il contesto o a negarlo, questa verità diventa inutile, inoperante e si trasforma in una bugia. Anzi in una costellazione di menzogne  tra cui due emergono prepotenti.

La prima menzogna. Sì, è vero, la produzione agricola di cereali è stata inferiore del 2,6 % rispetto a quella del 2011, ma questo ha poco senso e ci depista se non si aggiunge che l’anno scorso si è avuta la più grande raccolta in assoluto nella storia, un nuovo record che ha frantumato quello del 2008: in soldoni, quest’anno di siccità è il terzo più produttivo da quando ci sono statistiche agricole. Tuttavia nonostante ciò mancano all’appello per l’alimentazione umana 28 milioni di tonnellate di grano che dovranno presumibilmente essere in parte supportate dalle riserve e in parte pagate con una diminuzione dei consumi da parte dei Paesi più poveri.

Questo significa che la produzione agricola, nonostante tutta la tecnologia biochimica e , l’ipersfruttamento dei terreni è costantemente al limite. L’aumento della popolazione mondiale, la fetta spropositata utilizzata per l’alimentazione animale e soprattutto le aree sempre più grandi destinate alle coltivazioni per biocarburanti , finiscono per portare costantemente al limite della crisi la produzione di cibo. Se ogni anno non si fa un record ci si trova di fronte a carenze che cominciano ad essere pagate anche nei Paesi ricchi e tutto questo è assai più inquietante di un episodico raccolto non ottimale. Tuttavia i meccanismi dominanti del mercato e l’ossessione del profitto impediscono che vengano sfruttate per l’allevamento animale decine di milioni di ettari di pascolo disponibile (parlo solo dell’Europa), frenano le tecnologie e i modelli di sviluppo atti a diminuire l’uso di carburanti, mentre sono scomparse da tempo dall’agenda mondiale la necessità di serie politiche demografiche dal momento che esse ostacolano la “produzione” di manodopera a basso costo.

D’altro canto anche l’informazione sull’ambiente e sul clima, sebbene sia sovrabbondante, spesso viene sterilizzata visto che si punta il dito nella direzione sbagliata e non ci fa capire che eventi come la siccità o l’estrema piovosità avranno un’incidenza sempre più frequente. E qui passiamo alla seconda menzogna.

Quando si parla di riscaldamento globale si fa sempre riferimento alle temperature medie. Il che naturalmente ha un impatto emotivo, ma poco significativo in termini politici sull’opinione pubblica. Certo i ghiacci si ritirano, i pesci tropicali migrano nel mediterraneo, ci sono specie a rischio e vediamo documentari con le città costiere invase dalle acque in un imprecisato futuro. Tutto questo non ci fa capire come il rischio della folle “crescita infinita” stia operando nel presente: l’aumento delle temperature medie infatti di per sé favorisce lo sviluppo della biomassa che peraltro deprediamo a ritmi impossibili e fa il gioco dei minimizzatori di professione, attività di solito ben remunerata. Il fatto è che che il riscaldamento globale ha effetti diversi a seconda delle aree che prendiamo in considerazione, svantaggiando ulteriormente il cosiddetto sud del mondo e soprattutto rende normali gli eventi estremi. Che non sono solo le tempeste, i cicloni o le piogge intense che provocano facilmente alluvioni, come abbiamo ben sperimentato negli ultimi anni. Sono soprattutto cicli meteorologici che mettono in forte crisi una produzione alimentare che è già al limite: siccità, piovosità in eccesso, distribuzione di temperature anomale sono cresciute in modo esponenziale. Una ricerca pubblicata due mesi fa da uno dei climatologi più noti, James Hansen, mostra che gli eventi estremi di questo tipo sono aumentati di 50 volte dal 1980 in poi, rispetto al trentennio precedente.

Si tratta naturalmente di eventi diversi ed estremi che si succedono a caso per cui è molto difficile trovare degli adattamenti che richiedono invece una certa costanza climatica: se crei un grano in grado di adattarsi alla siccità ti capita un ciclo di stagioni estremamente piovose o viceversa. E così via.  Un problema che viene naturalmente enfatizzato e reso drammatico dal fatto che le nostre risorse sono costantemente al limite: nel giro di tre decenni tutto questo è destinato ad esplodere e ci troveremo con intere popolazioni ridotte alla fame, con nuove bibliche pressioni migratorie e con i ceti meno abbienti dei Paesi ricchi costretti a privazioni del tutto inedite nel corso degli ultimi due secoli. E’  evidente che non si tratta solo di mettere seriamente mano alla riduzione dell’immissione di gas serra nell’atmosfera, ma anche di capire che gli sviluppi politici di questa situazione sono potenzialmente in grado di ridurci a un nuovo medioevo, visto che i barbari li abbiamo già in casa e spesso ciecamente li onoriamo. Anzi li amiamo quando con le loro teste vuote parlano di crescita senza avere minimamente idea della necessità di un diverso modello di sviluppo e di vita.  E ci porteranno con i loro sorrisi idioti alla guerra per le risorse e alla distruzione sociale.