Anna Lombroso per il Simplicissimus

Da Turati a Turatello, si rideva amaro di Craxi nella Milano da bere. Poi siamo diventati più smaliziati o forse assuefatti a fiumi di droga bipartisan e pluralista, ai dati sull’inquinamento da coca negli scarichi fognari di Roma, alle bustine di accompagnamento alle bustarelle nelle intermediazioni opache e disinvolte, alle denunce guascone delle Jene, ai tic di onorevoli molto eccitati e molto nervosi, di presidenti di regione in cerca di emozioni, purchè scortati da autisti in servizio.
Ma a leggere qualche commento alla notizia di oggi: “Il direttore dell’ufficio delle Poste del Senato è stato arrestato dai carabinieri per spaccio di cocaina. L’uomo è ritenuto il braccio destro di un boss albanese che gestiva i pusher nella parte sud dell’hinterland di Roma”, c’è da sospettare che alberghi ancora negli italiani una sommessa comprensione, una delicata indulgenza per questa tipologia di comportamenti che si stenta a assimilare a reati.

Forse qualcuno è viziato dalla retorica che accompagna figure maledette, persuaso che alla creatività si addicano stimoli artificiali potenti, assenzio e fiori del male, convinto che se qualche sniffata ha aiutato sassofonisti e poeti potrebbe aguzzare l’imprenditorialità di qualche industriale e esortare qualche eletto a prendersi cura con più passione del bene comune, o a interessarsene con più spigliata liberalità.
Forse invece un certo provincialismo italiano porta ad avere più paura del moralismo, come componente del perbenismo ipocrita e bacchettone, che delle offese alla morale, ridotta a questione giudiziaria o alla condanna generica per la coazione a ripetere malefatte e malversazioni da parte della classe politica.
Anzi qualche commento nel quale mi è capitato di imbattermi esprime quasi una malcelata ammirazione per un certo politico importante della I Repubblica, DC, che sniffava coca e la cui trasgressione riscuote solidale simpatia.
Io personalmente non ho nessuna benevolenza per i vizi privati degli uomini pubblici, nessuna indulgenza e nessuna umana comprensione. Anche perché di solito le licenze private si traducono in repressioni pubbliche, vigono in regime di monopolio riservato a pochi eletti – in tutti i sensi -, chè è un principio irrinunciabile del potere proibire al popolo quello che è concesso a chi comanda.

Vale la geniale vignetta di Altan: se sniffare non fosse un piacere, Agnelli lo farebbe fare agli operai. E altrettanto vale per gli amori mercenari di Berlusconi. Anzi c’è da stupire che il suo governo non abbia impresso un giro di vite particolarmente energico nella lotta alla prostituzione se in vigenza dei governi Craxi e perché no? di Martelli, magari proprio in coincidenza di sfortunate vacanze a Malindi, si sono votate leggi particolarmente severe su possesso, spaccio e detenzione di droga.

Io personalmente e da sempre sono per la totale liberalizzazione di tutte le droghe, ma in attesa di questo auspicabile quanto improbabile accadimento, penso che il mercato degli stupefacenti resta un brand irrinunciabile della criminalità organizzata. Che i consumatori – ancorchè illustri – non si sottraggono al destino dei tossici di periferia, malgrado possano contare su servizievoli mediatori. Che è inevitabile vengano indotti a fare del proselitismo. Che la roba costa e induce a cercare quattrini e sempre di più per procurarsela. Che sia quindi un’abitudine che rende facilmente e inesorabilmente ricattabili. Che porta a cattive frequentazioni, disdicevoli almeno quanto certi capigruppo, assessori, candidati, ma ancora più rischiosi. Che l’illegalità contamina ed è contagiosa, tanto da rendere arrendevoli e compiacenti con essa e chi ne fa il suo territorio di conquista e scorreria. E che a un certo postino è meglio non rispondere che suoni o no due volte.